2021-03-22
ll caso Israele. Oltre 5 milioni di vaccinati: ora riapre tutto
La metà della popolazione, 4,1 milioni di persone, ha già ricevuto la seconda dose e con essa un «patentino verde» che permette di entrare liberamente in ristoranti, bar, piscine e teatri. Da aprile, potrebbe cadere l'obbligo di portare le mascherine all'aperto Il quarto passo, quello della riapertura quasi completa. Israele brucia le tappe e aggiunge un altro tassello alla sua campagna di immunizzazione contro il virus. Da ieri, più posti disponibili nei ristoranti, nei cinema, nelle palestre. Perfino negli stadi, in base alla capienza delle strutture. Le limitazioni si allentano, gli esercizi commerciali potranno accogliere fino al 75% della loro capacità. È l'effetto di una azione rapida, capillare. «A metà aprile, copriremo il 90% degli israeliani vaccinabili», scommette Arnon Shahar, responsabile del piano vaccini nazionale. Poi toccherà ai guariti e infine agli under 16, per i quali mancano ancora le autorizzazioni. Mentre il resto del mondo è ancora alle prese con la vaccinazione dei più grandi, in Israele si pensa già ai circa 600.000 ragazzi tra i 12 e i 15 anni. «Avere il permesso di vaccinare i bambini sarebbe un passo ulteriore, un'onda continua. Fin quando non avremo coperto anche quella fascia, parlare di immunità di gregge è un esercizio ottimistico». Eppure, i numeri fanno una certa impressione: secondo gli ultimi dati forniti dal ministero della Salute, più di 5,2 milioni di israeliani hanno ricevuto almeno una dose del vaccino Pfizer, l'unico utilizzato. Di questi, 4,1 milioni hanno effettuato anche il richiamo. A oggi, quasi la metà della popolazione è immunizzata. «Facilità» è la parola che più ricorre tra i membri della squadra che ha organizzato la campagna vaccinale. «Tutti i nostri sistemi sono digitali, le 4 casse mutue in Israele hanno funzionato bene, su tutto il territorio», spiegano. Nel sistema messo a punto, tutto è già ampiamente noto alla popolazione: per avere un appuntamento è sufficiente prenotare attraverso un'applicazione esistente, già rodata. «Quando una cosa diventa difficile, le persone ci pensano su. E poi finiscono per non fare nulla», ragiona Shahar con la Verità, in uno dei rari momenti di calma della sua giornata. Il sistema proattivo non permette attese, i pazienti devono essere cercati: messaggi Whatsapp, email, tutto è utile pur di condurli nei punti vaccinali. «Gli ultraortodossi, che non hanno gli smartphone, li abbiamo contattati attraverso un sistema più classico, quello dei messaggi vocali», spiegano dalla task force vaccinale. Il 90% del piano è stato sviluppato sul territorio, coinvolgendo poco o nulla gli ospedali. Palestre, grandi aule, tensostrutture le soluzioni più utilizzate. «A Tel Aviv hanno tirato su un centro di vaccinazione in 3 giorni, nel bel mezzo della piazza principale, Kikar Rabin», racconta Gabriele Bauer, che in Israele gestisce un sito di informazione, Israel360.com. «Ad Haifa, nel nord del Paese, hanno scelto i palazzetti dello sport e gli ambienti fieristici», spiega Lia Spadoni, che lavora per una azienda hi tech. «Dopo la seconda dose, la cassa mutua mette a disposizione il patentino verde, con i dati anagrafici dei cittadini, le date delle due vaccinazioni e i numeri dei lotti somministrati». Il «semaforo verde», come lo chiama qualcuno da queste parti, è il lasciapassare verso la normalità. Con il patentino si può entrare praticamente ovunque: nelle sale interne dei ristoranti, alberghi, piscine e teatri. «Negli ultimi giorni via Dizengoff, una delle più vive di Tel Aviv, è tornata a riempirsi, le persone hanno ripreso a frequentare i locali», racconta Michelle Debach, receptionist al Dan Tel Aviv, uno degli alberghi più importanti della città. Secondo le intenzioni del governo, dalla prossima settimana potrebbero riaprire anche i disco club. C'è chi parla addirittura di un'abolizione dell'uso delle mascherine all'aperto per la fine di aprile, anche se al momento mancano i riscontri ufficiali da parte del ministero della Salute. «In Israele abbiamo capito che non possiamo lottare contro il virus con una sola arma, cioè quella del lockdown. Il lockdown fa male», prosegue Shahar. «È giusto bloccare la socialità per congelare la crescita dei contagi e per ridurre la mortalità, ma per arrivare a una soluzione vera l'unica strada è vaccinare». Uno dei prossimi passi, secondo i tecnici della squadra vaccinale, è l'esportazione del modello all'estero, per tornare a viaggiare oltreconfine. Il governo ha già firmato un accordo con la Grecia per riaprire i confini ellenici ai turisti israeliani vaccinati. All'orizzonte, i primi colloqui per fare altrettanto con altri Paesi, come Gran Bretagna e Italia. «Se vogliamo davvero ripartire, è necessario condividere l'enorme mole di informazioni raccolte. Credo sia fondamentale che il passaporto verde venga riconosciuto con facilità in molti aeroporti del mondo. Noi siamo pronti a fare altrettanto negli scali nazionali», confessa Shahar. Domani, intanto, Israele torna al voto. Si tratta delle quarte elezioni in appena due anni. I più maligni sospettano che l'accelerazione nelle riaperture sia stata impressa da Benjamin Netanyahu in persona, che si gioca una buona fetta della rielezione proprio sulla campagna vaccinale. Insomma, piuttosto che i sondaggi, chissà che in queste ore non sia più interessante leggere altri numeri per capire dove potrebbe andare il Paese: quelli dei nuovi immunizzati.
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In Pluribus, da venerdì 7 novembre su Apple Tv+, Vince Gilligan racconta un mondo contagiato da un virus che cancella le emozioni e il conflitto. Un’apocalisse lucida e inquieta, dove l’unica immune difende il diritto alla complessità umana.