Le case farmaceutiche che stanno lavorando alla cura contro il Covid hanno visto moltiplicato il valore delle azioni. Il maxi investimento di Bill Gates ha spinto il titolo della Novavax verso il record in Borsa.
Le case farmaceutiche che stanno lavorando alla cura contro il Covid hanno visto moltiplicato il valore delle azioni. Il maxi investimento di Bill Gates ha spinto il titolo della Novavax verso il record in Borsa.Chi l'ha detto che l'avvento del coronavirus rappresenta una sventura? D'altronde, come diceva lo scrittore americano Ambrose Bierce, «le calamità sono di due specie: la disgrazia che capita a noi e la fortuna che capita agli altri». E in questo caso i fortunati sono le case farmaceutiche coinvolte nello studio e nella realizzazione del vaccino contro il Covid-19. Colossi che dall'inizio della pandemia hanno visto ulteriormente schizzare all'insù il prezzo delle proprie azioni e, di conseguenza, la capitalizzazione di mercato (cioè il valore di mercato). Tanto per rendere l'idea, dall'inizio dell'anno a oggi il valore delle azioni di Moderna (fase 3) risultava più che triplicato, mentre quello della tedesca Biontech (fase 2) quasi raddoppiato. Ha fatto ancora meglio la californiana Arcturus Therapeutics (fase 2), la cui cedola azionaria da gennaio è quasi quintuplicata. Sorride anche Astrazeneca (fase 3), sottoscrittrice di contratti per la fornitura di centinaia di milioni di dosi. Ma l'exploit più marcato sui listini l'ha fatto registrare Novavax, società che ha sede nel Maryland (Stati Uniti): il prezzo delle azioni è salito di 35 volte e il market cap di ben 66 volte.Tutto merito, come si può facilmente intuire, dei risultati promettenti raggiunti nei trial clinici. Attratti dalle commesse miliardarie, gli investitori si stanno buttando sui titoli come api al miele. Nel caso di Novavax è stata determinante la «manina» della Coalition for epidemic preparedness innovations, cartello fondato – tra gli altri – anche dalla Bill & Melinda Gates foundation. A maggio il Cepi ha foraggiato il progetto investendo la bellezza di 384 milioni di dollari (pari a 321 milioni di euro). Il mese scorso il governo americano ha annunciato stanziamenti per 1,6 miliardi di euro (1,34 miliardi di euro) nell'ambito dell'operazione «Warp Speed», finalizzata all'approvvigionamento di 300 milioni di dosi entro gennaio 2021. Se il vaccino funzionerà, il governo si è impegnato ad acquistare 100 milioni di dosi del vaccino Novavax. Pochi giorni fa, il capo della divisione medica Filip Dubovsky ha dichiarato che da sola Novavax potrà arrivare a produrre «miliardi» di dosi, arrivando «facilmente» a soddisfare la domanda di tutti gli Stati Uniti. Niente male, se si pensa che la «fase 2» è partita appena questa settimana, e la «fase 3» non dovrebbe iniziare prima di ottobre. Negli scorsi giorni, invece, ha fatto notizia il sensazionale esordio al Nasdaq della Curevac, l'azienda tedesca che lo scorso marzo avrebbe ricevuto un'offerta (a quanto pare rifiutata) dal presidente Donald Trump per trasferire le proprie attività di ricerca negli Stati Uniti. Partita da un prezzo di 14 dollari per azione, dopo avere fatto segnare un picco di 78 dollari, Curevac si è assestata intorno a un valore di 70 dollari, di fatto quadruplicando il prezzo iniziale di offerta. E anche in questo caso c'è lo zampino di zio Bill. Come ammesso candidamente anche sul proprio sito, nel tempo Curevac ha ricevuto «significativi investimenti» dalla fondazione gestita dalla famiglia Gates. Nel 2015, Bill e Melinda hanno investito 52 milioni di dollari per finanziare la tecnologia di sviluppo di vaccini a mRna portata avanti dall'azienda tedesca. Due anni più tardi, Curevac ha ottenuto dalla fondazione un altro finanziamento di 1,5 milioni di dollari per realizzare un candidato vaccino contro la malaria. Una sponsorizzazione quella dei Gates, considerato l'eccellente debutto sui listini azionari, particolarmente gradita dagli investitori.Ottimi risultati anche per la tedesca Biontech, che in partnership con Pfizer ha ottenuto lo scorso mese finanziamenti per 1,9 miliardi di dollari dall'amministrazione Trump. Come per Novavax, in caso di successo Washington si è impegnata all'acquisto di 100 milioni di dosi, opzionandone altre 500. Una delle aziende più quotate nella corsa al vaccino, e dunque con maggiori speranze di generare profitti, resta la svedese-britannica Astrazeneca. Dopo aver incassato 1,2 miliardi di dollari dalla Casa Bianca, l'azienda ha stretto accordi con la Inclusive vaccine alliance (consorzio formato da Germania, Francia, Paesi Bassi e Italia) e la Commissione europea. Un capitolo a parte lo merita Moderna, terza e ultima beneficiaria (1,5 miliardi di dollari) dell'operazione Warp Speed in cambio anche in questo caso di 100 milioni di dosi. I risultati della «fase 2» pubblicati a luglio hanno evidenziato che il 100% dei volontari testati con i dosaggi più alti hanno riportato almeno una reazione avversa. Meglio della sperimentazione sono andate, invece, le operazioni di borsa. Tramite un meccanismo (perfettamente legale) molto redditizio, approfittando del rally sui listini, dall'inizio dell'anno 12 manager di Moderna hanno venduto 5 milioni di azioni per un controvalore di 287 milioni di dollari. Ottenendo il triplo dei guadagni se l'operazione fosse stata fatta nel 2019. Solo l'amministratore delegato, Stephane Bancel, ha ricavato dalla vendita delle azioni 39,6 milioni di dollari. È proprio il caso di dirlo: ancora non sappiamo se il vaccino funzionerà, ma comunque vada per le case farmaceutiche sarà un successo.
Maurizio Landini (Getty Images)
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Ansa
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