2021-07-17
Osa dire che sono le donne a partorire. Le tolgono il lavoro
Milli Hill (A.Thorpe-IStock)
Collaborazioni perse e minacce per una terapista inglese che si è opposta alle teorie gender sul parto. J.K. Rowling la difende.Nell'Arcipelago Gender in cui siamo stati tutti catapultati contro la nostra volontà, può succedere di essere censurati, discriminati e vilipesi per i motivi più allucinanti. Ad esempio, si può essere minacciati e si può perdere un lavoro perché ci si ostina a sostenere che siano le donne a partorire i bambini, e non gli uomini. È accaduto, nel Regno Unito, a una donna che di nome fa Milli Hill, e che i titoli per esprimersi a proposito del parto li ha eccome. Ha lavorato per anni come terapista, e da almeno un decennio si occupa di sostenere le donne incinte. Sul tema della gravidanza, e del parto in particolare, ha pubblicato due libri che sono divenuti bestseller: The positive birth book e Give birth like a feminist. Già: Milli è anche una femminista, ha fondato nel 2012 un movimento chiamato Positive birth movement e ha collaborato con media importanti come il Telegraph, il Guardian e la Bbc. Quando però ha iniziato a occuparsi di tematiche legate al gender. «Due o tre anni fa ho iniziato a incuriosirmi per alcuni dei cambiamenti linguistici che stavo notando riguardo al parto», ha spiegato sul suo sito Internet. «La lingua è qualcosa che, come scrittrice, ho sempre avuto nel mio radar, e in effetti sono diventata famosa per aver messo in discussione gran parte del linguaggio intorno al parto che è arcaico o potenzialmente inutile. Le due nuove frasi che ho iniziato a notare erano “persone che partoriscono" (usata insieme o al posto di “donne") e “maschio/femmina assegnato alla nascita". Quest'ultima frase l'ho trovata leggermente confusa. Ai nostri giorni, il sesso dei bambini viene solitamente determinato in test e scansioni prenatali, non alla nascita. E “assegnato", linguisticamente parlando, suggerisce qualcosa che ti è dato o assegnato da qualcosa o qualcuno esterno, non qualcosa che è innato, come lo è il sesso biologico». Forse cominciate a capire dove vada a parare questa storia. Milli si è messa in testa di esaminare la nuova deriva linguistica, e dopo attenta riflessione ha deciso che non le piaceva per niente. Difficile darle torto: fino a prova contraria, a partorire sono le donne, non gli uomini. Ma i diktat dell'eroticamente corretto impongono che si parli di «persone che partoriscono», a significare che anche i maschi possano mettere al mondo bambini. E non è tutto. Da terapista, Milli Hill si è posta qualche domanda quando ha approfondito lo studio del cosiddetto «modello affermativo», quello che attualmente va per la maggiore praticamente in tutto l'Occidente. Tale approccio prevede che i minori che dichiarano di appartenere a un sesso diverso da quello di nascita vadano aiutati, appunto, ad «affermarsi», cioè sostenuti e rafforzati nella loro convinzione. «Quando ho iniziato a leggere del “modello di affermazione" con i bambini che presentavano disforia di genere, mi sono sentita particolarmente a disagio», racconta Milli. «Non era così che mi era stato insegnato a praticare come terapeuta. La terapia consisteva nel mantenere uno spazio, nell'ascoltare, nel permettere al cliente di esplorare liberamente. Non si trattava di affermare o negare, perché questo implica un pregiudizio o un giudizio da parte del terapeuta». Milli ha cominciato a esprimere le sue convinzioni in articoli e post sui social network. Poi, lo scorso novembre, ha avuto una discussione su Instagram. Motivo? Ha scritto che sarebbe opportuno parlare di «donne» e non di «persone che partoriscono». Lo ha scritto, per altro, in un post che si occupava della visione del parto imposta dalla cultura patriarcale, insomma all'interno di un testo dai connotati decisamente progressisti. Non lo ha avesse mai fatto: ha iniziato a ricevere insulti, attacchi, minacce di ogni tipo da attivisti trans e transfemministe. L'ondata di odio che si è abbattuta su di lei l'ha spinta, all'inizio del 2021, a far cessare le attività del suo Positive birth movement. Nonostante ciò, l'astio nei suoi confronti non si è fermato. Più o meno nello stesso periodo, Milli è stata contattata da Amy Gibbs, amministratore delegato di Birthrights, un'organizzazione benefica che si batte per i diritti umani durante il parto. Milli collaborava da anni con questa associazione, ma la Gibbs le ha comunicato che il rapporto sarebbe finito lì: «Respingiamo l'idea secondo cui il rispetto delle persone incinte non binarie e trans diminuisca i diritti delle donne», le ha scritto. «Ho anche visto altri commenti/risposte sui social media in cui sminuisci le persone trans e non binarie e affermi che le persone possono essere solo maschi o femmine. Tutto ciò è dannoso e angosciante e, a mio avviso, non compatibile con un approccio alla gravidanza e al parto basato sui diritti. Temo che Birthrights non sia in grado di lavorare con persone che non condividono i nostri valori inclusivi». Chiaro: per essere «inclusiva», Milli avrebbe dovuto dire che esistono «persone che partoriscono» e non «donne». Perché parlare di «donne» significa escludere le «persone trans e non binarie». In un successivo comunicato stampa, Birthrights ha affermato quanto segue: «L'uguaglianza e l'inclusione sono fondamentali per il nostro ethos e i nostri servizi sono disponibili per chiunque partorisca. Esaminiamo regolarmente tutte le nostre partnership per assicurarci che riflettano i nostri valori». Milli, sulle prime, ha incassato il colpo. Poi, però, ha deciso di reagire. Ha aperto un sito chiamato I will not be silenced (Non mi farò zittire) e ha ottenuto il supporto di un'alleata importante, ovvero J.K. Rowling, la creatrice di Harry Potter, finita a sua volta al centro di un pandemonio scatenato da alcune sue affermazioni sui trans. Qualche giorno fa, su Twitter, un attivista ha scritto un commento piuttosto duro contro Milli Hill, ricordandole quanto accaduto proprio alla Rowling. «Milli», ha scritto minaccioso l'attivista, «a quanto pare non hai imparato nulla dalla reazione che J.K. Rowling ha avuto dopo il suo post». A quel punto, la Rowling in persona si è inserita nella discussione: «A giudicare dallo tsunami di e-mail e lettere di supporto che ho ricevuto», ha commentato la scrittrice, «se le donne hanno imparato qualcosa dalla risposta al mio post è proprio che non dovrebbero sedersi e stare zitte. Solidarietà alla coraggiosa e favolosa Milli Hill». Che la battaglia di Milli goda del supporto di una celebrità come la Rowling è di sicuro una buona notizia. Ma non illudiamoci, il rogo trans continua ad ardere. E prova a bruciare persino chi dice che a partorire sono le donne.