
Mentre il presidente della Commissione europea anima gossip etilici, il funzionario onnisciente e onnidecidente Martin Selmayr guida la macchina burocratica. Ma, rigorosamente, non è stato eletto.Miracolo a Bruxelles: Lazzaro si alza e cammina un'altra volta, anzi vola in business class. La scorsa settimana, in occasione del vertice Nato, il presidente della Commissione europea, il lussemburghese Jean Claude Juncker, si era esibito in un classico del suo repertorio: andatura barcollante, due colleghi a sorreggerlo, sorriso stralunato. Il giorno dopo, nel panorama della stampa italiana, solo La Verità si è permessa il lusso di dire che il re è nudo, offrendo due diverse ipotesi. La prima: come tanti sussurrano, il presidente della Commissione potrebbe avere un problema di abuso di sostanze alcoliche (un giretto su Google e su You Tube vi mostrerà scene indimenticabili). La seconda: Juncker ha un problema grave di salute, ma allora tiri fuori un certificato medico, faccia chiarezza, e si dimetta. Perché se sta così male, di tutta evidenza non è in grado di prendere decisioni per conto di 500 milioni di cittadini europei. La grande stampa, come spesso capita, si è attestata sulla linea «troncare, sopire…»: anzi, ha provveduto con zelo a spacciare la velina diffusa dai portavoce della Commissione, con la tragicomica giustificazione di una «sciatica». Come se la sciatica procurasse risate isteriche. A corredo di tutto ciò, presunti bene informati avevano fatto circolare semiclandestinamente la storia lacrimevole di uno Juncker costretto ad arrivare al vertice in sedia a rotelle, e che poi, a prezzo di sofferenze indicibili, aveva trovato la forza e il coraggio di alzarsi e trascinarsi.Però, passata una settimana, Junker è volato in Cina e in Giappone per missioni commerciali. Se Trump confermerà l'appuntamento, il redivivo Jean Claude potrebbe anche raggiungerlo negli Usa il 25 luglio prossimo: insomma, in 7 giorni, dai barellieri al triangolo Pechino-Tokyo-Washington. A questo punto: o Juncker sta benissimo, ed è bastato fargli bere per qualche giorno acqua non gassata per averlo in servizio in Estremo Oriente, oppure c'è una gestione degna dell'Urss di Breznev dell'informazione sulle sue condizioni di salute. La pensa così anche il settimanale britannico Spectator, autorevole testata conservatrice, che ha pubblicato un articolo dall'inequivocabile titolo «Jean Claude Drunker» (gioco di parole fra il cognome dell'euroburocrate e il vocabolo inglese drunk, letteralmente «ubriaco»). Nell'articolo, lo Spectator rilancia un altro tema caldo: il ruolo del braccio destro del lussemburghese. Tutto nasce infatti, come nei migliori film di spionaggio, da un nome senza un volto: Martin Selmayr. È lui, funzionario tedesco onnisciente e onnidecidente, rigorosamente non eletto da nessuno, sconosciuto a mezzo miliardo di europei, l'uomo che è riuscito a scalare il vertice della burocrazia Ue. Di lui, Wolfgang Schäuble, figura potentissima della politica tedesca, ex ministro delle Finanze e superfalco, non certo una mammoletta, scherzando ma non troppo, disse una volta che la differenza tra Selmayr e Dio è che «Dio sa di non essere Selmayr». Se uno degli uomini chiave della politica tedesca degli ultimi 20 anni, tra l'altro non esattamente noto per il senso dell'umorismo, parla così di un funzionario, comprendete bene che la faccenda è maledettamente seria. Chi è Selmayr, dunque? Questo signore è da anni stretto collaboratore e capo di gabinetto dell'ineffabile Juncker. Ma soprattutto Selmayr è iperattivo politicamente, ben al di là di quanto compete a un funzionario: ad esempio, pare sia stato lui il responsabile delle fughe di notizie e dei leak (pro stampa tedesca) per sabotare i primi incontri tra Ue e Regno Unito sul negoziato Brexit.Soprattutto, mesi fa, è stato lui, con procedure anomale, a farsi nominare vicesegretario generale (cioè vicecapo dell'intera burocrazia Ue), sapendo bene che, nelle ore successive, il capo, tale Italianer (lo stesso coinvolto nell'assegnazione dell'Ema ad Amsterdam a spese di Milano) si sarebbe dimesso, lasciandogli così le chiavi della macchina organizzativa bruxellese, un esercito di 32.000 dipendenti. Numerosi parlamentari europei hanno chiesto spiegazioni alla Commissione (cioè al governo europeo) sulle procedure di nomina, ma alla fine della fiera il corpaccione Ppe-Pse a guida tedesca ha fatto muro, e in troppi si sono accontentati di una vaga disponibilità della Commissione a chiarimenti sulla procedura di nomina. Ma la sostanza è che Selmayr si è tenuto il posto: vertice assoluto di funzionari e burocrazia (lo ripeto ancora: 32.000 uomini), avendo accanto, come autorità politica, uno Juncker nelle condizioni che tutti abbiamo visto. Come suol dirsi, la domanda nasce spontanea: chi è al volante? Juncker o Selmayr? Onestamente, sarebbe l'ora di andare fino in fondo. Nel 1999, la Commissione Santer fu costretta alle dimissioni da una storiaccia di cattiva gestione. È davvero incredibile che nessuno agisca per fare piena luce, stavolta, e per cacciare la Commissione Juncker. E soprattutto per chiarire che l'asse franco tedesco non può pretendere di avere la botte piena (potere politico), la moglie ubriaca (potere burocratico), e pure l'uva nella vigna (umiliazione di ogni realtà scomoda: Regno Unito, gruppo di Visegrad, Italia).Peggio ancora: tutto ciò accade in assenza di qualunque seria possibilità di controllo dei cittadini, degli elettori europei, che devono sbirciare le notizie solo su pochi giornali, senza alcuna possibilità di controllare una classe burocratica che ha preso il controllo, perfino al di là dei decisori politici, impegnati tra sciatiche e brindisi.
Darmanin (Giustizia): «Abbiamo fallito». Rachida Dati (Cultura) parla di pista straniera. Le Pen all’attacco: «Paese ferito nell’anima».
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Paolo Violini (Youtube)
Il nuovo direttore del laboratorio. Restauro dipinti e materiali lignei del Vaticano: «Opereremo sul “Giudizio universale” e sulla Loggia del Sanzio nel cortile di San Damaso. Quest’ultimo intervento durerà cinque anni».
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Il dossier del nucleare iraniano sta tornando al centro dell’attenzione. Sabato, Teheran ha dichiarato decadute tutte le restrizioni previste dall’accordo sull’energia atomica, che era stato firmato nel 2015.