2019-03-04
Ecco i profeti delle culle vuote. Vogliono l’estinzione degli italiani
Anche nel nostro Paese si moltiplicano gli «antinatalisti»: per loro il mondo è troppo popolato e le sue risorse si stanno esaurendo, perciò bisogna smetterla di fare figli. E c'è addirittura chi decide di farsi sterilizzare.«Siamo antisessisti, antispecisti e antifascisti. E ci preoccupa la sovrappopolazione mondiale. Quindi non faremo figli». È la testimonianza di Stefania Bisacco e Luca Farinetti, una coppia di Torino che è «anti» tutto. Anche antinatalista. Cioè, contraria alla sessista, specista e fascista abitudine di mettere al mondo dei marmocchi.Spiega Luca: «Non sento la necessità di aggiungere un altro individuo in questo mondo che è già strasaturo». Gli fa eco la compagna Stefania: «Condivido le preoccupazioni sulla sovrappopolazione. Non se ne parla, invece si fa della propaganda che dice: “Non è vero, perché la natalità è a zero"». Già. Chi è in allarme perché in Italia, nel 2018, è stato registrato il minimo storico di nascite dai tempi dell'unità, è proprio limitato. Noi ci stiamo estinguendo. Ma in Asia e in Africa si figlia che è una meraviglia. Il pianeta è sovraffollato, le risorse limitate. Presto scoppierà la «bomba P», dove «P» sta per «popolazione», come scrisse nel 1968 (un anno forse non casuale) Paul R. Ehrlich. Secondo questa specie di neo malthusianesimo, semplicemente, bisognerebbe smetterla di riprodursi. Qualche dubbio sulla legittimità di diventare genitori è venuto pure al nuovo idolo dei progressisti, la giovane deputata americana Alexandria Ocasio-Cortez, che su Instagram ha scritto: «Tutti gli scienziati sono d'accordo sul fatto che le vite dei nostri bambini saranno molto difficili e questo porta i giovani a porsi una domanda: è giusto continuare a fare figli?».La testimonianza della coppia torinese si trova su un curioso sito Internet, Lunàdigas, ispirato all'omonimo docufilm del 2016 di Nicoletta Nesler e Marilisa Piga. Lunàdigas è una parola sarda che indica le pecore che in certe stagioni non si riproducono. E che le autrici della pellicola hanno paragonato alle donne che non vogliono avere figli. Ovviamente, nell'ampia carrellata proposta dal blog ci sono soprattutto campionesse di femminismo, che vogliono combattere l'oppressiva idea per cui una donna dovrebbe partorire. E nella galleria spiccano le ecocatastrofiste. Come Franca, un'insegnante che, tra i tanti motivi della sua ostilità alla maternità, menziona «queste ansie relative alle tabelle demografiche». Quali ansie? «Sembra sempre che se non ci si riproduce si vada all'estinzione». Invece no. Viviamo «il problema opposto della sovrappopolazione mondiale, nonostante se ne parli di rado». Quella che sembra una stravaganza, è un fenomeno di costume che prende piede sul Web, ma gode pure di sostenitori «competenti». Due settimane fa, Le Monde ha dedicato un'ampia inchiesta all'«esplosione demografica. Una sfida per il pianeta». Ma spulciando un po' la Rete, viene fuori davvero di tutto. C'è una sottocultura antinatalista che sta attecchendo persino in un Paese tutto sommato tradizionalista come il nostro. E che, diciamocela tutta, con le culle sempre più vuote e l'invasione degli immigrati, potrebbe pure non vincolare le proprie «scelte riproduttive» al tasso di fecondità delle donne nigeriane. Poco più di un anno fa, Vanity Fair proponeva ai lettori le «sette ragioni» per non fare figli. Al primo posto: «Avere un figlio contribuisce al surriscaldamento globale». L'ha detto Travis Rieder, direttore del master in bioetica eccetera eccetera. Sì, perché le testate pop cercano di ammantare i deliri antinatalisti con un velo di scientificità. Una ricerca, un sondaggio, uno scenario, una conferenza da citare si trovano sempre. Nel 2017, ad esempio, aveva fatto molto rumore un pezzo del Guardian che rilanciava lo studio pubblicato da Environmental Research Letters: per combattere il cambiamento climatico, la cosa migliore da fare è avere un figlio in meno a testa. Che per l'Italia, dove il tasso di fecondità è di 1,35 nascite per donna, significherebbe generare uno 0,35 di figlio. «Dottore, faccia uscire la testa e il collo, poi me lo taglia a mezzo busto e lo espongo in una teca». La ricerca della Lund University fu ovviamente ripresa da Repubblica, che sottolineava come la svolta antinatalista «produrrebbe il 58,6% di tonnellate in meno di Co2». Tra i profeti delle culle vuote si trovano parecchi tipi strambi. Non soltanto Raphael Samuel, il ventisettenne indiano che ha fatto causa ai genitori per averlo fatto nascere senza il suo consenso. Ci sono pure gli epigoni di Giacomo Leopardi. Quelli che «la vita è dolore» e dunque sarebbe stato meglio non nascere. Tra questi pessimisti cosmici c'è David Benatar, filosofo sudafricano intervistato a inizio febbraio da Linkiesta. Il nocciolo della sua argomentazione? «Il pregiudizio dell'ottimismo negli esseri umani porta a errati, cioè, eccessivamente ottimistici giudizi sulla qualità delle nostre vite». Le quali, invero, fanno schifo. Perciò bisogna evitare di mettere al mondo creature condannate a orribili patimenti. Accanto a questi personaggi di colore, però, ci sono quelli che dell'antinatalismo vogliono fare la nuova frontiera dell'ambientalismo radicale. C'è, ad esempio, il Movimento per l'estinzione umana volontaria, fondato nel 1991 da un supplente dell'Oregon, Les Knight, che propone come soluzione al degrado ambientale l'astensione dalla riproduzione. Da ottenere, sostiene la frangia più estremista, con la sterilizzazione obbligatoria. Pensate sia uno scherzo? Niente affatto. Sul loro sito c'è una sezione con domande e risposte: «Parlate seriamente?». «Siamo davvero convinti». «Vi aspettate di avere successo?». «I volontari del Movimento stono realisti». E se nemmeno la determinazione dei discepoli dell'autoeliminazione è abbastanza, basta citare Population matters. Charity britannica, è una grande promotrice del controllo delle nascite. Pochi giorni fa, Population matters ha esultato per la crescita del 17% dei finanziamenti «per la salute riproduttiva e la pianificazione familiari», stanziati dai Paesi donatori europei. Con il Regno Unito che rimane «campione della pianificazione familiare». D'altronde, che l'influenza di tali organismi si stia facendo più pervasiva, lo dimostra l'invito indirizzato a uno dei patroni di Population matters, il già citato professor Ehrlich, alla conferenza del 2017 organizzata in Vaticano da monsignor Marcelo Sánchez Sorondo, della Pontificia accademia delle scienze. Evento cui prese parte pure John Bongaarts, del Population council, Ong americana che promuove la contraccezione. Ed è finanziata dalla Rockfeller foundation, oltre che da Planned parenthood (la catena di cliniche che smerciavano pezzi di feti abortiti negli Usa).Nel nostro Paese, la tesi antinatalista è veicolata specialmente dalle testate online per i lettori più giovani. Ad esempio, Wired, dove compaiono articoli di questo tenore: «È innegabile che, se proprio si vuole fare un figlio, già adottarlo pare una scelta più etica. […] Una donna non politicamente impegnata consuma 270 chili di carta e cotone, tra assorbenti e dischetti usa e getta; e butta nell'immondizia 11.400 bottiglie e bottigliette di detergenti». Oppure Vice: «A oggi la popolazione mondiale ammonta a circa 7,37 miliardi di abitanti e secondo le stime arriverà a 11 miliardi entro il 2100, mettendo in crisi le già limitate risorse del pianeta». E vai con un'intervista a Michael E. Arth, urbanista americano che celebra la politica del figlio unico in Cina e propone, anche per l'Occidente, un sistema di «crediti» per chi vuole fare un bambino. Con multe salate per chi non rispetta le restrizioni. A proposito di Cina e figli unici: prima di convertirsi a «gli italiani non fanno figli, servono più immigrati», i Radicali erano antinatalisti. Nel 2005, in una lettera al blog di Beppe Grillo, Marco Pannella esaltò «il nazicomunismo cinese», che «ha stabilito da generazioni di nazisticamente impedire la natalità». E nel 2009, l'Associazione Luca Coscioni si scagliava contro «l'ideologia natalista», che aveva oscurato la minaccia della «bomba demografica».La guerra alle culle ha una doppia faccia: quella degli esperti e quella delle arene cibernetiche, dei social network. Il demografo Massimo Livi Bacci, già senatore del Pd, lancia da anni l'allarme sovrappopolazione. E considera dimostrabile il nesso tra «rapida crescita della popolazione, povertà e degrado ambientale». Un problema che certo non riguarda la nostra Italia, ma che può affliggere il Terzo mondo. Livi Bacci, tuttavia, non arriva a proporre un vero e proprio manifesto antinatalista, come fa Natan Feltrin, autore di Umani troppi umani, volume del 2018 che parafrasa una celebre opera di Friedrich Nietzsche. Per Feltrin, il tasso di fecondità ha un innegabile «senso politico», tanto da essere stato invocato nel «discorso dell'Ascensione di Benito Mussolini». Fare figli, in una parola, è fascista. Non farli, invece, è una «bio protesta contro il sistema della produzione-accumulazione dei corpi». Gli uomini sono «esigenti scimmie di medio-grossa taglia» e minacciano il sistema ecologico. Su Facebook, intanto, ci si può imbattere in pagine come No alla sovrappopolazione, dove campeggiano le foto e le frasi di Bertrand Zobrist, antagonista del film Inferno e fondamentalista dell'ambiente, che crea un virus in grado di decimare la popolazione mondiale. Per il bene del pianeta, è ovvio. Spulciando la pagina Childfree Italia (i childfree sono, appunto, orgogliosi antinatalisti), si leggono i post di diversi utenti che si sono fatti sterilizzare chirurgicamente. E ne vanno fieri. Poi c'è Maria: «I miei per fortuna mi dicono di non fare figli, preferiscono i nipoti pelosi che non scassano i ***». Ecco dove si va a finire: i cani al posto dei bambini. Altro che scimmie esigenti…
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