2018-12-10
Dialogo fra governo e imprenditori? Per ora non ci sono altre possibilità
Io li capisco gli imprenditori. Loro vorrebbero un Consiglio dei ministri che funzionasse come un consiglio di amministrazione. Dove il presidente e l'amministratore delegato fossero la stessa persona e a ricoprire gli incarichi fosse l'azionista di maggioranza assoluta della società. In tale modo le cose sarebbero infinitamente più chiare e le decisioni procederebbero spedite. (...)(...) Provate a immaginare. Le riunioni a Palazzo Chigi si limiterebbero a una breve presa d'atto e le delibere non incontrerebbero alcuna contestazione. Così si potrebbe attuare facilmente ogni programma. Silvio Berlusconi, quando nel 1994 vinse le elezioni, si stupì che le cose non funzionassero come nella sua Fininvest. Il Cavaliere era abituato a decidere e a veder attuato senza esitazioni il suo pensiero. Ma al governo, per di più di una coalizione fatta di tante teste diverse, prendere una decisione e vederla tradotta in pratica non era poi così facile come sembrava dall'esterno. Anzi. Tra gli alleati, che per un imprenditore sono soci di minoranza, c'era chi si dava da fare non per migliorare i conti della società, ma per mettere nei guai il maggior azionista, nella speranza di prenderne il posto. Risultato, dopo poco più di sei mesi dal suo arrivo alla guida del governo, Berlusconi fu costretto da Umberto Bossi, che gli tolse la fiducia, a gettare la spugna, mentre la volta dopo, quando tornò alla guida di Palazzo Chigi, a mettergli i bastoni fra le ruote furono Pierferdinando Casini e Gianfranco Fini, i quali, giunti alla fine della legislatura 2001-2006, si augurarono una sconfitta del centrodestra, pur di vedere spazzato via il Cavaliere.Se scrivo queste cose non è per giustificare il procedere incerto del governo pentaleghista, ma per spiegare a quel ceto produttivo che ha votato Lega o 5 stelle perché poi sia così difficile tradurre in pratica quanto promesso in campagna elettorale. Nell'ultima settimana ho partecipato a un paio di incontri con gli industriali. Uno a Lecco e un altro nelle Marche e in entrambi i casi ho ascoltato di persona le lamentele dei capi azienda e registrato le perplessità sul governo Conte. Gli imprenditori si sentono traditi dalla maggioranza: non capiscono il reddito di cittadinanza e lo stop alle opere pubbliche e vorrebbero meno tasse e più incentivi. Ovvio. Dal loro punto di vista i sussidi a chi non ha un lavoro sono uno spreco e lo stop alla Tav una follia. Si può dar loro torto? Certo che no. Ma il problema è che a Palazzo Chigi non c'è un azionista di maggioranza con pieni poteri e idee chiare sull'obiettivo da raggiungere. Come ormai sanno anche i sassi l'esecutivo è frutto di un'alleanza fra soci che hanno opinioni diverse sulla direzione da prendere e spesso, divisi come sono sulla strada da imboccare, non ne prendono neanche una.A me stupisce che nessuno lo ricordi. Ma questo governo è nato con un azionista di maggioranza che alle elezioni ha conquistato quasi il 33 per cento e questo socio ha ottenuto il consenso di un terzo degli italiani promettendo proprio il reddito di cittadinanza, il blocco di ogni opera pubblica, la cancellazione delle norme sul lavoro e sulle pensioni, l'abolizione della prescrizione e così via. Ciò che oggi noi registriamo con stupore come se fossero follie, stavano nel programma di Beppe Grillo e dei suoi compagni di viaggio. La Lega al contrario voleva il blocco dell'immigrazione, la legittima difesa, la riforma della Fornero, la riduzione delle tasse. E grazie a queste promesse ha conquistato il cuore del 17,5 per cento degli elettori, scavalcando Forza Italia e diventando il primo partito del centrodestra.5 stelle e Lega sono stati i vincitori delle elezioni del 4 marzo, mentre il partito di Berlusconi e il Pd sono stati gli sconfitti. E tuttavia, nonostante abbiano conquistato valanghe di voti, né Luigi Di Maio né Matteo Salvini avevano i numeri per fare da soli un governo. Risultato, visto che in Parlamento non c'era nessuna possibilità di formare un'intesa diversa (il Pd rifiuto l'alleanza sia con la Lega che con i pentastellati) e nemmeno si poteva ritornare alle elezioni, alla fine è nato il governo Conte, ovvero uno strano esecutivo, che non è guidato da un leader di maggioranza, ma da un professore. E docenti universitari o esterni alla politica sono molti dei ministri che ne fanno parte, a cominciare da Giovanni Tria per finire a Paolo Savona. Tutto ciò per dire che il governo di un Paese è qualche cosa di diverso da un consiglio di amministrazione, dove i ruoli sono chiari e gli azionisti di riferimento hanno se non la maggioranza per lo meno una delega precisa che gli derivi da un mandato assembleare. Qui i poteri sono indefiniti e il mandato pure, per cui chi sta ai vertici è costretto a una continua mediazione fra ciò che vorrebbe fare e ciò che gli è consentito di fare dai numeri in Parlamento. Dicono che i 5 stelle siano in calo e la Lega in aumento, ma i sondaggi sono un'opinione, mentre la realtà è data dai numeri alla Camera e al Senato, i soli che contano, almeno fino a nuove elezioni.In conclusione, io capisco gli imprenditori e spesso ne condivido le preoccupazioni, la soluzione qual è? Tornare alle elezioni? Ognuno di noi sa che il voto non è possibile, perché Sergio Mattarella non vuole e piuttosto che restituire la parola agli italiani sarebbe disposto a darla a chiunque, anche a un clone di Mario Monti. Fare un governo fra Lega Forza Italia e Fratelli d'Italia? I numeri non ci sono e per esserci bisognerebbe fare affidamento su una cinquantina di voltagabbana e come si sa i voltagabbana non cambiano parrocchia gratis, per un ideale, ma vogliono una contropartita. Oppure c'è qualcuno che sogna un governo 5 stelle-Pd? Se gli imprenditori pensano che un esecutivo Di Maio-Zingaretti sia meglio di quello fra il leader grillino e Salvini prego si accomodino.Vi state chiedendo dove voglio arrivare? Semplice. Voglio spiegare agli imprenditori delusi che siamo in mezzo al guado, con un governo che non è né carne né pesce, ma è un po' tutti e due, e con questo dobbiamo arrangiarci. Ovvio che un esecutivo dove i soci vogliono cose diverse non sia l'ideale, ma c'è un'alternativa a ciò? La risposta è no. Dunque, dobbiamo cercare di prendere il meglio di quello che passa il governo, ovvero il blocco dei migranti, la legittima difesa, quel poco di riduzione delle tasse che viene, l'aumento delle forze dell'ordine e così via. In pratica dobbiamo cercare di limitare i danni, sperando presto che gli italiani scelgano se vogliono più reddito di cittadinanza o dei cittadini che abbiano un reddito che consenta loro di decidere del proprio futuro. Il mio non è un banale gioco di parole, ma la semplice verità. Tocca agli italiani decidere il proprio futuro e gli imprenditori, se vogliono, possono avere un ruolo in questa scelta.