2019-09-09
Addio ferie: come vincere lo stress che colpisce quasi un italiano su due
Malinconia, ansia, svogliatezza, mal di testa, nervosismo. Per combattere i sintomi del ritorno alla normalità bastano poche e semplici regole. Ecco le principali per riuscire a sopravvivere (fino alle prossime vacanze).Ci risiamo. Puntuale, come ogni anno, arriva la fine delle ferie estive e, con essa, quell'inconfondibile malessere da rientro che, almeno una volta nella vita, ha colpito più o meno tutti. Potrebbe sembrare eccessivo parlare di come superare lo stress post-vacanze, ma non lo è. Ritmi di vita sempre più stressanti ci fanno ormai vedere le ferie come un miraggio e ci costringono a sperimentare il vero relax soltanto in quei pochi giorni lontani dalla quotidianità. Non che i nostri antenati vivessero un'esistenza più leggera, anzi. Ma si trattava di uno stress differente: quello antico era, per così dire, meno alienante. Anche per questo motivo, il ritorno alla vita ordinaria può essere impegnativo. I sintomi, anche in forma lieve, sono tanti e già noti: malinconia, difficoltà di concentrazione, ansia, svogliatezza, angoscia, apatia, mal di testa, spossatezza, inappetenza, nervosismo, aggressività, alterazioni del ritmo sonno-veglia. Il nome di questo stato, tutto psicosomatico ma reale, è Post Holiday Office Blues o, per noi italiani, più semplicemente «sindrome da rientro». Ma perché incappiamo in questo malessere? Perché, per nostra fortuna, non siamo le macchine che la vita contemporanea vorrebbe che fossimo. Non siamo stampanti, aspirapolveri, personal computer che diventano, immediatamente e massimamente, funzionanti appena si mette l'interruttore in modalità «on».Del resto, durante la vacanza, non abbiamo vissuto liberi soltanto con il corpo, il più delle volte in luoghi naturali di grande bellezza, magari camminando scalzi sulla sabbia e passando il giorno in costume come Tarzan e Jane. Anche la nostra mente ha fatto l'esperienza di una vacanza fuori dalla norma. Come ricatapultati sulla scena di un incubo, tornando a casa, ci troviamo davanti una serie di impegni inderogabili, di scadenze improrogabili, di infinite incombenze da incastrare l'una con l'altra come se stessimo giocando a Tetris. Proprio quello da cui la nostra mente è stata libera durante l'oziosa pausa, rallentando notevolmente i ritmi. In vacanza, infatti, i nostri ritmi fisici - ma anche quelli psicologici e cognitivi - suonavano come una sinfonia di musica classica, assolutamente rilassati. A pieno regime, invece, picchiano a tutto volume come un album di heavy metal. Per il nostro cervello, la differenza fra giornate passate a lavorare e quelle trascorse in ferie è, più o meno, questa: tornare all'heavy metal spaccatimpani dopo giorni o settimane di rilassante sinfonia classica. Comprensibilmente, è dura. Dunque, è ovvio che reagiamo al rientro come davanti a un evento traumatico. A creare la sensazione di serenità delle ferie, infatti, è innanzitutto il fatto che non lavoriamo. E questo vale, se ci pensate, anche se non si parte per qualche luogo di villeggiatura ma si resta in città, godendosi tutto il tempo della giornata per sé. In quella pausa dal lavoro è come se la nostra mente fosse guidata da un pilota automatico, il cosiddetto «network di default», la rete neuronale che si attiva durante le ore di riposo e passive. Una fase di relax in cui possiamo concederci il lusso della distrazione e cullarci nel dolce far niente del vagabondaggio mentale, il cosiddetto «mind-wondering». Liberamente evadere con i pensieri, insomma. Pensare solo (e fare solo) quanto ci va di fare: questa, in fondo, è la vacanza. Il trauma di non poter più vivere un periodo di evasione e libertà fino alla prossima vacanza va affrontato con armi psicologiche.Cinque di queste le ha consigliate sul magazine americano Forbes Franziska Alesso-Bendisch, fondatrice di Well Work Solutions, nota società di consulenza per il benessere sul luogo di lavoro. In Back to Work: Five Tips to Overcome the Post-Holidays Office Blues, l'esperta ricorda che, stando ai risultati di un sondaggio della BBC, il 76% dei lavoratori britannici riporta i sintomi del Post Holiday Office Blues. I dati nostrani parlano di un italiano su due ma, al di là delle differenze nazionali, di rado qualcuno fa salti di gioia difronte alla fine delle vacanze. Per Alesso-Bendisch, una volta rientrati in ufficio, bisogna innanzitutto ridefinire (o definire) l'obiettivo del proprio impiego: anno dopo anno, infatti è importante avere chiaro l'obiettivo del mestiere si fa e il momento post-vacanza è perfetto per fare un nuovo esame. Perché faccio questo lavoro? Perché mi piace? Che cosa mi dà di buono e che cosa tira fuori di buono da me? Motivarsi (o rimotivarsi), insomma, è il primo passo da compiere. Il segreto sta tutto qui. Il secondo consiglio della consulente è quello di riconnettersi con il proprio lavoro. Un concetto, quello della connessione, mutuato dal mondo digitale e spesso utilizzato a sproposito. In questo caso, la metafora ci sta tutta. Per Alesso-Bendisch, infatti, non si tratta tanto di riconnettersi alla scrivania e alle mansioni quanto ai colleghi e agli eventuali clienti. Si intende, quindi, una riconnessione alla rete umana del lavoro. Fare uno sforzo per costruire valide relazioni umane permette di vedere il luogo di lavoro come un fatto positivo della vita e foriero di qualcosa di più di uno stipendio e della fatica per guadagnarselo. Terzo suggerimento: stimolare e attingere alla fresca creatività individuale per cambiare in meglio. Una ricerca dell'Università di Liegi pubblicata sulla rivista scientifica PNAS ha rivelato che l'estate è il periodo in cui, complice la maggiore luminosità ambientale, le nostre capacità di attenzione sono più alte. Di fatto, torniamo al lavoro rigenerati e carichi di energia che possiamo impiegare per progettare qualunque miglioramento.Dove indirizzare questa forza? Verso qualunque cosa di costruttivo. Possiamo mettere in campo nuove iniziative, impegnarci su idee lasciate nel cassetto da tempo oppure concentrarci a fare le stesse cose di prima ma in modo nuovo, più gratificante. I giorni del rientro, infatti, grazie al benefico effetto delle ferie consentono una visione delle cose con occhi rinnovati. Dunque, perché non approfittarne? Il quarto avvertimento di Alesso-Bendisch è quello di vivere nel presente. La saggezza orientale ci invita a non vivere nel ricordo del passato perché si alimenta la depressione e neppure nell'anticipazione del futuro perché si alimenta l'ansia. Applicare questo sapiente monito al rientro dalle ferie non vuol dire avere un'amnesia della vacanza appena conclusa o non pensare a quella che arriverà in futuro. Bisogna solo farlo in modo non ossessivo, come se potessimo essere felici soltanto lontano dagli impegni lavorativi: sarebbe patologico e aggraverebbe la sindrome de rientro invece di stemperarla. Meglio, invece, allungare un po' il dolce ricordo della vacanza: riguardare le fotografie dei luoghi visitati e dei bei momenti vissuti, scovare in città un ristorante di cucina tipica del luogo nel quale avete villeggiato per riassaporare quei gusti. Potete sbizzarrirvi come vi pare nel rievocare emozioni sopite da poco, l'importante è stare bene e far sì che qualcosa delle ferie resti nel post-vacanza. Anche iniziare a pensare alla prossima pausa nelle festività natalizie o pasquali, programmare un lungo viaggio alla scoperta di qualche meta lontana, sognare dove trascorrere l'estate dell'anno successivo o magari accontentarsi di prenotare una piccola «toccata e fuga» negli ultimi fine settimana spendibili a settembre, ci ricorda che non siamo solo lavoratori. Ultimo avvertimento della lista di Alesso-Bendisch - ma, a parer nostro, il più importante - è quello di trovare sempre un po' di tempo da dedicare alla cura di sé. Il valore della vacanza, infatti, ha molto a che fare con lo stress della vita contemporanea. Viviamo ormai giornate talmente cariche di impegni che, spesso, l'estate rappresenta l'unico momento di un intero anno per disporre di tempo e fare quanto la vita quotidiana, con le sue priorità, ci impedisce. Anche per questa valenza di fuga temporanea, il ritorno a questa (logorante) ordinarietà può essere vissuto come un vero e proprio ritorno in carcere. Il trucco fondamentale per sopravvivere ai lacci di questa «prigione della quotidianità» è, appunto, evitare che diventi davvero una prigione. Come? Bisogna, a ogni costo, ritagliare durante la giornata una porzione di tempo per sé perché il vero regalo che ogni vacanza ci fa è quello di restituire al nostro arbitrio tutto il nostro tempo.Largo, quindi. a ogni attività ricreativa: frequentare posti nuovi durante la pausa pranzo, allenarsi in palestra, fare una passeggiata all'aria aperta, uscire con gli amici, andare al cinema o al teatro, andare una volta in più dal parrucchiere o dall'estetista, anche se non proprio indispensabile. Insomma, concedersi una «coccola» in più del solito. Così, invece di restare bloccata sul lato «farsi annullare dai doveri», l'ago della bilancia si sposterà dalla parte «riuscire a non farsi annullare dai doveri, evviva!». Per il benessere mentale, spiega sempre la Alesso-Bendisch, è importante trovare un equilibrio tra lavoro, famiglia e tempo libero. È importante, cioè, che il lavoro non sia l'unica attività della nostra vita. La «dose quotidiana» di tempo per sé può anche rievocare un piacere riscoperto in vacanza: farsi una camminata ogni giorno se siete stati a passeggiare per sentieri in montagna, iscriversi in piscina se proprio quest'anno avete ricordato quanto vi piaccia nuotare. E traghettare verso l'inverno qualcosa delle ferie appena godute rende giustizia anche all'idea che la vacanza è scoperta non solo di luoghi ma anche di sé stesso. Ricordatevi, poi, di tornare a completo regime sempre con gradualità. Se non si riesce a essere perfettamente efficienti dal primo minuto, non è un dramma. Anche a livello psicologico, può aiutare immaginare di salire una scala un gradino alla volta. Non bisogna, infatti, colpevolizzarsi: rientrare nei ranghi, essere puntuali, rispettare le scadenze di incarichi, a volte gravosi, non è immediato. Anzi, più lungo e più lontano siete stati per le vacanze, più faticoso è lasciare questa magia alle spalle. Del resto, siamo umani.
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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