2025-03-10
«Sempre più giovani con disturbi alimentari. Ma uscirne si può»
Nel riquadro, Valeria Galfano (IStock)
L’esperta Valeria Galfano: «In Italia diagnosi triplicate in tre anni. Dismorfia, anoressia, bulimia... Non è solo questione di dieta, ma di genetica, psicologia e cultura».Il 15 marzo 2025 è la Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla, dedicata alla sensibilizzazione sui disturbi del comportamento alimentare e alla loro lotta. Abbiamo intervistato la dottoressa Valeria Galfano, medico chirurgo specialista in Scienza dell’alimentazione e Dietetica e autrice del libro Dieta e allenamento al femminile (Edizioni Lswr), dedicato ai disturbi alimentari delle atlete e degli atleti. Che cosa sono i disturbi alimentari? Come possiamo definirli?«I disturbi alimentari sono un’emergenza silenziosa; infatti, rappresentano una delle patologie psichiatriche più diffuse e complesse del nostro tempo. Si tratta di condizioni caratterizzate da un rapporto disfunzionale con il cibo e il proprio corpo, che possono avere conseguenze devastanti sulla salute fisica e mentale di chi ne soffre. Questi disturbi non sono semplicemente una questione di dieta o volontà, ma affondano le loro radici in una complessa interazione tra fattori genetici, biologici, psicologici e socioculturali».Quali sono i disturbi più diffusi?«Il disturbo da alimentazione incontrollata o Binge Eating Disorder è quello più diffuso, sia a livello globale sia in Italia. È più comune negli adulti, si associa spesso a obesità, con un impatto significativo sulla salute metabolica. È caratterizzato da abbuffate ricorrenti in assenza di comportamenti compensatori, come il vomito autoindotto, il digiuno, l’esercizio fisico compulsivo o l’utilizzo di lassativi, diuretici e farmaci a scopo anoressizzante. Tra gli altri disturbi alimentari più diffusi ci sono la bulimia nervosa e l’anoressia nervosa. La prima è caratterizzata da frequenti episodi di abbuffate seguite da comportamenti compensatori inappropriati per prevenire l’aumento di peso. L’abbuffata può essere descritta come il consumo di grandi quantità di cibo in un breve periodo di tempo, con una sensazione di perdita di controllo. Invece, l’anoressia nervosa è contraddistinta da un’estrema restrizione alimentare, intensa paura di ingrassare, comportamenti mirati all’impedimento del recupero del peso corporeo, talvolta anche l’omissione delle terapie farmacologiche, e una percezione dell’immagine corporea fortemente alterata».Come si manifestano e che cosa rischia chi ne viene colpito?«I disturbi alimentari si manifestano attraverso comportamenti malsani nei confronti del cibo, rituali alimentari rigidi, paura del cibo, isolamento sociale e sbalzi d’umore. Sul piano fisico, possono portare a squilibri elettrolitici, danni cardiaci, osteoporosi, infertilità, patologie renali e gastrointestinali. Nei casi più gravi, possono condurre alla morte. Sul piano psico-sociale si associano a bassa autostima, sentimento di angoscia, sensazione di perdere il controllo, imbarazzo e senso di colpevolezza. I rapporti interpersonali possono essere compromessi e il rendimento lavorativo o scolastico risulta spesso ridotto».Come è possibile individuarli prima che divengano troppo gravi?«Il riconoscimento precoce è fondamentale. Segnali d’allarme possono essere la perdita di peso repentina, il rifiuto di determinati cibi o di intere categorie alimentari, l’intensa paura di ingrassare, l’isolamento sociale, i cambiamenti emotivi e l’ossessione per l’esercizio fisico. I familiari e gli amici svolgono un ruolo chiave nel cogliere questi segnali e favorire una diagnosi tempestiva. Sebbene colpiscano prevalentemente gli adolescenti e i giovani adulti, è importante notare che l’età di insorgenza si sta abbassando, con un numero crescente di casi tra i bambini. Questo trend evidenzia la necessità di una maggiore consapevolezza, interventi di prevenzione e sensibilizzazione nelle scuole, e un accesso alle cure facilitato per affrontare efficacemente il problema».Il disturbo alimentare ha sempre cause psicologiche?«Sebbene i disturbi alimentari abbiano una forte componente psicologica, non si possono ignorare altri fattori. Aspetti genetici e neurobiologici giocano un ruolo determinante, così come l’influenza culturale e sociale. Pressioni estetiche, modelli di bellezza irrealistici promossi dai media e traumi pregressi possono contribuire all’insorgenza della malattia. Tra i fattori causali, quelli biologici, che ne determinano la predisposizione, si identificano con le anomalie nel funzionamento di alcune regioni cerebrali e alterati livelli di neurotrasmettitori. I fattori psicologici, associati all’insorgenza, includono bassa autostima, ansia, depressione e insicurezza. Infine, tra quelli socioculturali, responsabili del mantenimento, possiamo annoverare la pressione per raggiungere una bellezza insostenibile, la costante disponibilità di cibo ipercalorico e altamente palatabile, l’insuccesso organizzativo dei servizi di assistenza sanitaria, la scarsa conoscenza e la mancata accettazione di questi disturbi come vere e proprie malattie».Come è possibile che siano diffusi anche fra gli atleti che in teoria dovrebbero avere una alimentazione sana e corretta?«Si tratta di un paradosso apparente: gli atleti, simbolo di salute e disciplina, sono soggetti a un rischio elevato di sviluppare i disturbi alimentari. Sport che enfatizzano il peso e l’estetica, come la ginnastica artistica, il nuoto sincronizzato, il pattinaggio e il bodybuilding favoriscono comportamenti restrittivi e ossessivi nei confronti del cibo. Inoltre, il concetto di peso forma, la necessità di rientrare in specifiche categorie di peso e l’uso di strategie nutrizionali estreme possono spingere gli atleti a sviluppare relazioni malsane con l’alimentazione e la propria immagine corporea. I comportamenti alimentari scorretti degli atleti possono essere mascherati dalla necessita di seguire regole dietetiche rigorose per migliorare la performance sportiva, e le patologiche variazioni del peso o della composizione corporea possono essere erroneamente giustificate dall’esigenza di migliorare la condizione fisica prima della gara. Infine, la pressione esercitata dagli allenatori, dalla famiglia e dai compagni di squadra, può contribuire a sviluppare livelli estremi di perfezionismo e competitività».Colpiscono di più i maschi o le femmine? «I disturbi alimentari colpiscono prevalentemente le donne, con un rapporto stimato di circa 9:1 rispetto agli uomini. Tuttavia, negli ultimi anni si è registrato un aumento dei casi maschili, spesso meno diagnosticati per via di stereotipi culturali che associano queste patologie al mondo femminile. La vergogna, lo stigma e la paura della discriminazione spesso impediscono agli uomini di rivelare i comportamenti problematici e cercare aiuto».Nei maschi che disturbi si presentano di solito?«Negli uomini si osservano con maggiore frequenza la vigoressia e il Binge Eating Disorder. La vigoressia, nota anche come dismorfia muscolare, è un disturbo caratterizzato da un’ossessione patologica per la forma fisica e l’aumento del volume muscolare. Chi ne soffre ha una percezione distorta del proprio corpo, vedendosi sempre troppo esile o poco muscoloso, nonostante l’evidente ipertrofia delle masse muscolari. Si contraddistingue per gli allenamenti ossessivi, una dieta particolarmente rigida e iperproteica, l’abuso di sostanze dopanti e l’isolamento sociale, poiché spesso l’ossessione per il fisico porta a trascurare la vita sociale, gli affetti e il lavoro. Anche in questo caso, le conseguenze sulla salute riguardano sia la sfera fisica, con possibili lesioni muscolari e tendinee, sovraccarico articolare, squilibri ormonali, danni epatici e cardiovascolari dovuti anche all’uso di steroidi, sia la sfera psicologica, con aumento dell’ansia, ossessioni, depressione e interruzione dei rapporti interpersonali. Essendo un disturbo poco conosciuto, la sensibilizzazione è fondamentale per prevenirlo e affrontarlo correttamente, specialmente nel contesto sportivo».Sono patologie in aumento? «I disturbi alimentari sono in costante crescita, specialmente tra i giovani. L’uso massiccio dei social media ha amplificato la pressione estetica, contribuendo all’aumento di casi, in particolare durante e dopo la pandemia di Covid-19, che ha aggravato stress e ansia, fattori scatenanti di queste patologie. Secondo i dati del ministero della Salute, i nuovi casi in Italia sono passati da 680.569 nel 2019 a 1.450.567 nel 2022, più che raddoppiando in tre anni. Attualmente, oltre 3 milioni di persone nel nostro Paese ne sono affette».Come si curano questi disturbi?«La cura dei disturbi alimentari richiede un approccio multidisciplinare. La scelta della tipologia di trattamento deve tenere in considerazione alcuni fattori, tra cui l’esordio in età infantile o adulta, la presentazione acuta o cronica, la presenza di malnutrizione grave o lieve e le eventuali comorbilità. La terapia cognitivo-comportamentale rappresenta il trattamento di prima scelta per la cura dei disturbi alimentari, integrata con il supporto nutrizionale e, in alcuni casi, farmacologico. È fondamentale un team composto da specialisti in psicologia, psichiatria, scienza dell’alimentazione, endocrinologia e medicina interna».Che cosa si può fare in generale per prevenirli?«Per prevenire i disturbi alimentari è essenziale promuovere un’educazione alimentare sana, contrastare i modelli estetici irrealistici e sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza del benessere mentale. Le scuole, le famiglie e i media possono giocare un ruolo cruciale nel promuovere un rapporto equilibrato con il cibo e il corpo. I disturbi alimentari non sono semplici capricci o problemi di volontà, ma vere e proprie malattie che necessitano di comprensione, supporto e trattamenti adeguati. Solo con un impegno collettivo possiamo arginare questa emergenza silenziosa e restituire a chi ne soffre la possibilità di una vita sana e serena».