2023-03-15
L’Ecofin fa scivolare il Patto di stabilità. E così l’austerity rientra dalla finestra
Il direttore esecutivo del Mes Pierre Gramegna (Ansa)
Intanto torna il tormentone Mes con la scusa del fallimento della banca Usa. Pierre Gramegna: «Dobbiamo convincere Roma».Assobalneari prepara controdenuncia a Ursula von der Leyen e ricorre alla Consulta.Lo speciale contiene due articoli.La riunione dei ministri delle finanze dell’Unione europea (Ecofin) si è conclusa ieri con un accordo assai vago sui principi già fissati nella proposta della Commissione europea per la riforma del patto di stabilità e crescita, attualmente sospeso ma in predicato di tornare in vigore nel 2024.Nella riunione si sarebbe registrato un consenso sulla necessità di garantire «finanze stabili e sostenibili», come recita il comunicato finale. Formula non nuova che significa in ogni caso la riduzione dei livelli di deficit e debito pubblico per i Paesi che sforano i rispettivi parametri. In effetti, il comunicato finale si premura di chiarire che il nuovo Quadro di governance economica non modificherà i due criteri chiave del vecchio Patto di stabilità, cioè il famigerato 3% del Pil per il deficit di bilancio e il 60% del Pil per il debito.Ciò che potrebbe cambiare è la modalità con cui i Paesi fortemente indebitati dovranno rientrare all’interno dei parametri. In generale, gli Stati presenteranno una pianificazione di bilancio pluriennale. L’idea di fondo è che i governi affrontino un negoziato con la Commissione per stabilire un percorso di riduzione del debito calato sulla realtà del singolo Paese, con vincoli relativi a riforme e investimenti per la transizione ecologica e digitale. Criteri e condizioni saranno stabiliti in base a un’analisi di sostenibilità del debito a cura della Commissione. Sarà necessario trovare un accordo, che ora appare molto lontano, sulla metodologia di analisi della Commissione.Il vicepresidente della Commissione, Valdis Dombrovskis, ha affermato che «le conclusioni di oggi riflettono l’obiettivo della Commissione di un sistema più semplice, di una maggiore partecipazione dei Paesi e di un più ampio margine di manovra per la riduzione del debito, unitamente a un’applicazione più stringente». «Abbiamo lavorato in maniera ferma e costruttiva affinché le conclusioni sulla riforma del Patto di stabilità fossero approvate oggi dall’Ecofin. Il testo finale, che condividiamo, prevede, come avevamo auspicato, che la nuova riforma sia approvata entro l’anno per poter affrontare la transizione del 2024 in maniera realistica e con obiettivi raggiungibili», ha invece detto il ministro Giancarlo Giorgetti. Gelido il commento del ministro delle finanze tedesco, il liberale Christian Lindner: «C’è ancora molto lavoro da fare. Il treno può lasciare la stazione solo quando la sua destinazione è chiara», ha affermato, riferendosi in particolare alla necessità di ulteriori consultazioni tra gli Stati membri dell’Ue e la Commissione. La Germania e altri Paesi temono un eccessivo allentamento delle regole. Lindner non è favorevole neppure a considerare i nuovi principi di governance già nelle linee guida per i bilanci del prossimo anno. «Attualmente abbiamo regole chiare, non siamo in un vuoto giuridico, abbiamo un Patto di stabilità con regole da applicare» ha detto. Massima incertezza, quindi, su quale debba essere il quadro di riferimento per la legge di stabilità 2024.Intanto, le parole di lunedì del presidente irlandese dell’Eurogruppo Pascal Donohe a proposito della ratifica della riforma del Meccanismo europeo di stabilità (Mes) da parte dell’Italia, hanno riacceso la polemica politica in Italia. Riferendosi al crollo della banca americana Silicon valley bank, Donohe ha affermato che il Mes «rafforzerà la capacità dell’Ue di fronteggiare situazioni di dissesto che dovessero verificarsi in futuro». A stretto giro arrivavano ieri le parole di Pierre Gramegna, direttore esecutivo del Mes, cui l’assist costituito dal fallimento di una banca americana deve essere apparso miracoloso: «Cercheremo di fare il nostro meglio per convincere il governo italiano alla ratifica» ha detto ieri, annunciando poi un non richiesto giro di incontri da tenersi «nelle prossime settimane» in Italia. Subito dopo, in un tweet, Veronica de Romanis ha affermato ieri che «Chi al governo si preoccupa delle conseguenze fallimento banca Silicon valley bank, dovrebbe ratificare nuovo statuto Mes. La riforma serve proprio a introdurre uno strumento (backstop) che argina il contagio se crisi bancaria. Continuare a rimandare ancora non ha davvero senso». Una lettura, questa, già più volte criticata.Oggi alla Camera si terrà un question time durante il quale il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, risponderà all’interrogazione firmata da Luigi Marattin (Italia viva), che chiede di sapere «se e quando intenda presentare in Consiglio dei ministri il disegno di legge di ratifica della riforma del Trattato istitutivo del Mes».Sarebbe proprio la revisione in corso del complessivo quadro di governance economica europea, però, a rendere la ratifica del Mes superflua o superata dagli eventi. È molto probabile che la risposta di Giorgia Meloni all’interrogazione sarà proprio questa.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/ecofin-scivolare-patto-stabilita-2659598184.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="bruxelles-alza-il-tiro-sui-balneari-pronto-altro-documento-daccusa" data-post-id="2659598184" data-published-at="1678848140" data-use-pagination="False"> Bruxelles alza il tiro sui balneari: pronto altro documento d’accusa Si prepara un’estate caldissima, senza ombrelloni, ma il cambiamento climatico non c’entra. O meglio, se un clima deve cambiare è quello dell’Ue verso i nostri stabilimenti balneari, che anche in Italia sono sul banco degli imputati. Il governo Meloni è in rotta di collisione con Bruxelles per via della direttiva Bolkestein. Se ne dovrebbe parlare oggi all’Eurogruppo nella seconda giornata dell’Ecofin. Al ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, faranno pesare l’inadempienza italiana così come la mancata ratifica del Mes, nel momento in cui il ministro per i Rapporti europei, Raffaele Fitto, sta trattando un allungamento dei tempi del Pnrr. La Commissione sul caso balneari ha pronto un documento d’accusa all’Italia che sarà notificato dopo la pronuncia della Corte di giustizia del Lussemburgo, che dovrebbe arrivare attorno al 20 aprile. Sarà una battaglia di carte bollate a Roma e a Bruxelles. Dopo l’ultima sentenza del Consiglio di Stato che ha bocciato il decreto Milleproroghe, che spostava a fine 2024 la messa all’asta delle concessioni, Assobalneari ricorre alla Corte costituzionale a cui chiederà di pronunciarsi non sulla Bolkestein bensì sull’eccesso di giurisdizione. Fabrizio Licordari, presidente di 30.000 imprese associate a Federturismo, nota: «Il Consiglio di Stato si è sostituito al legislatore dettando regole e imponendo alle articolazioni della Pa di disapplicare le leggi emanate dal governo e ratificate dal Parlamento». Assobalneari è pronta anche a denunciare Ursula von der Leyen e tutta la Commissione alla Corte di giustizia europea perché sta esondando dalle sue competenze. Mentre sul piano interno i titolari dei lidi preparano querele nei confronti di chi dice che non pagano i canoni. Sottolinea Licordari: «Leggo che ci sarebbero concessioni che fruttano meno di 500 euro all’anno allo Stato. È falso: i canoni non possono scendere sotto i 2.500 euro e con l’aumento del 25% già deciso si va a un minimo di 3.000. Poco? Tanto? Lo Stato dica quanto vuole, ma al contempo ci dia certezza di operare. Ho ben presente che siccome si annuncia una forte ripresa del turismo gli appetiti sulle spiagge italiane si stanno rafforzando e questo spiega le pressioni di Bruxelles. Peccato che quest’estate forse non potremo neppure operare perché non troviamo personale». Il governo sarebbe pensando a una scappatoia. Sta riscrivendo il decreto legge sulla concorrenza per gli ambulanti - si parla di 180.000 imprese - che recepisce la Bolkestein e cancella ciò che aveva fatto il Conte bis, che aveva prorogato le concessioni al 2033. Restano salve solo per le aziende che avevano avuto la proroga nel 2020, per le altre si va a gara a partire dal 2025. Potrebbe essere questa una strada anche per i balneari: confermando le concessioni pre Bolkestein e mettendo all’asta quelle assegnate dopo il recepimento della direttiva, sulla falsariga della norma che il sottosegretario al made in Italy, Massimo Bitonci (Lega,) sta studiando per gli ambulanti. A dare manforte ai balneari è arrivato anche Stefano Fassina, ex viceministro all’Economia, già Pd poi Leu, che nota: «Gioire per la sentenza del Consiglio di Stato umilia la politica e la sinistra».
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)