Le obbligazioni, che per anni hanno costituito il 70% del portafoglio degli italiani, rendono sempre meno. L'esperto: «Banche e assicurazioni reagiranno meglio del previsto al rallentamento dell'economia».
Le obbligazioni, che per anni hanno costituito il 70% del portafoglio degli italiani, rendono sempre meno. L'esperto: «Banche e assicurazioni reagiranno meglio del previsto al rallentamento dell'economia».I risparmiatori italiani si devono preparare a un cambio di passo. Dopo che per anni i portafogli degli investitori sono stati costituiti per il 70% da prodotti obbligazionari, oggi, complici i tassi sempre più bassi, trovare valore nei cari vecchi bond è sempre più difficile. Ma non impossibile. Del resto, i timori per la crescita globale si sono intensificati negli ultimi mesi a causa delle preoccupazioni per il rallentamento negli Stati Uniti e nell'Eurozona, per l'aumento della volatilità dei prezzi del petrolio e per le tensioni in Medio Oriente e quelle relative alla guerra commerciale con la Cina.«Guardando al prossimo futuro, prevediamo che la crescita globale si dimostrerà comunque resiliente», spiegano da Western asset, società di risparmio gestito del gruppo Legg mason. «Ci aspettiamo inoltre che lo stimolo economico in varie zone dell'Asia cominci a produrre effetti. Parlando di opportunità, negli Stati Uniti individuiamo valore nei treasury a breve termine (vista la nostra previsione di crescita moderata e di una Fed prudente) e nelle obbligazioni a lungo termine (come copertura contro il rischio spread). Inoltre, i tanto selezionati crediti corporate investment grade e high yield, quanto il debito dei mercati emergenti sia in dollari statunitensi che in valute locali, offrono potenzialmente un rendimento totale interessante».Anche se difficile, dunque, il rendimento nell'obbligazionario si può ancora trovare. «In generale, il mercato del credito tende ad andare sotto pressione nel momento in cui l'economia rallenta: il rischio di fallimento aumenta e gli spread di credito si allargano», fa notare Francesco Castelli, responsabile reddito fisso di Banor capital. «È il momento in cui bisogna preferire i settori meno ciclici e i rating più elevati. Andando in controtendenza, considerando l'area euro, abbiamo l'impressione che le banche e le assicurazioni (epicentro della crisi del 2008) sopporteranno un rallentamento meglio rispetto alle previsioni degli investitori. Sempre in Europa, meglio puntare sulle obbligazioni della periferia o sulle emissioni corporate, sulle quali è possibile ottenere uno spread ancora dignitoso. Con una cautela: in un contesto di rallentamento economico, è consigliabile rimanere su emittenti solidi, evitando i rating più bassi».Di questi tempi, insomma, è meglio scegliere fondi obbligazionari che limitano il rischio con la diversificazione. Ci sono ad esempio fondi obbligazionari che investono nei Paese emergenti che hanno reso bene. L'Harvest China income è cresciuto da inizio anno del 12,2%. Lo stesso vale per l'Arca bd Paesi emergenti, in salita del 14,5%. Bene anche l'H2O multibonds che da inizio anno è cresciuto del 33%. È chiaro a tutti, quindi, che l'obbligazionario non è più l'oasi felice di un tempo. Ma le opportunità, va detto, tuttora non mancano. Basta solo abituarsi al fatto che gli alti rendimenti a rischio zero sono ormai solo un ricordo lontano.
L’aumento dei tassi reali giapponesi azzoppa il meccanismo del «carry trade», la divisa indiana non è più difesa dalla Banca centrale: ignorare l’effetto oscillazioni significa fare metà analisi del proprio portafoglio.
Il rischio di cambio resta il grande convitato di pietra per chi investe fuori dall’euro, mentre l’attenzione è spesso concentrata solo su azioni e bond. Gli ultimi scossoni su yen giapponese e rupia indiana ricordano che la valuta può amplificare o azzerare i rendimenti di fondi ed Etf in valuta estera, trasformando un portafoglio «conservativo» in qualcosa di molto più volatile di quanto l’investitore percepisca.
Per Ursula von der Leyen è «inaccettabile» che gli europei siano i soli a sborsare per il Paese invaso. Perciò rilancia la confisca degli asset russi. Belgio e Ungheria però si oppongono. Così la Commissione pensa al piano B: l’ennesimo prestito, nonostante lo scandalo mazzette.
Per un attimo, Ursula von der Leyen è sembrata illuminata dal buon senso: «È inaccettabile», ha tuonato ieri, di fronte alla plenaria del Parlamento Ue a Strasburgo, pensare che «i contribuenti europei pagheranno da soli il conto» per il «fabbisogno finanziario dell’Ucraina», nel biennio 2026/2027. Ma è stato solo un attimo, appunto. La presidente della Commissione non aveva in mente i famigerati cessi d’oro dei corrotti ucraini, che si sono pappati gli aiuti occidentali. E nemmeno i funzionari lambiti dallo scandalo mazzette (Andrij Yermak), o addirittura coinvolti nell’inchiesta (Rustem Umerov), ai quali Volodymyr Zelensky ha rinnovato lo stesso la fiducia, tanto da mandarli a negoziare con gli americani a Ginevra. La tedesca non pretende che i nostri beneficati facciano pulizia. Piuttosto, vuole costringere Mosca a sborsare il necessario per Kiev. «Nell’ultimo Consiglio europeo», ha ricordato ai deputati riuniti, «abbiamo presentato un documento di opzioni» per sostenere il Paese sotto attacco. «Questo include un’opzione sui beni russi immobilizzati. Il passo successivo», ha dunque annunciato, sarà «un testo giuridico», che l’esecutivo è pronto a presentare.
Luis de Guindos (Ansa)
Nel «Rapporto stabilità finanziaria» il vice di Christine Lagarde parla di «vulnerabilità» e «bruschi aggiustamenti». Debito in crescita, deficit fuori controllo e spese militari in aumento fanno di Parigi l’anello debole dell’Unione.
A Francoforte hanno imparato l’arte delle allusioni. Parlano di «vulnerabilità» di «bruschi aggiustamenti». Ad ascoltare con attenzione, tra le righe si sente un nome che risuona come un brontolio lontano. Non serve pronunciarlo: basta dire crisi di fiducia, conti pubblici esplosivi, spread che si stiracchia al mattino come un vecchio atleta arrugginito per capire che l’ombra ha sede in Francia. L’elefante nella cristalleria finanziaria europea.
Manfred Weber (Ansa)
Manfred Weber rompe il compromesso con i socialisti e si allea con Ecr e Patrioti. Carlo Fidanza: «Ora lavoreremo sull’automotive».
La baronessa von Truppen continua a strillare «nulla senza l’Ucraina sull’Ucraina, nulla sull’Europa senza l’Europa» per dire a Donald Trump: non provare a fare il furbo con Volodymyr Zelensky perché è cosa nostra. Solo che Ursula von der Leyen come non ha un esercito europeo rischia di trovarsi senza neppure truppe politiche. Al posto della maggioranza Ursula ormai è sorta la «maggioranza Giorgia». Per la terza volta in un paio di settimane al Parlamento europeo è andato in frantumi il compromesso Ppe-Pse che sostiene la Commissione della baronessa per seppellire il Green deal che ha condannato l’industria - si veda l’auto - e l’economia europea alla marginalità economica.




