2018-07-24
Elfi, diavoli e principesse alcolizzate: il papà dei Simpson ci riprova su Netflix con Disincanto
True
Un elfo, una principessa, un demone. Poi, un bar, suggello di quella che, a primo acchito, parrebbe una barzelletta. Arriva Disincanto la serie tv firmata da Matt Groening che racconta le avventure di una principessa ubriacona, lontana anni luce dal canone disneyano, il cui trailer è stato presentato al Comic-con di San Diego. Disincanto, da sinossi, non sembra allontanarsi un granché dal cliché del «tedesco, dell'irlandese, dell'italiano», riuniti in qualche dove, tra locali e voli di linea. Eppure, con le storielle spiritose (o presunte tali), con la comicità più greve, ha ben poco a che spartire. La serie Netflix, al debutto online il 17 agosto prossimo, non è una novella farsesca, di quelle che tra i banchi di scuola trovano la propria ragione di sopravvivenza e divulgazione, ma la produzione, la prima in quasi due decadi, che Matt Groening si è deciso a firmare.Prolifico creatore dei Simpson, Groening ha descritto la serie, rigorosamente animata, come «una fantasia per adulti, ambientata in un fatiscente regno medievale che ha per nome Dreamland». «Parlerà di vita e di morte», ha detto, «Di amore e di sesso. Di come continuare a ridere in un mondo pieno di sofferenza e di idioti, a dispetto di quello che gli anziani e i maghi e altri cretini hanno la pretesa di raccontare». Si farà beffe della realtà, la serie di Groening, ne traccerà la parodia, reiterando, una volta ancora, lo schema Simpson: quel modo, iperbolico e cinico, di leggere la società contemporanea, di canzonare i suoi meccanismi più perversi così che chi ne è parte possa riderne, senza rendersi conto di essere egli stesso oggetto della presa in giro.Ai Simpson, che nell'aprile scorso, con il 636esimo episodio, sono diventati la serie tv americana più longeva di sempre, è seguito Futurama, nel 1999. Poi, più nulla. Groening si è trincerato in un silenzio artistico che ha rotto solo l'estate scorsa. Quando, insieme a Netflix, ha annunciato Disenchantment. La serie, di cui il colosso dello streaming ha ordinato i primi venti episodi, seguirà le avventure di una principessa scalcagnata, Bean. Un'ubriacona che il padre, re della sgangherata Dreamland, non esiterà a definire «un ripugnante buono a nulla con il mento sfuggente e i denti da coniglio».Bean, nel suo pellegrinare tra le miserie del regno, sarà accompagnata da un elfo esuberante, battezzato Elfo, e da un demone personale, Luci. Incontrerà «orchi, spiriti, arpie, folletti, troll trichechi e una moltitudine di esseri umani sciocchi», promettendo di interagire con quest'ultima come i Simpson interagiscono con la piccola comunità di Springfield. Niente di nuovo, insomma. Non nell'impianto narrativo, ché il resto, invece, è tutto da scoprire.Disenchantment, il cui titolo italiano è stato tradotto in Disincanto, ha una protagonista rara ed unica. Bean, le mani a reggere una spada e un boccale di birra, è una principessa che di regale e di fiabesco non ha nulla. È un'alcolizzata, rozza, ed è femmina, cosa, questa, che nelle serie animate rivolte ad un pubblico misto difficilmente capita. Benché, dunque, l'espediente narrativo, deridere la nostra realtà attraverso le gesta di un cartone, sia lo stesso di trent'anni fa, qualche novità Disenchantment la presenta. E tanto è (già) bastato per fare della serie il «caso» dell'estate.
Il giubileo Lgbt a Roma del settembre 2025 (Ansa)
Mario Venditti. Nel riquadro, da sinistra, Francesco Melosu e Antonio Scoppetta (Ansa)