2025-01-16
Laburisti ubriachi: divieto di parlare di gender e religione dentro ai pub
La nuova carta dei diritti dei lavoratori proposta dal partito al governo prevede l’obbligo per i gestori di zittire i clienti.Da quando, complice l’ascesa al potere dei laburisti, il Regno Unito si è tramutato in una distopia progressista, non soltanto è molto complicato trovare un angolino in cui fumare in pace una sigaretta, ma è diventato particolarmente complicato anche individuare un posto in cui parlare senza essere spiati, censurati o peggio. Sui social è pericoloso pubblicare commenti che fuoriescano dai confini ristretti del pensiero prevalente e corretto, perché si rischia l’arresto. Nelle università bisogna fare attenzione a non offendere le minoranze altrimenti arrivano punizioni o sospensioni. Perfino i cari vecchi pub non sono più luoghi sicuri. Come riporta il Daily Mail, infatti, «ai sensi della nuova carta dei diritti dei lavoratori del partito laburista, i pub potrebbero vietare ai clienti di parlare di argomenti come i diritti delle persone transgender se i proprietari ritengono che stiano molestando il personale. La proposta di legge, che dovrebbe entrare in vigore l’anno prossimo, impone ai datori di lavoro l’obbligo di impedire che i dipendenti siano molestati da terze parti, a partire dai clienti». Ora, non v'è dubbio sul fatto che infastidire i camerieri o le cameriere o i baristi di un pub non sia apprezzabile né consigliabile. Ed è altrettanto ovvio che sia sacrosanto tutelare in ogni modo i dipendenti dalle molestie più o meno pesanti degli avventori. Qui, però, non si tratta semplicemente di cacciare dal bar un cliente ubriaco o comunque molesto. La norma che dovrebbe a breve entrare in vigore prevede che sia considerata molestia una conversazione su temi sensibili, tra cui appunto i diritti trans. I clienti, dunque, potrebbero essere cacciati non se danno noia a un dipendente, ma pure se quel dipendente li ascolta di nascosto mentre conversano amabilmente tra loro. Nei fatti, si proibisce di discutere in un luogo pubblico. Chi volesse affrontare con gli amici o i conoscenti un dibattito sulle questioni gender dovrebbe farlo nel segreto della propria casa, come un congiurato o un eretico perseguitato.La proposta è talmente aberrante da avere suscitato perplessità anche nella Commissione per l’uguaglianza e i diritti umani (Ehrc), un organismo pubblico istituito nel 2006 che si occupa di combattere le discriminazioni e che in questo caso, una volta tanto, non ha proposto mordacchie o punizioni. Anzi, la commissione «ha avvertito che la norma potrebbe limitare la libertà di espressione e applicarsi alle “conversazioni ascoltate di sfuggita”. Se il personale sente i clienti discutere di opinioni religiose, diritti delle persone transgender o diritti delle donne in modo “controverso"”, ai clienti potrebbe essere inflitto un divieto di accesso». Il punto è che le leggi inglesi - in particolare l’Equality Act del 2010 - garantiscono la libertà di parola per coloro che manifestano una «convinzione filosofica». Come spiega la Commissione per l’uguaglianza, «la definizione legale di ciò che equivale a una convinzione filosofica è complessa e non ben compresa dai datori di lavoro. Si può sostenere che queste difficoltà possano portare a una restrizione sproporzionata del diritto alla libertà di espressione». Contro la proposta di legge si sono mobilitate anche alcune associazioni di ristoratori e gestori di pub, le quali hanno fatto presente che sì, tutelare i dipendenti è una priorità, ma non si può imporre al proprietario di un bar di trasformarsi in una spia o in un emissario del Grande Fratello. Di fronte al delirio woke, a quanto pare qualcuno ha il coraggio di fare valere il buonsenso, e si spera che ciò convinca i laburisti a ripensarci. Il dramma, tuttavia, sta nel fatto che non passa settimana senza che la sinistra di governo non tenti di restringere in qualche modo le libertà e la possibilità di esprimersi. È accaduto anche nei riguardi delle università. Bridget Phillipson, ministro dell’Istruzione voluto dai laburisti, non appena preso possesso dell’incarico nel luglio scorso ha messo da parte le norme volute dai suoi predecessori conservatori a tutela della libertà di parola in ambito accademico. Si trattava di regole utili a impedire l’avanzata della cosiddetta cultura della cancellazione, ma per la ministra sinistrorsa servivano solo a sdoganare i «discorsi di odio», tema su cui le istituzioni britanniche sono sensibili ben oltre la soglia della paranoia. Grazie all’intervento della Philipson, in buona sostanza, gli atenei sono ritornati vulnerabili alle azioni legali intentate da gruppi di attivisti e minoranze assortite. Cosa che ha indispettito un bel po' di rettori. Ecco perché, stando a quanto rivelato dal Daily Telegraph, «il governo intende rilanciare le leggi che proteggono la libertà di parola nelle università a seguito di una reazione negativa». Le leggi volute dai conservatori saranno riprese «in una versione annacquata» proprio per rispondere alle furenti proteste degli accademici. «La libertà accademica conta più del fatto che gli studenti non vengano offesi. Ecco perché stiamo portando avanti la legislazione, ma soprattutto ci stiamo assicurando che funzioni», ha dichiarato una fonte del ministero al Times. Torniamo al punto da cui siamo partiti. Un po' come sta avvenendo nel caso dei pub, si ripete un copione: i laburisti tentano di imporre censure e limiti alla libertà di parola. Vengono avvertiti che al restrizioni sono ingiuste, insensate e dannose, ma insistono. Poi, a un certo punto, sono costretti a fare retromarcia (per quanto mascherata) perché la realtà dimostra che avevano torto marcio. Purtroppo, in alcuni casi nemmeno l’evidenza ha il potere di fare cambiare idea ai buonisti intolleranti, ma almeno alcune delle idee più balzane vengono fermate o ridimensionate. L’aspetto disperante dalla faccenda è che, nonostante tutto, i progressisti di governo continuano a provarci. Cercano in ogni modo di sorvegliare e punire, di rieducare e silenziare. Non si può fare altrimenti: come lo scorpione sul dorso della rana deve pungere perché quella è la sua natura, così la sinistra al governo deve censurare.
«Murdaugh: Morte in famiglia» (Disney+)
In Murdaugh: Morte in famiglia, Patricia Arquette guida il racconto di una saga reale di potere e tragedia. La serie Disney+ ricostruisce il crollo della famiglia che per generazioni ha dominato la giustizia nel Sud Carolina, fino all’omicidio e al processo mediatico.
Ecco #DimmiLaVerità del 14 ottobre 2025. Ospite Alessandro Rico. L'argomento di oggi è: " Il successo di Donald Trump in Medio Oriente".