2021-12-31
Ormai ci sono due pandemie diverse
A Roma tirano dritto, in palese disinteresse rispetto ai dati e al confronto con altri Paesi. C’è il Covid immaginato da regole inapplicabili e poi c’è quello vero: non si assomigliano.«La realtà», cantava Giorgio Gaber, «è un uccello che non ha memoria / Devi immaginare da che parte va». L’intera pandemia non è più solo un problema sanitario, economico, giuridico, sociale: ma di rapporto con la realtà. La doppietta partorita nella notte del 29 dicembre dal governo - «legittimata» da un Cts i cui poteri sconfinano nell’esoterismo costituzionale - cede sì al dato dell’esplosione del caos tamponi e delle quarantene fuori controllo, ma tenta di uscirne andando nella direzione opposta suggerita dall’esperienza concreta: discriminando ancora, inseguendo capri espiatori, di fatto permettendo (anche perché non si può fare altro) la circolazione del virus tra vaccinati, ma con l’ipocrisia di non dirlo.La conseguenza, in termini appunto di rapporto con la realtà, è duplice. La prima è che l’illusione di normare capillarmente il Covid si infrange contro l’inapplicabilità (i controlli sui mezzi pubblici e sulle piste, la surreale «settimana con la Ffp2», le mascherine imposte senza prima la certezza che ci siano) e dipinge due pandemie scollegate: quella delle leggi - raccontate nelle intime pieghe di dadaismo burocratico - e quella vera, perlopiù ignorata, fatta di gente che non riesce a certificare l’eventuale positività per mancanza di tamponi, non esce dalla quarantena per lo stesso motivo, non sa come trattare la malattia malgrado l’esistenza di protocolli domiciliari, e rischia poi di dover fare triple (per ora) vaccinazioni poche settimane dopo la patologia altrimenti scade il green pass, con conseguenze non note.La seconda illusione è più seria: va riadattata la vecchia frase di Bertolt Brecht sul comitato centrale che, davanti al dissenso del popolo, deliberava di nominare un nuovo popolo. Adesso tocca alla realtà, in cocciuto disaccordo con le disposizioni. A difesa di regole discutibili, viene non solo ammesso ma sbandierato il controfattuale fantastico (chissà cosa sarebbe successo se...) e viene negato quello reale (i Paesi che, senza green pass, sono in situazioni quasi perfettamente sovrapponibili alla nostra). Proprio questi giorni mostrano che le impennate di casi - di casi: non delle loro conseguenze ospedaliere - sono egualmente non contenibili a prescindere dal livello di vaccinazione, da qualunque restrizione e tantomeno dal green pass. Non si apprezzano differenze - a parità di popolazione - tra le curve tedesche, polacche, inglesi, spagnole, se non per qualche settimana di scarto tra loro. La Danimarca, celebrata come modello di rapidità e partecipazione alla campagna di immunizzazione, vanta ora un paradossale record di infezioni. Dove si è vaccinato meno ci sono più decessi, e questo ovviamente è un risultato eccellente dei prodotti inoculati a miliardi di persone. Ma perché tale confortante evidenza deve diventare un manganello su qualunque valutazione di efficacia sulle politiche sanitarie?Se il controfattuale reale è abolito, vale una specie di pensiero magico, applicato sia ai singoli («Sei positivo e trivaccinato con 39,5 di febbre? Senza sieri, saresti intubato») sia al collettivo, in un confronto con l’anno scorso che settimana dopo settimana sta diventando sempre meno brillante, se non - grazie a Dio - nella conta dei decessi: la cui minor entità però non può mica essere frutto del green pass. Eppure questo è ciò che viene affermato negli editoriali dei principali giornali italiani. Malgrado l’obiettivo esplicito - messo nero su bianco in un decreto - della carta verde fosse di ridurre i contagi, e quello implicito di aumentare le vaccinazioni: in pratica, fallito anch’esso. Ormai però il dato non è una variabile ritenuta meritevole di attenzione: non lo è in molte argomentazioni deliranti, preoccupate solo di avere conferme alle proprie tesi o di poter zittire quelle altrui, e non lo è - cosa più grave - per il decisore politico, per la stragrande maggioranza dei media e per i protagonisti del dibattito. Che infatti, politicamente, non esiste più: può essere un bene?
Volodymyr Zelensky (Ansa)
Elly Schlein con Eugenio Giani (Ansa)