2021-11-26
Draghi crea l’apartheid di Natale ma persino questo sembra normale
Il premier annuncia che le festività saranno tali soltanto per gli italiani con il certificato verde. Gli altri, dice, non fanno «parte della società». Se avessimo ascoltato queste parole due anni fa saremmo insorti. E oggi?Sarà il Natale dell'apartheid. Gesù Bambino potrà nascere, sempre ammesso che abbia il green pass in regola, ma lo farà solo per qualcuno. Cioè solo per i fortunati. Gli eletti. In poche parole: i vaccinati. Non guardatemi male perché non sono stato io a dirlo, nemmeno il condirettore Massimo de'Manzoni, né Francesco Borgonovo e neppure Maurizio Belpietro o nessun altro della Verità. A dirlo è stato lo stesso Mario Draghi, nella conferenza stampa dell'altro ieri: «Per i vaccinati questo sarà un Natale normale», ha dichiarato papale papale. Per i non vaccinati di conseguenza no. Per i vaccinati non sarà un Natale normale, e dunque sarà un Natale da segregati. Da rinchiusi. Da reietti. E dunque non sarà nemmeno Natale. Possono anche rimettere in cantina l'albero e il presepe: se tutto va bene potranno festeggiarlo il prossimo anno. Quando, ha spiegato il premier nella sua infinità bontà «anche coloro che oggi sono oggetto di restrizioni, speriamo possano tornare a essere parte della società con tutti noi». Avete letto bene. E se non vi fidate, andate a risentirlo: ha detto proprio così. «Speriamo che possano tornare a essere parte della società». Significa, dunque, che oggi non lo sono. Significa che per il presidente del Consiglio 8 milioni di italiani «non sono considerati parte della società» anche se non hanno infranto nessuna regola, non si sono macchiati di alcun reato e non hanno commesso nessuna illegalità. Proprio così: non sono considerati parte della società. Cioè sono esclusi dal consesso civile. Deportati nel bantustan sanitario. E tutto questo non in base alla violazione di una legge, ma semplicemente in virtù di una loro scelta, che la legge, per altro, consente loro di fare. Non so come possano, tanti sedicenti liberali che stanno nelle fila della maggioranza, accettare un orrore di questo tipo senza sentirsi ribollire il sangue nelle vene. Il precedente, in effetti, rischia di essere devastante. In questo modo si fa passare, come se fosse normale, l'idea che in un Paese liberale e democratico (almeno fino a inizio pandemia) si possa dividere la popolazione in cittadini di serie A e cittadini di serie B, in bramini e paria, in esseri superiori e inferiori, in base semplicemente ai loro gusti, alle loro caratteristiche o alle loro preferenze. L'aberrazione è dietro l'angolo. Il pericolo è di trovarsi nel giro di qualche anno con premier che faranno solenni annunci del tipo: «“Questo Natale sarà normale soltanto per quelli che sono magri, quelli obesi speriamo che facciano una cura dimagrante così saranno riammessi in società». Oppure: «Questo Natale sarà normale solo per quelli che hanno i capelli biondi, quelli che li hanno castani speriamo che se li tingano così saranno riammessi in società». Paradosso? Può darsi. Ma se due anni fa ci avessero annunciato: nel novembre 2021 alcuni milioni di italiani saranno «esclusi dalla società» in seguito al loro rifiuto di assumere un farmaco (per altro non obbligatorio), che cosa avremmo detto? Stupisce che un premier sempre attento alla comunicazione arrivi ad affermazioni del genere senza accorgersi che sono aberranti. Com'è possibile che un uomo cresciuto in occidente e imbevuto dei sacri principi della libertà e dell'uguaglianza pensi davvero che qualche cittadino italiano, senza commettere nessuna illegalità, possa essere «escluso dalla società»? Come fa lui a escludere qualche essere umano dalla società? Chi gliene dà il diritto? In base a che cosa? Come minimo suggeriremmo al presidente del Consiglio di cambiare chi lo aiuta a preparare le conferenze stampa. Già a luglio era scivolato paragonando i non vaccinati agli assassini («Non ti vaccini. Ti ammali. Muori o fai morire») e dicendo che i vaccinati avrebbero avuto la «garanzia di non contagiare e di non contagiarsi» (cosa quest'ultima che si è palesemente rivelata una fake news, meglio detta bufala, seppur propalata da cotanto pulpito istituzionale). E adesso ci ricade con l'apartheid di Natale. Un modo di esprimersi come dicevamo non solo infelice. Ma inquietante. Tanto più che va a toccare il Natale. Proprio il Natale. Vi pare? Così la festa dell'inclusione diventa la festa dell'esclusione, la festa dell'incontro diventa la festa dello scontro, la festa della famiglia diventa la festa che divide le famiglie. Ditemi: c'è qualcosa di più inclusivo del 25 dicembre? E infatti hanno passato anni a darci lezioni al riguardo. Ricordate? Nel presepe bisognava inserire anche immigrati, rom, carcerati, sbandati, cinesi, afghani e financo venusiani, perché, dicevano, nessuno deve restare fuori. E poi fanno restare fuori chi, per motivi suoi, non si vaccina? Come si passa dal Bambin Gesù che abbraccia tutti ai profeti dell'apartheid sanitario che scartano quasi fossero subumani dei cittadini che non hanno altra colpa se non quella di rispettare la legge che garantisce loro la possibilità di non vaccinarsi? Che poi con l'apartheid, quello vero, per lo meno nei bar e nei ristoranti in qualche modo anche i cittadini di serie B ci potevano entrare: c'erano le odiose «stanze per neri», ma non si restava fuori. Qui invece nemmeno quelle. I cittadini di serie B rimangono sulla strada. Tra un po' li legheranno al palo e chiederanno loro di scodinzolare. E tutto questo, come ha spiegato Draghi, per continuare a difendere la «normalità». Normalità? Dice sul serio? Davvero tutto questo può essere normale?
Jeffrey Epstein e Donald Trump (Ansa)
L'ad di SIMEST Regina Corradini D'Arienzo
La società del Gruppo Cdp rafforza il proprio impegno sui temi Esg e conferma anche la certificazione sulla parità di genere per il 2025.
SIMEST, la società del Gruppo Cassa depositi e prestiti che sostiene l’internazionalizzazione delle imprese italiane, ha ottenuto l’attestazione internazionale Human Resource Management Diversity and Inclusion – ISO 30415, riconoscimento che certifica l’impegno dell’azienda nella promozione di un ambiente di lavoro fondato sui principi di diversità, equità e inclusione.
Il riconoscimento, rilasciato da Bureau Veritas Italia, arriva al termine di un percorso volto a integrare i valori DE&I nei processi aziendali e nella cultura organizzativa. La valutazione ha riguardato l’intera gestione delle risorse umane — dal reclutamento alla formazione — includendo aspetti come benessere, accessibilità, pari opportunità e trasparenza nei percorsi di crescita. Sono stati inoltre esaminati altri ambiti, tra cui la gestione degli acquisti, l’erogazione dei servizi e la relazione con gli stakeholder.
L’attestazione ISO 30415 rappresenta un passo ulteriore nel percorso di sostenibilità e responsabilità sociale di SIMEST, in linea con gli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni unite, in particolare quelli relativi alla parità di genere e alla promozione di condizioni di lavoro eque e dignitose.
A questo traguardo si affianca la conferma, anche per il 2025, della certificazione UNI/PdR 125:2022, che attesta l’efficacia delle politiche aziendali in tema di parità di genere, con riferimento a governance, crescita professionale, equilibrio vita-lavoro e tutela della genitorialità.
Valeria Borrelli, direttrice Persone e organizzazione di SIMEST, ha dichiarato: «Crediamo fortemente che le persone siano la nostra più grande risorsa e che la pluralità di esperienze e competenze sia la chiave per generare valore e innovazione. Questi riconoscimenti confermano l’impegno quotidiano della nostra comunità aziendale nel promuovere un ambiente inclusivo, rispettoso e aperto alle diversità. Ma il nostro percorso non si ferma: continueremo a coltivare una cultura fondata sull’ascolto e sull’apertura, affinché ciascuno possa contribuire alla crescita dell’organizzazione con la propria unicità».
Con questo risultato, SIMEST consolida il proprio posizionamento tra le aziende italiane più attive sui temi Esg, confermando una strategia orientata a una cultura del lavoro sostenibile, equa e inclusiva.
Continua a leggereRiduci