Ogni misura, vagliata dal Parlamento, sarà proporzionata e rispettosa della dignità personale. Stop al dogma dei vaccini e a toni utili a generare discriminazioni e stigma.
Ogni misura, vagliata dal Parlamento, sarà proporzionata e rispettosa della dignità personale. Stop al dogma dei vaccini e a toni utili a generare discriminazioni e stigma.Già: habemus piano. Per la precisione il documento che il governo si prepara a licenziare si intitola «Piano strategico operativo di preparazione e risposta ad una pandemia da patogeni a trasmissione respiratoria a maggiore potenziale pandemico 2024-2028», si articola per oltre 200 pagine e contiene alcune sostanziali (e positive) novità che La Verità è in grado di anticipare in esclusiva. Tanto per cominciare, questo piano arriva a colmare un clamoroso vuoto e a sanare almeno in parte la prima, brutale ferita da cui poi è derivato il massacro pandemico degli anni passati. Come noto, quando il Covid si è presentato eravamo privi di un piano di preparazione e risposta. O, meglio, ne avevamo uno vecchio e non abbiamo applicato nemmeno quello. Per mesi e mesi i vertici della sanità italiana, a partire dall’ex ministro Roberto Speranza, hanno mentito sull’argomento, tentando di nascondere l’evidenza. Poi la verità - anche grazie al lavoro matto e disperatissimo di questo giornale e di parlamentari come Galeazzo Bignami e altri - è venuta a galla. I danni, però, erano ormai fatti. Un piano pandemico, infatti, serve proprio a evitare le azioni disperate e folli che i nostri presunti esperti hanno compiuto a partire dal 2020. Un piano ben fatto non serve a ordinare le chiusure: serve a evitarle. Prevede che le risorse siano inventariare e rese disponibili per tempo, stabilisce che si debbano curare i pazienti nel più breve tempo possibile invece di rinchiuderli e lasciarli in vigile attesa. Prevede che ogni decisione emergenziale venga poi vagliata e riesaminata, così da capirne l’effettiva utilità. Prevede, insomma, tutto quello che le nostre autorità non hanno fatto. Ora però un nuovo piano c’è, dopo le vergognose lungaggini dei precedenti governi e dopo un brutto passo falso compiuto mesi fa dall’attuale gestione. E che questo documento sia diverso si comprende fin dalle premesse, che sono parecchio dettagliate e fissano alcuni principi fondamentali di cui in futuro si dovrà tenere conto (anche perché i piani vanno applicati più o meno come se fossero leggi). Prendiamo ad esempio uno dei primi paragrafi. Vi si legge che «tra i principi fondamentali del Piano vi è l’efficacia. Gli interventi sono fondati su un solido razionale scientifico e metodologico supportato da dati rappresentativi della popolazione alla quale verranno applicati, in modo da rispettare anche il principio di giustizia e di equità nell’accesso alle risorse. Gli interventi sono, inoltre, motivati da una condizione di necessità. Per tale motivo, ogni intervento è guidato anche dal principio di responsabilità». Non sono frasi di circostanza: l’efficacia dei provvedimenti è esattamente ciò di cui non si è tenuto conto negli anni passati. Leggiamo ancora. «Il conflitto che potrebbe eventualmente insorgere tra la sfera privata e quella collettiva rende necessario operare in ottemperanza al principio di trasparenza. Le informazioni saranno divulgate dalle istituzioni preposte, tanto al personale medico-sanitario quanto ai non addetti ai lavori, in maniera tempestiva e puntuale, attraverso piani comunicativi pubblici e redatti in un linguaggio semplice e chiaro. Ogni persona deve essere informata sulla base di evidenze scientifiche in merito alle misure adottate, in modo da poter comprendere il significato e il valore delle azioni che ciascuno può compiere per la promozione della propria salute e di quella collettiva. Dopo aver debitamente informato la popolazione, si procede alla raccolta del consenso delle persone, in modo che queste possano compiere una scelta autonoma e consapevole». Informazione, trasparenza, consenso: antidoti alla tirannia sanitaria. Poi la chiosa decisiva: «È inoltre opportuno aggiornare o modificare le decisioni o le procedure qualora emergano nuove informazioni rilevanti e fondate su evidenze scientifiche». Tradotto: se si scopre che le mascherine non servono, che i lockdown sono inutili o che un farmaco causa problemi, si cambia rotta. Perché errare è umano, perseverare è totalitario. Il nuovo piano spiega poi che «ogni intervento deve essere proporzionato alle condizioni cliniche del paziente, del quale è riconosciuta l’autonomia decisionale e tutelata la dignità». E qui si pone una pietra angolare: la dignità dei pazienti, i loro diritti, devono restare al centro dell’azione sanitaria che è anche politica. Ecco perché, qualche pagina dopo, troviamo la prima fra le novità più rilevanti. «Di fronte ad una pandemia di carattere eccezionale», dice il piano, «si può presentare la necessità e l’urgenza di adottare misure relative ad ogni settore e un necessario coordinamento centrale, valutando lo strumento normativo migliore e dando priorità ai provvedimenti parlamentari. È escluso l’utilizzo di atti amministrativi per l’adozione di ogni misura che possa essere coercitiva della libertà personale o compressiva dei diritti civili e sociali. Solo con legge o atti aventi forza di legge e nel rispetto dei principi costituzionali possono essere previste misure temporanee, straordinarie ed eccezionali in tal senso». Queste righe stabiliscono che non si possano ordinare lockdown e restrizioni a piacere: bisogna passare dal Parlamento e agire nel rispetto della Costituzione. Sono limiti nuovi, e decisivi, volti a impedire gli abusi che tutti abbiamo purtroppo conosciuto. Già questo basterebbe a rendere obiettivamente buono il nuovo piano pandemico, al netto delle criticità che si potranno eventualmente individuare nel tempo e che per precauzione non escludiamo. Ma c’è un ulteriore passaggio che merita di essere illuminato, e che a nostro giudizio è ancora più confortante. Inizia così: «Nel contrasto ad un evento pandemico vanno individuati protocolli di cura efficaci». Ed ecco come prosegue: «I vaccini approvati e sperimentati risultano misure preventive efficaci, contraddistinte da un rapporto rischio-beneficio significativamente favorevole, ma non possono essere considerati gli unici strumenti per il contrasto ai patogeni infettivi. Risulta assolutamente centrale la sensibilizzazione delle persone attraverso una comunicazione semplice ed efficace dei benefici e dei rischi correlati a tale atto, contrastando la disinformazione e fornendo risposte adeguate alle preoccupazioni e alle incertezze». Ora, sul fatto che il rapporto rischio-beneficio sia significativamente favorevole, soprattutto in alcune fasce di età, potremmo obiettare. E non ci sfugge la concessione al «sanitariamente corretto». Tuttavia la tolleriamo in virtù delle frasi che compaiono appena dopo e che suonano balsamiche: «Nella comunicazione di una eventuale campagna vaccinale pandemica, devono altresì essere opportunamente chiariti i limiti della vaccinazione, che deve essere comunque affiancata dall’adozione di buone norme di prevenzione volte al contenimento del contagio. In nessun modo la campagna di informazione dovrà utilizzare toni disperati, generare discriminazioni e stigma sociale». Basta terrorismo, basta discriminazioni, basta razzismo, basta insulti. Finalmente è scritto nero su bianco, in un documento ufficiale. Per qualcuno non sarà abbastanza, e di sicuro molto, molto di più si potrebbe e dovrebbe ancora fare. Ma se si considera la base di partenza, e se si ripensa al passato, tutto questo appare quasi incredibile. E ci restituisce una evidenza: la dittatura sanitaria non è un destino, non è inevitabile. Si può provare a combatterla, arginarla, prevenirla. Basta volerlo.
Scienziati tedeschi negli Usa durante un test sulle V-2 nel 1946 (Getty Images)
Il 16 novembre 1945 cominciò il trasferimento negli Usa degli scienziati tedeschi del Terzo Reich, che saranno i protagonisti della corsa spaziale dei decenni seguenti.
L'articolo contiene una gallery fotografica.
Il 16 luglio 1969 il razzo Saturn V portò in viaggio verso il primo allunaggio della storia l’equipaggio della missione Nasa Apollo 11. Il più grande passo per l’Uomo ed il più lungo sogno durato secoli si era avverato. Il successo della missione NASA fu il più grande simbolo di vittoria nella corsa spaziale nella Guerra fredda per Washington. All’origine di questo trionfo epocale vi fu un’operazione di intelligence iniziata esattamente 80 anni fa, nota come «Operation Paperclip». L’intento della missione del novembre 1945 era quella di trasferire negli Stati Uniti centinaia di scienziati che fino a pochi mesi prima erano stati al servizio di Aldolf Hitler e del Terzo Reich nello sviluppo della tecnologia aerospaziale, della chimica e dell’ingegneria naziste.
Nata inizialmente come operazione intesa ad ottenere supporto tecnologico per la tardiva resa del Giappone nei primi mesi del 1945, l’operazione «Paperclip» proseguì una volta che il nuovo nemico cambiò nell’Unione Sovietica, precedente alleato di Guerra. Dopo la caduta del Terzo Reich, migliaia di scienziati che avevano lavorato per la Germania nazista si erano sparsi per tutto il territorio nazionale, molti dei quali per sfuggire alla furia dei sovietici. L’OSS, il servizio segreto militare dal quale nascerà la CIA, si era già preoccupato di stilare un elenco delle figure apicali tra gli ingegneri, i fisici, i chimici e i medici che avrebbero potuto rappresentare un rischio se lasciati nelle mani dell’Urss. Il Terzo Reich, alla fine della guerra, aveva infatti raggiunto un livello molto avanzato nel campo dell’ingegneria aeronautica e dei razzi, uno dei campi di studio principali sin dai tempi della Repubblica di Weimar. I missili teleguidati V-2 e i primi aerei a reazione (Messerschmitt Me-262) rivelarono agli alleati quella che sarebbe stata una gravissima minaccia se solo Berlino fosse riuscita a produrre in serie quelle armi micidiali. Solamente l’efficacia dei potenti bombardamenti sulle principali strutture industriali tedesche ed il taglio dei rifornimenti impedì una situazione che avrebbe potuto cambiare in extremis l’esito del conflitto.
L’Operazione «Paperclip», in italiano graffetta, ebbe questo nome perché si riferiva ai dossier individuali raccolti negli ultimi mesi di guerra sugli scienziati tedeschi, molti dei quali erano inevitabilmente compromessi con il regime nazista. Oltre ad aver sviluppato armi offensive (razzi e armi chimiche) avevano assecondato le drammatiche condizioni del lavoro forzato dei prigionieri dei campi di concentramento, caratterizzate da un tasso di mortalità elevatissimo. L’idea della graffetta simboleggiava il fatto che quei dossier fossero stati ripuliti volontariamente dalle accuse più gravi dai redattori dei servizi segreti americani, al fine di non generare inevitabili proteste nell’opinione pubblica mondiale. Dai mesi precedenti l’inizio dell’operazione, gli scienziati erano stati lungamente interrogati in Germania, prima di essere trasferiti in campi a loro riservati negli Stati Uniti a partire dal 16 novembre 1945.
Tra gli ingegneri aeronautici spiccavano i nomi che avevano progettato le V-2, costruite nel complesso industriale di Peenemünde sul Baltico. Il più importante tra questi era sicuramente Wernehr von Braun, il massimo esperto di razzi a propulsione liquida. Ex ufficiale delle SS, fu trasferito in a Fort Bliss in Texas. Durante i primi anni in America fu usato per testare alcune V-2 bottino di guerra, che von Braun svilupperà nei missili Redstone e Jupiter-C (che lanciarono il primo satellite made in Usa). Dopo la nascita della NASA fu trasferito al Marshall Space Flight Center. Qui nacque il progetto dei razzi Saturn, che in pochi anni di sviluppo portarono gli astronauti americani sulla Luna, determinando la vittoria sulla corsa spaziale con i sovietici e divenendo un eroe nazionale.
Con von Braun lavorò allo sviluppo dei razzi anche Ernst Stuhlinger, grande matematico, che fu estremamente importante nel calcolo delle traiettorie per la rotta dei razzi Saturn. Fu tra i primi a ipotizzare la possibilità di raggiungere Marte in tempi relativamente brevi. Nel team dei tedeschi che lavorarono per la Nasa figurava anche Arthur Rudolph, che sarà uno dei principali specialisti nei motori del Saturn. L’ingegnere tedesco si occupò in particolare del funzionamento del primo stadio del razzo che conquistò la Luna, un compito fondamentale per un corretto decollo dalla rampa di lancio. Rudolph era fortemente compromesso con il Terzo Reich in quanto membro prima del partito nazista e quindi delle SS. Nel 1984 decise di lasciare gli Stati Uniti dopo che nei primi anni ’80 iniziarono una serie di azioni giudiziarie contro quegli scienziati che più si erano esposti nella responsabilità dell’Olocausto. Morirà in Germania nel 1996.
Tra gli ingegneri, fisici e matematici trasferiti con l’operazione Paperclip fu anche Walter Häussermann, esperto in sistemi di guida dei razzi V-2. Figura chiave nel team di von Braun, sviluppò negli anni di collaborazione con la NASA gli accelerometri ed i giroscopi che il razzo vettore del programma Apollo utilizzò per fornire i dati di navigazione al computer di bordo.
In totale, l’operazione Paperclip riuscì a trasferire circa 1.600 scienziati tedeschi negli Stati Uniti. In ossequio alla realpolitik seguita alla corsa spaziale, la loro partecipazione diretta o indiretta alle attività belliche della Germania nazista fu superata dall’enfasi che il successo nella conquista della Luna generò a livello mondiale. Un cammino che dagli ultimi sussulti del Terzo Reich, quando le V-2 colpirono Londra per 1.400 volte, portò al primo fondamentale passo verso la conquista dello Spazio.
Continua a leggereRiduci
Beppe Sala (Ansa)
Per «Italia Oggi», la città di Mr Expo è prima per reati commessi. Due sentenze della Cassazione riscrivono l’iter per le espulsioni.
Milano torna a guidare la classifica della qualità della vita ma, allo stesso tempo, è diventata la capitale del crimine. E, così, il primato che la vede in cima alle Province italiane svanisce subito quando si scorre la classifica sui reati, dove affonda come un sasso dritta alla posizione numero 107, l’ultima. Fanalino di coda. Peggio del 2024, quando era penultima. Un record di cui nessuno dovrebbe essere fiero. Ma che, anche quest’anno, il sindaco dem Beppe Sala ignorerà, preferendo alle misure per la sicurezza il taglio di nastri e la promozione di aree green. L’indagine è quella di Italia Oggi e Ital Communications, realizzata con l’Università la Sapienza, che ogni anno stila la classifica sulla qualità della vita.
Maurizio Gasparri (Ansa)
Il capogruppo azzurro Maurizio Gasparri tra ricordi e attualità: «Casini ha perso il Colle per colpa di Salvini. I giovani in politica devono imparare ad eseguire, quelli che rompono spariscono subito».













