2022-01-19
Due anni di balle e piroette dei guru del virus
Dalla durata dei vaccini al «peso» dei tamponi, dall’utilità del booster alla caccia ai bambini. In questi lunghi mesi dai presunti esperti abbiamo ascoltato tutto e il suo contrario. Un danno comunicativo che ha alimentato scetticismo e provocato anche morti.2 giugno, Festa della Repubblica, su 39 milioni di dosi consegnate, 35 milioni erano già state inoculate. Calcolando che non sempre si trattava di prime dosi, anche perché le direttive sanitarie invitavano a vaccinare completamente le persone più fragili o quelle più a rischio, ovvero gli anziani e il personale in servizio negli ospedali, si può tuttavia ritenere che almeno un terzo degli italiani si fosse già vaccinato. [...] Erano i giorni in cui in ogni regione si moltiplicavano gli hub e gli italiani prenotavano l’iniezione con entusiasmo. Alcuni non vedevano l’ora che arrivasse il loro momento per prenotarsi in base alla fascia di età, convinti che in questo modo si sarebbero liberati dall’incubo del Covid, tornando a una vita normale, alle vacanze, alle feste, alle cene con amici e parenti. Poi in realtà è cambiato qualche cosa, non solo nella percezione degli italiani, anche nell’atteggiamento del governo. Da una spinta iniziale per favorire il vaccino si è passati a una serie di provvedimenti che hanno mutato il senso della campagna vaccinale. Con l’introduzione del green pass, uno strumento che doveva consentire alle persone di sentirsi più sicure, di sapere di essere immunizzate, si sono fatte scelte che sono parse discutibili e dettate non da ragioni scientifiche ma esclusivamente da motivazioni politiche. [...] Errori e dimenticanze che, una volta segnalati, non sono stati corretti, perché si è preferito insistere come se fosse indispensabile difendere il principio e cioè che le indicazioni del Comitato tecnico scientifico fossero le migliori al mondo. È stato da quel momento che sono iniziati i primi problemi e i primi dubbi? Forse. Certo qualcuno ha cominciato a domandarsi se quanto fosse accreditato come una misura scientifica lo fosse davvero e non fosse invece una decisione dettata dalla politica, che nulla aveva a che fare con le regole per la difesa della salute. Tutto ciò ha cominciato ad alimentare in una fascia della popolazione un sentimento di diffidenza. Intendiamoci, in tutti i Paesi europei e non solo europei si sono sviluppati gruppi che hanno messo in dubbio i vaccini, la loro efficacia, accreditandone gli effetti collaterali. Probabilmente con queste persone, che in Italia sono certamente meno che altrove, sarebbe stato necessario parlare, cercare di affrontarne le paure, smontare le incertezze. Invece si è preferito introdurre una sorta di obbligo vaccinale senza dichiararlo, inasprendo di volta in volta le regole, fino a rendere indispensabile il green pass per il lavoro e il super green pass sui mezzi pubblici. Di certo ad attenuare le perplessità non hanno contribuito né i virologi, né la segretezza imposta intorno ai contratti con le case farmaceutiche e sulle reazioni avverse. Gli esperti, mobilitati quotidianamente in tv hanno detto tutto e il contrario di tutto e invece di essere convincenti hanno alimentato il disorientamento. C’è chi ha sostenuto che la seconda ondata del virus sarebbe stata simile a un’influenza stagionale, chi ha spiegato che la terza dose poteva servire solo alle aziende che la producevano, chi ha detto che non c’era alcuna necessità di vaccinare i bambini, chi ha demolito l’utilità dei tamponi. Salvo ovviamente poi smentirsi da soli, perché passate settimane o mesi si è ripresentato in tv a illustrare esattamente il contrario di quanto detto in precedenza. Alla confusione generale, e forse anche alla diffusione del virus tra vaccinati, hanno contribuito non poco affermazioni come quelle sentite nelle sedi istituzionali da esponenti di primo piano del governo. Accreditando l’idea che le persone che avessero completato il ciclo vaccinale non potessero essere né contagiate né infettare gli altri si è indotto molti ad un rilassamento generale. Via le mascherine, niente distanziamento, chi se ne importa dei tamponi: «Tanto siamo vaccinati». [...] Più della variante Delta e della variante Omicron, a far aumentare il panico è stata la scoperta che non solo i vaccini non garantivano una copertura anti virus del 100 per cento, ma che la loro efficacia con il passare del tempo diminuiva. Il green pass improvvisamente si scopriva un documento che «non poteva garantire di essere tra persone che non sono contagiate e non contagiano», anzi, rischiava di essere un lasciapassare anche per i positivi, perché nessuno aveva provveduto a modificarlo una volta accertata la positività al Covid. Così, dopo aver detto che il documento aveva validità per un anno, poi si è deciso di limitarla a 9 mesi. Ma passate alcune settimane ci si è resi conto che anche tre trimestri erano troppi, in quando il vaccino dopo 5 mesi aveva perso gran parte della sua forza. Meglio ridurre dunque il periodo, ma facendolo si rischiava di lasciare milioni di italiani senza «patente» per circolare e per lavorare. Dunque? Urge una terza dose, anche se le strutture sanitarie non sono preparate, pure se molti hub sono stati chiusi, sebbene fino a ieri si fosse detto che dopo la seconda dose le persone potevano stare tranquille. Adesso i virologi ne raccontano un’altra: con la terza iniezione si sarà protetti per 5 o 10 anni (Sergio Abrignani, sul Corriere della Sera). Anzi no: forse bisognerà rifare il richiamo ogni anno. Oppure ogni sei mesi, perché il virus cambia, buca i vaccini, li aggira, diventa più aggressivo o forse no. Perché in realtà nessuno sa niente, o quasi, ma, nonostante, ciò tutti parlano molto. [...] A dire il vero c’è anche un secondo obiettivo che i soloni del virus hanno messo nel mirino: i bambini. Come ha detto Roberto Burioni dopo aver negato che i minori fossero un problema, ormai il Covid è un’infezione pediatrica. Dunque, bisogna vaccinarli tutti. Dubbi non ce ne sono. Come non ce ne sono stati negli ultimi due anni. Perché gli scienziati non si nutrono di domande, ma solo di risposte. Fino alla prossima smentita. Ps. In Norvegia e in Finlandia cominciano a pensare che il green pass sia più un lasciapassare per il virus che una protezione dallo stesso. Markku Tervahauta, direttore generale dell’Istituto finlandese per la salute e il benessere ha affermato che in Finlandia potrebbero presto affrontare restrizioni per frenare il Covid che non viene fermato dal green pass. Ma Matteo Bassetti e compagni, troppo presi ad apparire in video o a cantare il jingle bells anti virus, è probabile che lo scopriranno fra qualche mese, quando in primavera diranno che grazie a loro i contagi sono diminuiti.
Il simulatore a telaio basculante di Amedeo Herlitzka (nel riquadro)
Gli anni Dieci del secolo XX segnarono un balzo in avanti all’alba della storia del volo. A pochi anni dal primo successo dei fratelli Wright, le macchine volanti erano diventate una sbalorditiva realtà. Erano gli anni dei circuiti aerei, dei raid, ma anche del primissimo utilizzo dell’aviazione in ambito bellico. L’Italia occupò sin da subito un posto di eccellenza nel campo, come dimostrò la guerra Italo-Turca del 1911-12 quando un pilota italiano compì il primo bombardamento aereo della storia in Libia.
Il rapido sviluppo dell’aviazione portò con sé la necessità di una crescente organizzazione, in particolare nella formazione dei piloti sul territorio italiano. Fino ai primi anni Dieci, le scuole di pilotaggio si trovavano soprattutto in Francia, patria dei principali costruttori aeronautici.
A partire dal primo decennio del nuovo secolo, l’industria dell’aviazione prese piede anche in Italia con svariate aziende che spesso costruivano su licenza estera. Torino fu il centro di riferimento anche per quanto riguardò la scuola piloti, che si formavano presso l’aeroporto di Mirafiori.
Soltanto tre anni erano passati dalla guerra Italo-Turca quando l’Italia entrò nel primo conflitto mondiale, la prima guerra tecnologica in cui l’aviazione militare ebbe un ruolo primario. La necessità di una formazione migliore per i piloti divenne pressante, anche per il dato statistico che dimostrava come la maggior parte delle perdite tra gli aviatori fossero determinate più che dal fuoco nemico da incidenti, avarie e scarsa preparazione fisica. Per ridurre i pericoli di quest’ultimo aspetto, intervenne la scienza nel ramo della fisiologia. La svolta la fornì il professore triestino Amedeo Herlitzka, docente all’Università di Torino ed allievo del grande fisiologo Angelo Mosso.
Sua fu l’idea di sviluppare un’apparecchiatura che potesse preparare fisicamente i piloti a terra, simulando le condizioni estreme del volo. Nel 1917 il governo lo incarica di fondare il Centro Psicofisiologico per la selezione attitudinale dei piloti con sede nella città sabauda. Qui nascerà il primo simulatore di volo della storia, successivamente sviluppato in una versione più avanzata. Oltre al simulatore, il fisiologo triestino ideò la campana pneumatica, un apparecchio dotato di una pompa a depressione in grado di riprodurre le condizioni atmosferiche di un volo fino a 6.000 metri di quota.
Per quanto riguardava le capacità di reazione e orientamento del pilota in condizioni estreme, Herlitzka realizzò il simulatore Blériot (dal nome della marca di apparecchi costruita a Torino su licenza francese). L’apparecchio riproduceva la carlinga del monoplano Blériot XI, dove il candidato seduto ai comandi veniva stimolato soprattutto nel centro dell’equilibrio localizzato nell’orecchio interno. Per simulare le condizioni di volo a visibilità zero l’aspirante pilota veniva bendato e sottoposto a beccheggi e imbardate come nel volo reale. All’apparecchio poteva essere applicato un pannello luminoso dove un operatore accendeva lampadine che il candidato doveva indicare nel minor tempo possibile. Il secondo simulatore, detto a telaio basculante, era ancora più realistico in quanto poteva simulare movimenti di rotazione, i più difficili da controllare, ruotando attorno al proprio asse grazie ad uno speciale binario. In seguito alla stimolazione, il pilota doveva colpire un bersaglio puntando una matita su un foglio sottostante, prova che accertava la capacità di resistenza e controllo del futuro aviatore.
I simulatori di Amedeo Herlitzka sono oggi conservati presso il Museo delle Forze Armate 1914-45 di Montecchio Maggiore (Vicenza).
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