2022-04-18
Draghi si confessa per la prima volta. Ma nega i problemi del Paese
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C’era una forte e motivata attesa per la prima intervista del premier a un quotidiano italiano, a maggior ragione se concessa dopo ben quattordici mesi dal suo insediamento a Palazzo Chigi. Quindi, sia per la rarità dell’evento sia per la delicatezza del momento politico, era lecito aspettarsi molto dalle due pagine fitte di colloquio, pubblicate a Pasqua sul Corriere della Sera, tra il primo ministro e il direttore Luciano Fontana. E invece, al di là di un’amplissima premessa sulla guerra nella quale il presidente del Consiglio ha ribadito le sue posizioni già note, quando si è giunti all’agenda politica domestica Draghi è entrato in modalità «attenuazione». Parlare di denial strategy, cioè di strategia della negazione sistematica, sarebbe forse troppo. Eppure, dossier per dossier, la sensazione resta quella di un Draghi pompiere, che cerca di spegnere i fuochi, di smorzare le tensioni, di ridimensionare i problemi, di circoscrivere le difficoltà.La sequenza delle attenuazioni è impressionante, davanti a tutte le (pur morbidissime) sollecitazioni dell’intervistatore. Preoccupazioni energetiche per l’inverno? «Siamo ben posizionati (…). Se anche dovessero essere prese misure di contenimento, queste sarebbero miti». E a seguire riferimenti minimalisti ai condizionatori e alla temperatura del riscaldamento domestico, come se non ci fosse un gigantesco problema legato al possibile collasso del nostro sistema produttivo. Tamquam non esset, come se non ci fosse. Interventi ulteriori sul costo delle bollette? «È nostra intenzione fare di più», risposta non impegnativa e genericissima. Lo scontro politico sulla delega fiscale? «L’atmosfera con il centrodestra mi è sembrata positiva (…). C’è qualche margine di trattativa, anche se gli elementi caratterizzanti della riforma restano». E la realizzazione del Pnrr? «Nel 2021 abbiamo realizzato tutti gli obiettivi previsti». E poi, a seguire, altre parole non conflittuali ma terribilmente vaghe verso tutti: verso il centrodestra, verso il centrosinistra, verso Giorgia Meloni. Fino alla battuta finale con cui Draghi esclude di candidarsi alle prossime elezioni, ribadendo ciò che in realtà ben sappiamo: essere eletto «è estraneo alla mia formazione e alla mia esperienza». E questo gli italiani l’avevano già capito. A proposito degli italiani, ecco un passaggio da training motivazionale: «Abbiamo fatto molto e lo abbiamo fatto insieme. Dovremmo tutti avere la forza di dire agli italiani: guardate cosa avete realizzato in questi quattordici mesi. Penso alle vaccinazioni, alla crescita economica che abbiamo raggiunto nel 2021, al conseguimento degli obiettivi del Piano nazionale di riprese e resilienza». Ecco, in tutta franchezza e con il doveroso rispetto, si ha la sensazione di un approccio «da marziano», nel senso di un punto di osservazione proprio di chi viene da un altro pianeta. Dove sta la tremenda battuta d’arresto della crescita? Dove sta il rincaro verticale di energia e materie prime? Dove sta la silenziosa ma ininterrotta sequenza di fallimenti e chiusure nel commercio, nell’artigianato, nei servizi? Dove sta la drammatica contrazione dei consumi e della domanda interna? Dove stanno le difficoltà di molte famiglie italiane perfino nel fronteggiare le rate periodiche dei loro mutui? È come se l’economia reale, e con essa le autentiche difficoltà di milioni di autonomi, partite Iva, imprese private (e naturalmente dei loro dipendenti), fosse sparita dall’orizzonte di Palazzo Chigi, o fosse stata avvolta in una nebbiolina che rende tutto meno nitido, meno definito, più indistinto, più vago. Diranno i difensori di Palazzo Chigi: non tocca a un premier spargere pessimismo. E in questa obiezione c’è naturalmente del vero. Tuttavia, quando si profila un lungo tunnel, quando si entra in una fase di radicale incertezza, servirebbe il coraggio intellettuale e politico di dire qualche parola di verità ai cittadini. Altrimenti l’impatto con la realtà sarà ancora più duro. E porterà con sé l’inevitabile salita della rabbia e del risentimento di chi nel frattempo si sarà sentito abbandonato. Stiano attenti sia i governanti sia i media ultragiustificazionisti: negare i problemi è il modo migliore di scavare un fossato con segmenti molto significativi di opinione pubblica. E bollare a posteriori alcuni elettori come «populisti» non risolverà affatto la questione.