
L'organizzazione ha tardato a diramare l'allerta massima. Il presidente è l'etiope Tedros Adhanom Ghebreyesus, sospettato di aver coperto un'epidemia di colera: era ministro di una nazione africana largamente finanziata dalla Cina. C'è un lato oscuro nella gestione dell'epidemia di coronavirus, e vede al centro proprio il direttore dell'Organizzazione mondiale della sanità, l'etiope Tedros Adhanom Ghebreyesus. Mentre scriviamo, quasi 250.000 persone (ma il numero sale al ritmo di 50.000 al giorno) hanno firmato sul portale Change.org una petizione indirizzata alle Nazioni unite, nella quale si chiedono le dimissioni del vertice della massima autorità sanitaria. Motivo? Essersi rifiutato, il 23 gennaio scorso, di elevare al rango di emergenza sanitaria mondiale il contagio su larga scala del virus. Successivamente l'Oms è tornata sui propri passi, annunciando il 29 gennaio la decisione di lanciare l'allarme a livello globale. Nel frattempo i casi di infezione sono più che decuplicati, passando dai 581 registrati alla prima data, ai 6.065 della seconda. «Siamo fermamente convinti che Tedros Adhanom Ghebreyesus non sia adatto a ricoprire il ruolo di direttore generale dell'Oms», si legge nella petizione, «molti di noi sono assai delusi, pensavamo che questo organismo fosse neutrale sul piano politico».Sotto la lente di ingrandimento dei detrattori, i rapporti tra il «dottor Tedros» - come lui stesso ama farsi chiamare - e Pechino. Secondo quanto riporta l'Asian Review, «voci di corridoio negli ambienti diplomatici riferiscono che il peso della Cina nell'economia globale e nella stessa Oms potrebbe aver giocato un ruolo nella decisione da parte dell'agenzia di posticipare la decisione di dichiarare l'emergenza». Guadagnare qualche giorno avrebbe permesso da un lato a milioni di cittadini di viaggiare in occasione del capodanno cinese, ma d'altro canto avrebbe incrementato il rischio di diffondere il virus al di fuori di Wuhan. L'autorevole periodico economico giapponese cita fonti diplomatiche di stanza a Ginevra (sede del quartier generale dell'Oms), risentite perché l'allarme sarebbe stato dato «troppo tardi». Un altro informatore, stavolta da Pechino, ha spiegato al quotidiano asiatico che «i legami tra la Cina e l'Onu (di cui l'Oms è un'agenzia speciale, ndr) sono molto stretti, dal momento che la Cina è il secondo finanziatore delle Nazioni unite su scala mondiale». Non è tutto: il predecessore di Ghebreyesus, Margaret Chan, guarda caso è di nazionalità cinese, ed è stata nominata per l'incarico dal suo governo dopo aver affrontato l'epidemia di Sars nel 2003. Inoltre, Pechino è uno dei più generosi finanziatori dell'Etiopia, il Paese di origine del dottor Tedros.Forse si tratta solo di coincidenze, ma guardando al passato dell'attuale direttore generale dell'Oms si scopre che quella relativa al coronavirus non è l'unica nube sulla sua - almeno apparentemente - luminosa carriera. Nella primavera del 2017, alla vigilia del voto per la direzione dell'agenzia, molti media internazionali (tra cui New York Times e Washington Post) riportarono alla luce l'operato del politico etiope ai tempi in cui questi era ministro della Salute nel suo Paese, vale a dire dal 2005 al 2012. Proprio nello stesso periodo, in Etiopia si sono verificate tre distinte epidemie - nel 2006, 2009 e 2011 - che Ghebreyesus si è affrettato a derubricare come semplici sindromi diarroiche. Solo l'ondata che si è abbattuta tra il 2006 e il 2007 ha fatto registrare oltre 76.000 casi e 863 decessi. L'accusa per il dottor Tedros è quella di aver coperto gravi epidemie di colera spacciandole per semplici infezioni intestinali. E dire che uno dei fiori all'occhiello dell'attuale numero uno dell'agenzia, oltre al miglioramento della qualità del sistema sanitario e la drastica diminuzione della mortalità infantile, è stata proprio l'assenza di casi di colera quando era a capo della sanità etiope. Nel periodo della successione alla Chan, la vicenda sollevò uno scandalo tale da mettere a rischio la sua elezione a capo dell'Oms. Secondo i detrattori, il ministro avrebbe fatto di tutto per negare la presenza del pericoloso batterio al fine di non danneggiare l'economia del proprio Paese. Comunque, Ghebreyesus ha sempre negato ogni addebito, puntando a sua volta il dito contro il suo avversario, il britannico David Nabarro: «La sua è una mentalità coloniale che punta a vincere a tutti i costi, screditando un candidato da un Paese in via di sviluppo».La vicenda del dottor Tedros si inserisce in un quadro molto più ampio, all'interno del quale l'Oms non spicca certo per trasparenza e assenza di legami dai portatori di interesse. Un dato su tutti: dei 2,03 miliardi di euro incassati sotto forma di contributi volontari, metà deriva da versamenti effettuati da parte degli Stati e metà da soggetti privati. Tra i finanziatori più generosi spiccano la fondazione di Bill e Melinda Gates (207 milioni) e il Gavi (143 milioni), il consorzio di soggetti pubblici e privati che promuove campagne vaccinali e del quale i coniugi Gates sono principali azionisti. Scorrendo la lista, inoltre, si possono trovare numerose altre fondazioni e case farmaceutiche. Qualcuno crede ancora all'indipendenza dell'Oms?
(IStock)
Il tentativo politico di spacciare come certa la colpevolezza dell’uomo per i problemi del globo è sprovvisto di basi solide. Chi svela queste lacune viene escluso dal dibattito.
Per gentile concessione dell’editore, pubblichiamo un estratto della prefazione di Alberto Prestininzi al libro di Franco Battaglia, Guus Berkhout e Nicola Cafetta dal titolo «Clima, lasciamo parlare i dati» (21mo secolo, 228 pagine, 20 euro).
2025-11-28
La Cop30 fa solo danni. Nasce l’Inquisizione per chi non si allinea all’allarme sul clima
(Ansa)
L’Unesco crea un tribunale della verità sulla salute del pianeta. Parigi entusiasta e Ong in prima fila nella caccia al negazionista.
Mentre si smantellano le scenografie della sudata e inconcludente Cop30 di Belém, dal polverone emerge l’ennesima trovata antiliberale. L’Iniziativa globale per l’integrità delle informazioni sui cambiamenti climatici (sic), nata qualche mese fa da una trovata dell’Unesco, del governo brasiliano e delle Nazioni Unite, ha lanciato il 12 novembre la Dichiarazione sull’integrità delle informazioni sui cambiamenti climatici, stabilendo «impegni internazionali condivisi per affrontare la disinformazione sul clima e promuovere informazioni accurate e basate su prove concrete sulle questioni climatiche». Sul sito dell’Unesco si legge che l’iniziativa nasce «per contribuire a indagare, denunciare e smantellare la disinformazione relativa ai cambiamenti climatici, nonché a diffondere i risultati della ricerca».
L'Assemblea Nazionale Francese (Ansa)
L’Assemblea nazionale transalpina boccia all’unanimità l’accordo di libero scambio tra Ue e Sudamerica che nuoce agli agricoltori. Spaccatura nell’Unione e pressing della Commissione in vista della ratifica entro Natale. L’Italia, per una volta, può seguire Parigi.
Ogni giorno per Ursula von der Leyen ha la sua croce. Ieri non è stato il Parlamento europeo, che due giorni fa l’ha di fatto messa in minoranza, a darle un dispiacere, ma quello francese. L’Assemblée national ha votato praticamente all’unanimità una mozione che impegna il governo a bloccare qualsiasi trattativa sul Mercosur. Questa presa di posizione ha una tripla valenza: è contro Emmanuel Macron, che pur di salvare la faccia essendosi intestato «i volenterosi», deve farsi vedere ipereuropeista e dopo anni e anni di netta opposizione francese al trattato commerciale con Argentina, Brasile, Paraguay , Uruguay, Bolivia, Cile, Perù, Colombia, Ecuador, ha sostenuto che Parigi era pronta a dare il via libera; è un voto contro l’Europa dove già i Verdi all’Eurocamera si sono schierati apertamente per bloccare l’intesa al punto da inviare l’accordo al giudizio della Corte di giustizia europea; è un voto a salvaguardia degli interessi nazionali transalpini a cominciare da quelli degli agricoltori e delle piccole imprese.
«Stranger Things 5» (Netflix)
L’ultima stagione di Stranger Things intreccia nostalgia anni Ottanta e toni più cupi: Hawkins è militarizzata, il Sottosopra invade la realtà e Vecna tiene la città in ostaggio. Solo ritrovando lo spirito dell’infanzia il gruppo può tentare l’ultima sfida.
C'è un che di dissonante, nelle prime immagini di Stranger Things 5: i sorrisi dei ragazzi, quei Goonies del nuovo millennio, la loro leggerezza, nel contrasto aperto con la militarizzazione della cittadina che hanno sempre considerato casa. Il volume finale della serie Netflix, in arrivo sulla piattaforma giovedì 27 novembre, sembra aver voluto tener fede allo spirito iniziale, alla magia degli anni Ottanta, alla nostalgia sottile per un'epoca ormai persa, per l'ottimismo e il pensiero positivo.






