2023-09-06
Eco-vandali pronti alla rivoluzione: «Soldi a chi blocca le autostrade»
Reportage esclusivo di «Fuori dal coro» all’interno di «Ultima generazione». Un documento choc teorizza il salto di qualità e il conflitto permanente. C’è un piano per creare il caos che prevede 800 euro ai più fedeli.La rivoluzione paga. Anche se offre stipendi un po’ da sfruttamento, tipo rider. Ovvero 700/800 euro al mese per compiere reati come danneggiamenti, occupazioni e blocchi stradali. Ma va presa maledettamente sul serio, perché dietro gli slogan green un po’ velleitari si prepara un salto di qualità per il prossimo autunno. A scoprirlo è un’inchiesta dall’interno di Fuori dal coro di Mario Giordano, in onda questa sera su Rete 4, dedicata all’organizzazione Ultima generazione. Il gruppo, diventato famoso nel luglio del 2022 con un attacco alla Primavera del Botticelli, vuole passare dall’attivismo e dalla disobbedienza civile a un livello di scontro con lo Stato più alto, praticando la «rivoluzione» permanente. E come si legge in un lungo documento operativo a uso interno, chiede ai suoi membri di «essere pronti a insistere fino a dover imporre al governo di scegliere di applicare misure detentive o reprimerci in maniera incostituzionale». L’inviata della trasmissione Mediaset Eugenia Fiore ha partecipato di nascosto a una serie di incontri di Ultima generazione, ha parlato con militanti di vari livelli, ha preso parte a riunioni con alcuni capi e si è infilata persino in una sorta di ritiro politico-operativo in Ciociaria. La scoperta forse più sensazionale è che l’organizzazione ultra green è pronta ad aprire il portafogli e a remunerare chi compirà le prossime «azioni». Lo stipendio sarà mensile: sui 400 euro per il rivoluzionario part time e sui 700/800 euro per quello a tempo pieno. Piccolo particolare: si tratta di soldi in cambio di reati, ancorché «dimostrativi». E secondo quanto ha ricostruito Fuori dal Coro, questi fondi arriveranno dall’estero. In ogni caso, proviamo a immaginare il prossimo blocco stradale ambientalista sulla tangenziale di una grande città: avremo centinaia tra camionisti e pendolari, che guidano il loro mezzo per lavoro, fermati da giovani che sono pagati per non farli lavorare. Karl Marx avrebbe difficoltà a scegliere con chi stare. E a proposito di filosofi e rivoluzione, è davvero istruttiva la lettura del documento intitolato «Strategia Agosto 2023-Gennaio 2024: Il Salto» scovato dal programma di Rete 4. Nella prima parte, scritta con un linguaggio mutuato da quello delle organizzazioni anarchiche ambientaliste e animaliste che praticano l’azione diretta in Nord America, si ammette che è stato un errore non riuscire ad approfittare di «grandi occasioni di sconforto sociale» come l’alluvione in Emilia e altre catastrofi naturali. Per rimediare, bisogna organizzarsi meglio, arruolare più gente e «assumersi le proprie responsabilità». Quindi, «entrare in resistenza civile (ovvero andare in strada ed essere denunciati) è una cosa richiesta a tutta l’organizzazione». Farsi denunciare è il contrario di entrare in clandestinità, per fortuna. Nel documento si spiega poi che bisogna reclutare «persone comuni» e che bisogna farle crescere nella responsabilità. Si parla di «leadership diffusa», ma in un passaggio leggermente inquietante si spiega che questo torna utile anche in caso di «repressione di figure importanti, perché ci saranno persone già pronte a sostituirle». Non a caso, tra gli scopi del salto di qualità autunnale c’è quello della ricerca dello scontro con lo Stato. Nel piano lo si spiega chiaramente: «Dobbiamo essere pronti a prendere un rischio ancora più grande. Insistere fino a dover imporre al governo di scegliere di applicare misure detentive o reprimerci in maniera incostituzionale». Insomma, i giovani dell’organizzazione sognano il prigioniero eccellente, il martire dell’ecoterrorismo 4.0. E poi, ecco il messaggio da Quinta Internazionale: «Occorre assumere una postura rivoluzionaria evitando di ricadere nel gradualismo». Insomma, dritti all’obiettivo, facendosi trovare pronti di fronte a eventuali crisi, per approfittare di «siccità perduranti» o di un «incontenibile aumento dei prezzi alimentari». Il tutto per passare dalle azioni isolate di questi mesi all’idea di «un conflitto costante che prepari proattivamente il terreno a un’esplosione non lineare». E qui, ecco il ritorno agli slogan degli anarchici americani: «Diventiamo ingovernabili e inarrestabili». Nel lunghissimo volantino non mancano passaggi strampalati, come quello in cui si sostiene che nel 2023 «molte persone hanno realizzato che la situazione è drammatica e lo Stato Italiano collasserà entro massimo dieci anni». Visto che il problema pare riguardare solo Roma, chissà se a Wall Street, guardando i nostri Btp a dieci anni, c’è qualcuno che condivide una simile scommessa. Magari un giorno si scoprirà un insospettabile legame tra eco-rivoluzionari e derivati. Ma verso la fine si riconosce che l’ambiente è poco più che una scusa: «Ampliamo la narrazione oltre la crisi climatica per coniugarla con una critica più ampia a un sistema suicidario e socialmente ingiusto». E quando uno pensa, ok questi fanno la rivoluzione, ecco il punto di caduta: «Un’evoluzione positiva verso la democrazia partecipativa». Forse non serve tutto questo caos, allora. Ma è proprio il caos quello che ci aspetta, annuncia il documento. Circa 200 persone si impegneranno da settembre a dicembre in un’azione a settimana a rotazione in tre o quattro aree geografiche, con un exploit su Roma ai primi di dicembre, per bloccare la capitale almeno una settimana. Come spiega Eugenia Fiore, questi rivoluzionari «oggi sono pronti a prendersi qualche rischio in più. Alcuni sono fanatici, sembrano magari un po’ astratti, ma ci sono le gerarchie e anche elementi tipici di una setta». Insomma, visti i loro progetti, c’è da augurarsi che il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, non si debba pentire di averli ricevuti al ministero un mese fa.
Container in arrivo al Port Jersey Container Terminal di New York (Getty Images)
La maxi operazione nella favela di Rio de Janeiro. Nel riquadro, Gaetano Trivelli (Ansa)
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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