2019-11-17
Don Giovanni, il sogno della donna in estinzione
Personaggio di cui qualcuno comincia a temere la sparizione. Dà lezioni d'amore e riconosce la grandezza dell'altro sesso.C'è un personaggio maschile di cui qualcuno comincia a temere la sparizione. Si tratta di don Giovanni, un uomo che le donne le ama perdutamente e viene generosamente ricambiato (anche troppo). Badate a non confonderlo con la vulgata corrente: non c'entra niente con il goffo produttore che profittava del suo potere per violentare le donne in malo modo, e con gli altri di cui sono state svelate le gesta durante lo show del Mee too, spettacolo mediatico di infima qualità. Don Giovanni non è il frutto della depressione e stanchezza della società naufragata nei soldi, mancanza di educazione sentimentale e miseria morale di cui parlano queste cronache. È un archetipo dell'inconscio collettivo, che viene proposto in Occidente dal Seicento in poi da teologi, autori di teatro, musicisti, artisti di ogni tipo. È un lievito che da allora contribuisce (in misura diversa per ognuno) a dare sapore al pane quotidiano della relazione tra uomo e donna, e quindi alla stessa vita. Per questo è urgente fare un armistizio (almeno parziale e provvisorio) con lui, altrimenti di uomini interessati alle donne non ne rimangono tanti. Mentre invece (come racconta l'appena uscito Il principe nero. Don Giovanni, un sogno femminile, dello psicoanalista Fabio Galimberti, Mimesis edizioni) c'è una grande abbondanza del tipo maschile opposto al fiero don Giovanni: il malmostoso figlio di mamma. Ma da quello non c'è molto da cavare: è l'uomo che scambia la donna per una madre obbligata a nutrirlo perennemente, senza neppure porsi il problema di chi lei sia e cosa le piaccia; fino a quando la donna ne ha abbastanza e lo lascia. E lui, purtroppo, non sempre reagisce da uomo. Al contrario di don Giovanni che è sempre il primo a lasciare, anche perché non ha nessun bisogno di madre, ed è più che realizzato nel rivelare le donne a sé stesse, indovinando e svelando i loro desideri, facendole diventare donne, anche sollevato se poi si divertono felicemente con altri uomini. Don Giovanni è interessante anche perché è la più evidente smentita alla tesi di Judith Butler, l'inventrice della Teoria del genere abbracciata dagli Lgbt secondo la quale femminile e maschile sono solo recitazione. Nelle sue storie nessuno recita: né lui, né le donne che regolarmente lo vogliono. È l'uomo che conquista le donne non solo perché le desidera, ma perché sa perfettamente cosa loro desiderino (come scrive Galimberti), e glielo dà, rivelandole a loro stesse. Lo intuisce naturalmente, guardandole, perché è un uomo e con piacere offre ciò che ha. Attenzione: non è solo il sesso, che certo ha il suo peso perché è la principale energia generativa di cui l'essere umano dispone, ma non basta a spiegare tutta la storia. Ancora più importanti, per la donna e in un certo senso anche per l'uomo, sono altre cose, molto più misteriose e profonde: lo sguardo, il riguardo, la gentilezza. Che per i don Giovanni (anche in erba, come l'adolescente di una volta, pronto a fare innamorare le mamme delle fidanzate) è un piacere spontaneo, cui non può sottrarsi. Come se vedesse solo lei, quella donna (e in un certo senso è vero, solo che poi finisce e comincia con un'altra).Si tratta di qualcosa che al di là del sesso ha che fare a che fare con il dono: esperienza centrale nella vita maschile, molto più forte del sesso perché non finisce con il godimento personale, ma riguarda il mondo. E va regolato.Il teologo Tirso da Molina, il primo a narrare compiutamente questo mito e tipo maschile, chiama don Giovanni un «burlador«, un imbroglione: è vero, ma non è tutto. Don Juan, riconosce Galimberti, è anche un indefesso servitore delle donne, che accetta di vivere per soddisfare i loro desideri, che lui anima e mostra. Dà lezioni d'amore; solo che, come tutte le lezioni, poi finiscono. E per la donna, di solito, è un disastro inaccettabile. Intendiamoci: don Giovanni, è una figura nera, ne conviene anche Galimberti. È una «trappola mortale per donne d'ingegno«, come l'ho chiamato nel sottotitolo del mio libro su di lui, pubblicato da Frassinelli più di 10 anni fa. Perché, poi, piace alle donne «d'ingegno«? Perché sono quelle interessate a conoscere il proprio valore e fascino, uscendo dai sempre superficiali stereotipi correnti, e don Giovanni è felice di aiutarle a vederlo, perché lo conosce benissimo: è proprio ciò che gli fa perdere la testa, mentre i bravi ma sbadati mariti e fidanzati non si accorgono di nulla. Solo che lui poi da quella trappola esce come un'anguilla, mentre le donne ci rimangono spesso impigliate. Perché? A cosa è dovuta la distruttività di don Giovanni?Da qualcosa che succede fin dalla prima scena del Don Giovanni di Wolfgang Amadeus Mozart - Lorenzo Da Ponte: don Giovanni uccide il padre di donna Anna, la donna che vuole conquistare, e che la difende con la spada. Poi, alla fine dell'opera, il padre, il Commendatore, tornerà dall'aldilà per esigere il pentimento di don Giovanni che non ne vuole sapere, e l'uomo verrà precipitato tra le fiamme dell'inferno. L'antagonista vero di don Giovanni non è il marito o fidanzato tradito dalla donna (di cui lui neppure si accorge): è il padre, il difensore del suo «onore» e mistero, la sua verginità. Il Principe nero è (anche) sempre «uno sverginatore» ricorda Galimberti. Anche qui, la sessualità e la fisiologia mostrano qualcosa di più profondo. La chiusura della donna rappresenta simbolicamente l'integrità e il potere della donna «una con sé stessa», l'archetipo eterno della Vergine, che con il cristianesimo (secondo Carl Gustav Jung, sostenitore entusiasta del dogma dell'Assunzione al cielo del corpo di Maria, vergine e madre), entra a far parte della divinità, con il padre, il figlio e lo spirito.Don Giovanni è insomma la versione moderna dell'archetipo del ribelle al Padre celeste attraverso lo svilimento del suo dono più puro: il femminile verginale, che con lo spirito genera il Figlio redentore. (L'analisi mostra come sia proprio l'incontro con lo Spirito a guarire le «donne d'ingegno» intrappolate nel don Giovanni). Il Burlador annuncia già nel Seicento il materialismo razionalistico del Settecento, da cui nascerà la società industriale e la nostra, dei consumi. Don Giovanni (spiega il servo Leporello a un povero mendicante) «crede solo che due più due fanno quattro e quattro più quattro otto», è un calcolatore che vuole solo guadagnare e mai perdere: per questo perde la vita. Ama il femminile e ne riconosce la grandezza: ma vuole sporcarla possedendola e gettandola via, perché teme la potenza redentrice della Vergine. È certo più creativo del vuoto destrutturalista del gender che riduce femminile e maschile a recitazione, a niente di autentico. Ma la sua paura dello Spirito ne fa il delinquente che uccide il padre. Anche don Giovanni c'entra con la denuncia che farà poi Honoré de Balzac: «Tagliando la testa al Re si è tagliata la testa a tutti i padri di Francia». Un fenomeno psichico e storico non ancora terminato, che rende problematico l'incontro felice tra uomini e donne e la continuazione della vita.
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