2022-03-28
Marco Bucci: «Dico no all’autocandidatura. Se c’è bisogno mi chiamino»
Il sindaco di Genova: «La ricostruzione del ponte Morandi dimostra che possiamo crescere e non soltanto gestire il declino. Il futuro? Io penso ai fatti, non alle parole».Quando espugnò la rossa città della Lanterna nel 2017, sostenuto da centrodestra e liste civiche, ne parlavano come il «manager-scout», un civico a-politico, e ancora oggi ci tiene a ribadire che lo è. Una carriera nelle multinazionali, specialmente americane, Marco Bucci da buon genovese è di poche parole - «mi interessano soltanto i fatti, quelli sì che parlano da soli» - e riusciamo a strappargli un sorriso solo quando gli chiediamo se la moglie Laura abbia ancora la sua pasticceria. «E chi la schioda da lì?», ride. Domandiamo allora se i dolci siano la sua passione, ma il tasto è dolente: «Ero un goloso, poi ho scoperto di essere diabetico. Venga a provarli, così mi dice se sono ancora buonissimi come li ricordo io». Impegnato su più fronti - occupazione, ponte Morandi, prossime elezioni, arte e chi più ne ha più ne metta - il sindaco di Genova ha deciso pure di rispolverare il buon inglese che utilizzava negli affari e di impugnare carta e penna, scagliandosi in difesa di Cristoforo Colombo. Ha scritto una lettera ai «colleghi» negli Stati Uniti che infangano la memoria del navigatore delle tre caravelle, e guai a parlargli della cosiddetta cancel culture: «Non mi rassegno, è inaccettabile». Antefatto: Genova negli anni Cinquanta regalò una bella statua di rame di Cristoforo Colombo a Columbus, città dell’Ohio. «Alta 4 metri, esatto. Gliela spedimmo e, con tanto di cerimonia ufficiale, la collocarono nella piazza del Municipio dove ogni anno si svolgevano le celebrazioni colombiane, con tanto di pesto genovese servito agli astanti. Columbus è gemellata con Genova, da sempre intratteniamo buoni rapporti. Accoglievamo le loro delegazioni, abbiamo organizzato mostre insieme…».Soltanto che a un certo punto…«Ci hanno scritto una lettera nella quale ci comunicavano che smontavano la statua e la mettevano in magazzino».Perché?«Perché a dir loro Cristoforo Colombo è un simbolo di odio razziale, schiavitù, discriminazione delle minoranze».Inaccettabile?«Inaccettabile. Abbiamo scritto formalmente per protestare».Le hanno risposto?«Con il sindaco di Columbus abbiamo fatto anche una videochiamata». Hanno fatto promesse? Ripristineranno la statua nella piazza o altrove?«Mah, vedremo. A oggi è ancora in magazzino. Nel frattempo abbiamo mandato una lettera anche alle comunità italo americane con cui abbiamo contatti perché ci aiutino a intervenire e a non infangare la memoria del nostro concittadino. Ho scritto anche a New York, Boston, altre città della California».A Manhattan dei vandali decapitarono il busto di Colombo. Los Angeles ha abolito il Columbus day. «Cose del tutto inappropriate. Qui invece siamo al lavoro, abbiamo ripristinato il Centro studi colombiano, che era stato chiuso, proprio per salvaguardare la figura dello scopritore. Abbiamo anche deciso di investire in associazioni senza scopo di lucro per approfondire la storia della sua figura, riprendendo gli studi del senatore Paolo Emilio Taviani, che si è dedicato con passione all’impresa ed è stato uno dei massimi esperti al mondo».Non ci sono ombre su Colombo?«E quali? Morì in povertà, fece una fine drammatica. Dopo quattro viaggi, fu Amerigo Vespucci a dare il nome alle nuove terre, e la Spagna parteggiò per lui. Colombo si bruciò tutte le ricchezze e morì senza un soldo nella penisola iberica».Ora è vittima illustre della cancel culture. «Già, peccato che non c’è futuro senza memoria del passato. Qui a Genova Colombo è una cosa seria. La sua festa, in ottobre, è una delle principali della città. A Roma ho partecipato in questi giorni all’inaugurazione della mostra dedicata alla stagione del barocco genovese, alle Scuderie del Quirinale. Chissà, potrebbero cancellare pure quello un giorno. La cancel culture è un obbrobrio». Lei alle tradizioni ci tiene. Qualche tempo fa fece una battuta sulla bandiera inglese: disse che la regina deve ancora a Genova gli arretrati dell’affitto della croce rossa di San Giorgio.«Non sono tradizioni, sono debiti, mi raccomando. Ho scritto una lettera formale alla regina».Ah, quindi non era una battuta per fare un po’ di marketing alla città?«Mica scherziamo noi su queste cose. Ci sono fior di studi degli storici, sa? Riferiscono che Riccardo Cuor di leone passò di qui per salpare alla conquista del Santo sepolcro. A quel tempo eravamo leader dei porti del Mediterraneo, e la nostra bandiera era usata per mettere paura ai pirati e ispirare timor di Dio. Il re d’Inghilterra chiese di poterla utilizzare per avere protezione contro le navi nemiche. Il permesso fu concesso. Da allora, glielo dico in genovese, sono 800 anni che gli inglesi non pagano».E la regina ha risposto?«Mi è arrivata una lettera da Buckingham Palace, che preannunciava la venuta in Italia di un membro della casa reale. Sono poi arrivati, li abbiamo accolti, ora stiamo ancora aspettando un formale riconoscimento».A quanto ammonterebbe il gruzzolo per gli arretrati?«Difficile fare i conti, temo verrebbero fuori dei miliardi. Faremo un accordo bonario, mettiamola così, come si dice nel campo degli appalti».Genova è stata nominata anche da Zelensky, nei giorni scorsi. Ma forse questa pubblicità avrebbe preferito evitarla. «Il messaggio era chiaro: morte e distruzione. Genova ha vissuto i bombardamenti della seconda guerra mondiale, è stato terribile, sappiamo cosa vuol dire. Ho invitato il presidente ucraino a venire in città appena tutto questo sarà finito, speriamo presto».In aprile a Genova c’è Euroflora, la principale manifestazione dei fiori d’Europa. I russi hanno annunciato che non verranno. «Ci saranno 300 espositori, se i russi non vengono ce ne faremo una ragione, ma non so i dettagli del perché abbiano deciso di non partecipare. Se cambiano idea, li accoglieremo a braccia aperte. Di certo non ho intenzione di chiudere i rapporti con la Russia, valuteremo caso per caso. Non si può mai fare di tutta l’erba un fascio, occorre realismo, anche se purtroppo non tutti oggi la pensano così. Non è giusto che tutti i russi paghino le colpe di un tiranno».Ponte Morandi: sono trascorsi quasi 4 anni dalla tragedia. Quali criticità restano?«Lo Stato ha previsto ristori da 1 miliardo 455 milioni di euro per opere infrastrutturali da portare a termine nei prossimi anni, sono fondi che abbiamo già destinato e procederemo con i lavori».Il conto è saldato?«Non la si può mettere in questi termini, con tutte le vittime che ci sono state. Abbiamo risolto il problema tecnico, quello sì. Ma non le riesco a descrivere l’emozione che ci prende ancora a tutti quando passiamo di lì. Le famiglie delle vittime poi hanno rapporti con Aspi per regolare le diverse posizioni, e noi non ci vogliamo entrare, non ne conosciamo i dettagli». Chi doveva pagare ha pagato?«Non è compito del sindaco fare attività di giustizia. Per questo ci sono i tribunali».Che ne pensa del rilancio del centro di Giovanni Toti? All’Acquario, sabato, ha detto che la sosterrà nella ricandidatura.«So solo che all’Acquario ci sono tanti pesci e i delfini, sa? Battute a parte, io non parlo di queste cose. Faccio il sindaco». Significa che non vuole muoversi da Genova?«Significa che dipenderà da cosa mi offriranno, in genere funziona così, no? Non si fanno auto-candidature: se qualcuno riterrà in futuro di aver bisogno di me mi manderà un messaggio, o mi farà una telefonata. Io intanto sto con i fatti e non con le parole».Che potrebbe voler dire che a Roma invece si parla troppo?«Non ho detto questo, no. Sa che Mario Draghi quando è venuto qui un mese fa - era la sua prima visita a una città da quando è premier - ha detto che siamo un modello per il Pnrr, perché abbiamo sperimentato le regole semplificate negli appalti per la ricostruzione del ponte Morandi? In questi cinque anni abbiamo cambiato il mood della città. Abbiamo creato 24.000 posti di lavoro. Ora si parla di crescita, e non più di gestire il declino come facevano i miei predecessori».Tutti storicamente di sinistra. Per la sua riconferma ora si sono schierati anche i riformisti. «Nella lista civica Genova Domani c’è chi viene dal Pd e chi da Azione di Carlo Calenda, da +Europa e da altre forze di sinistra. Hanno accettato di lavorare senza simboli per la città, colpiti positivamente dal lavoro che abbiamo fatto. Sono a-politico, un civico puro: ben venga chiunque si voglia impegnare, evidentemente è piaciuto il rilancio di una città che dormiva».
Francesco Nicodemo (Imagoeconomica)
(Ansa)
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Carlo Nordio, Matteo Piantedosi, Alfredo Mantovano (Ansa)