2025-01-16
Domenico Pianese: «Non vogliamo stare al di sopra delle leggi ma chi fa il suo dovere non patisca calvari»
Domenico Pianese (Imagoeconomica)
Il segretario del sindacato di polizia: «Servono dei controlli più rigorosi prima aprire indagini sulle forze dell’ordine».«Se un errore c’è stato è quello di averlo ribattezzato “scudo penale”». Domenico Pianese, segretario del sindacato di polizia Coisp, difende l’idea del governo di intervenire sul Codice di procedura penale, immaginando la possibilità di evitare l’immediata iscrizione nel registro degli indagati quando è evidente che l’operatore delle forze di polizia ha usato l’arma di ordinanza nell’esercizio delle sue funzioni. E spiega alla Verità perché, in realtà, il provvedimento legislativo non sia una protezione che porrebbe i poliziotti al di sopra della legge. Quindi è solo un errore di semantica?«Ciò che ha tratto in inganno l’opinione pubblica e qualche esponente della classe politica che ora grida allo scandalo è il termine “scudo”, che inevitabilmente evoca l’idea di immunità assoluta o di un’esclusione dai procedimenti giudiziari. È fuorviante, perché la proposta non punta in alcun modo a sottrarre gli operatori delle forze dell’ordine al controllo della legge. L’uso improprio di questa espressione, amplificato anche da posizioni ideologiche pregiudiziali, ha generato un dibattito distorto e lontano dalla realtà».Ma se non è uno scudo, allora cos’è? «Di certo non è un’esenzione dal giudizio penale. È l’idea di garantire un maggiore equilibrio nelle fasi iniziali dei procedimenti giudiziari che riguardano fatti avvenuti durante lo svolgimento dei compiti di ordine e sicurezza pubblica. La proposta mira a introdurre una tutela per chi opera nell’esercizio delle proprie funzioni, affinché non venga immediatamente iscritto nel registro degli indagati per il solo fatto di aver svolto il proprio dovere. Questo non significa sottrarsi alla giustizia, ma evitare che il semplice atto formale dell’iscrizione si traduca in un calvario giudiziario per chi ha agito nel pieno rispetto delle leggi per proteggere istituzioni e cittadini».In pratica, con lo scudo penale non sentiremo più parlare degli avvisi di garanzia come «atto dovuto». Ma in che modo si potrà stabilire chi è da indagare e chi no?«Introducendo un sistema di controllo preventivo più rigoroso, in cui sia il procuratore generale della Corte d’Appello, come avveniva prima della riforma del codice di procedura penale del 1989, a valutare in maniera preliminare la sussistenza di elementi sufficienti per avviare un’indagine formale. Questo garantirebbe un’analisi approfondita prima di iscrivere automaticamente un poliziotto nel registro degli indagati, evitando procedimenti inutili che spesso si concludono con l’archiviazione e che causano comunque un esborso di migliaia di euro per nominare legali e periti di parte, risorse economiche che vengono sottratte ai già esigui stipendi e che si ripercuotono anche sulle famiglie». I più critici ritengono che questa modifica porterebbe a un indebolimento del controllo giudiziario.«Al contrario, lo rafforzerebbe, introducendo un vaglio preliminare più attento, che non esclude la possibilità di avviare indagini quando necessario. Si tratta solo di evitare che procedimenti non necessari diventino un onere per il sistema giudiziario e una condanna anticipata per chi ha agito correttamente. Con un obbligo di motivazione più stringente per l’iscrizione nel registro degli indagati e una maggiore trasparenza nelle fasi iniziali del procedimento siamo convinti che andrebbero avanti solo i casi che meriterebbero un approfondimento giudiziario. È una questione di efficienza ma anche di rispetto per chi serve lo Stato in situazioni spesso difficili. Si pensi a ciò che stanno vivendo i nostri colleghi in questo periodo, in cui è in atto una vera e propria rivolta nei confronti di chi indossa una divisa».È facile trovarsi in un guaio.«Gli agenti vivono quanto sta accadendo con grande professionalità e dedizione, rispettando sempre i principi costituzionali legati al diritto di manifestare, ma allo stesso tempo si trovano di fronte a personaggi violenti, travestiti da manifestanti, che aggrediscono, feriscono, offendono e dileggiano. Elementi che spesso mettono seriamente a rischio l’incolumità di chi è lì per garantire l’ordine pubblico. Ed è per questo che auspichiamo l’approvazione immediata del ddl Sicurezza. L’obiettivo è garantire l’ordine pubblico senza mai oltrepassare i limiti della legge».Principio minato dalle recenti denunce pubbliche. Mi riferisco al caso di Brescia, dove un’attivista di Extinction rebellion ritiene di essere stata costretta a spogliarsi durante i controlli. In Questura l’hanno definita una «provocazione».«Non posso entrare nei dettagli di un caso specifico, ma posso ribadire che gli operatori del comparto sicurezza agiscono e devono agire sempre nel rispetto della legge e con la massima trasparenza. Lo dimostra il fatto che le perquisizioni personali eseguite d’iniziativa saranno sottoposte alla convalida dell’autorità giudiziaria. Tuttavia non bisogna dimenticare che ci si trova spesso a dover gestire situazioni complesse e a prendere decisioni difficili e immediate; ecco perché riteniamo che questo lavoro debba essere valutato tenendo conto del contesto in cui si è costretti a intervenire e operare».
Gianni Tessari, presidente del consorzio uva Durella
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
Continua a leggereRiduci
Mark Zuckerberg (Getty Images)
A Fuori dal coro Raffaella Regoli mostra le immagini sconvolgenti di un allontanamento di minori. Un dramma che non vive soltanto la famiglia nel bosco.