2021-06-07
Edilizia, allarme di Giorgetti sui licenziamenti
Giancarlo Giorgetti (Ansa)
I rincari delle materie prime mettono in crisi il settore. Rischi pure per il Pnrr.Giancarlo Giorgetti, ministro dello Sviluppo economico, al Festival dell'economia di Trento ha lanciato l'allarme licenziamenti nell'edilizia a causa dell'aumento e della mancanza di materie prime. «Se qualcuno non ci pensa, ci saranno licenziamenti anche nelle costruzioni a causa dell'aumento delle materie prime. Bisogna rinnovare il sistema degli ammortizzatori sociali. Lo sblocco dei licenziamenti deve essere rivisto alla luce del nuovo sistema degli ammortizzatori sociali», spiega Giorgetti. E infatti, la sofferenza che sta vivendo il mondo delle costruzioni è il preludio per un effetto a catena sugli altri settori che si svilupperà nei prossimi mesi. Ma non solo, secondo Gianclaudio Torlizzi, direttore generale T-Commodity, ci potranno essere delle ripercussioni negative anche sul Recovery plan «perché tutte le aziende italiane che hanno compilato in questi mesi i loro brillanti piani sul green» rischiano di dover fare i conti con prezzi delle materie prime più alti. E le tecnologie verdi prevedono un forte utilizzo dei metalli. Pensiamo solamente alle auto elettriche: «La batteria ha litio, cobalto e rame», spiega Torlizzi. Ma torniamo al settore delle costruzioni. Questo sta subendo una pressione maggiore rispetto agli altri perché ha un link diretto con il consumatore finale. La sofferenza è però duplice. Da una parte ci sono infatti tutte quelle imprese che stanno patendo l'incremento dei prezzi. E dall'altro c'è chi ha anche il problema degli approvvigionamenti, il non riuscire quindi a ottenere le materie necessarie per poi lavorarle. Entrambi gli ostacoli si traducono in maggiori licenziamenti. Aspetto sottolineato anche da Giorgetti: «Il blocco dei licenziamenti era una misura eccezionale e tale deve rimanere. Ora bisogna gestire la transizione dello sblocco, valutando settore per settore. Il tessile, per esempio, ne uscirà più lentamente. Con tutti questi sussidi, comincio a vedere un problema di offerta generata: è così per le costruzioni, per l'impiantistica. Lo Stato deve usare le risorse non in modo generalizzato». Il ministro ha poi affrontato il tema Ilva, dicendo che la politica si potrà muovere «soltanto quando il Consiglio di Stato si pronuncerà, presumibilmente dovremo aspettare fino a metà giugno». La soluzione secondo Torlizzi non può essere quella di bloccare i licenziamenti in uno o più settori in crisi, ma lavorare per aumentare l'offerta dentro i confini europei. Quello che dovrebbe fare l'Ue è seguire l'esempio di Paesi come Cina, Turchia e Russia (tutti e tre stanno attuando politiche per disincentivare l'export di acciaio, orzo, mais e legname da arredo per stimolare il mercato interno). Il problema si risolve dunque disincentivando l'uscita di materiale dall'Ue. Ma «l'Europa non lo farà mai, dato che vede ormai di cattivo occhio le industrie, perché inquinano e sporcano». L'unico modo però per trovare un equilibrio è quello dei disincentivi all'export: «È chiaro che è una manovra forte, quasi bellica, però è dove ci troviamo», conclude Torlizzi.