
Il grillino accusa i funzionari della Ragioneria dello Stato di sabotare il decreto Dignità: «8.000 posti persi? Cifre non mie, non valgono. Abbiamo le lobby contro...». Giovanni Tria difende gli uomini del Mef, Pier Carlo Padoan insorge.Numeri che non tornano, teoria del complotto, spoil system chirurgico e ministri che si scontrano. È tipico del M5s evocare i poteri forti, a volte considerati una «peste», talora sdoganati perché necessari a far breccia in certi ambienti. Ieri il ministro del Lavoro Luigi Di Maio è tornato a scagliarsi contro le lobby che vorrebbero affossare il decreto Dignità, cioè il primo sigillo della sua linea politica nel governo gialloblu dove è sempre necessario riequilibrare i rapporti di forza, rispetto all'immagine di un esecutivo a trazione leghista grazie all'alleato Matteo Salvini, quotidianamente sul palco. Al di là dei poteri forti, dall'area grillina sembra emergere un certo disappunto nei confronti del ministro dell'Economia, quel Giovanni Tria voluto dal leader della Lega e che i pentastellati ancora devono digerire, e dei suoi collaboratori a via XX Settembre. E proprio Tria, uomo dei conti, l'altro giorno a Bruxelles è stato chiaro: il reddito di cittadinanza si farà ma senza aumentare il deficit bensì spostando spese del passato. I numeri che non tornano e che secondo Di Maio sarebbero stati scritti dalla «manina» dei poteri forti, sono quelli presenti nella relazione tecnica che accompagna il decreto Dignità bollinato dalla Ragioneria di Stato e che evidenzia un dato: con l'entrata in vigore del decreto si perderanno ben 8.000 posti di lavoro. «Quel numero, che per me non ha alcuna validità, è apparso la notte prima che il dl venisse inviato al Quirinale. Non è un numero messo dai miei ministeri o altri ministri». La verità è che, denuncia il vicepremier in un video su Facebook, «questo decreto Dignità ha contro lobby di tutti i tipi». Nella relazione si spiega che, tra gli effetti derivanti dalla riduzione del limite massimo di durata dei contratti a tempo determinato, sarebbero 8.000 all'anno le persone che resterebbero senza lavoro, perché senza rinnovo contrattuale. Il conto è presto fatto, considerando il numero annuo di contratti a tempo determinato attivati (al netto dei lavoratori stagionali, agricoli e p.a. e compresi i lavoratori somministrati) pari a 2 milioni, di cui il 4% (80.000) supera la durata effettiva di 24 mesi e il numero di soggetti che non trova altra occupazione dopo i 24 mesi pari al 10% degli 80.000 cioè 8.000». Insomma, secondo questi calcoli, il 10% degli 80.000 contratti superiori ai 24 mesi non verrebbero rinnovati e dunque si perderebbero. E Di Maio non ci sta: «Quel numero per me non ha nessuna validità, perché nessuno ha spiegato davvero cosa significava. Perché nella relazione non c'è scritto quanti contratti a tempo indeterminato nasceranno? È questo che mi lascia veramente perplesso, perché questo decreto ha contro lobby di tutti i tipi. Non mi spaventa, noi siamo stati abituati a cose peggiori contro il Movimento. Ma tutti devono sapere che questo decreto non è stato fatto per aumentare la disoccupazione ma per incentivare il tempo indeterminato». Ma se, come dice il ministro dello Sviluppo economico, la relazione col numero incriminato non è opera dei ministri, potrebbe essere opera di un complotto contro il governo attraverso il suo decreto? Quindi opera di «serpi in seno» agli stessi ministeri dove, peraltro, gran parte degli staff operativi sono persone scelte dai precedenti governi di centrosinistra di Gentiloni e Renzi. E qui parte la vendetta grillina. Secondo l'agenzia Adnkronos, quella cifra inserita nella relazione tecnica avrebbe spinto i piani alti del Movimento a «fare pulizia» in Ragioneria dello Stato e al ministero dell'Economia «togliendo dai posti chiave chi mira a ledere l'operato del governo e del M5s in particolare». Nel mirino ci sarebbero uomini vicini al Pd e alla squadra dell'ex ministro del Tesoro Pier Carlo Padoan. «Quel che è accaduto è gravissimo», dicono dal M5s, «non possiamo ammettere che vengano fatte delle porcate simili. Abbiamo bisogno di persone di fiducia, non di vipere in posti chiave del Mef e della Ragioneria». Pronta la risposta da Via XX Settembre: «Le relazioni tecniche sono presentate insieme ai provvedimenti dalle amministrazioni proponenti, così anche nel caso del decreto Dignità, giunto al Mef corredato di relazione con tutti i dati. La Ragioneria generale dello Stato prende atto dei dati riportati nella relazione per valutare oneri e coperture». E da Matera (dove si voterà per la regione Basilica), Di Maio sembra aprire alla possibilità di alleanze: «Sono in arrivo le nuove regole per le candidature, ma noi come M5s abbiamo sempre scelto di andare da soli». Vedremo se la linea cambierà.
Ilaria Salis e László Dudog (in foto piccola) Ansa
- Parla il militante di destra aggredito a Budapest insieme alla sua fidanzata dalla «banda del martello»: «Ci hanno assaltato in otto, colpendoci alle spalle. A distanza di anni mi fanno ancora male tutte le ossa».
- Le defezioni maggiori nelle rappresentanze degli altri Paesi. Forza Italia si difende. Tra le file della Lega manca il voto di Patriciello, ex azzurro, che quel giorno era malato.
Lo speciale contiene due articoli.
Donald Trump (Ansa). Nel riquadro il suo post pubblicato su Truth con cui ha annunciato il raggiungimento dell'intesa tra Israele e Hamas
Nella notte raggiunto l'accordo tra Israele e Hamas per il cessate il fuoco e la liberazione dei prigionieri. Il presidente americano: «Giornata storica». Le truppe israeliane lasceranno la Striscia, tranne Rafah. Guterres: «Tutti rispettino l’intesa».
È stato Donald Trump, poco prima dell’una italiana, ad annunciare il raggiungimento di un accordo tra Israele e Hamas per una tregua nella Striscia di Gaza e la liberazione degli ostaggi ancora in mano al gruppo islamista. «Sono molto orgoglioso di comunicare che Israele e Hamas hanno entrambi firmato la prima fase del nostro piano di pace», ha scritto il presidente americano su Truth, definendo quella di oggi «una giornata storica».
Secondo le prime ricostruzioni dei media israeliani, la firma ufficiale dell’intesa è prevista alle 11 italiane. L’accordo prevede il ritiro dell’Idf, l’esercito israeliano, da gran parte della Striscia di Gaza, con l’eccezione di Rafah, e il rilascio degli ostaggi sopravvissuti entro la fine del fine settimana, probabilmente tra sabato e domenica. Il piano, frutto di settimane di mediazione tra Stati Uniti, Qatar, Egitto e Turchia, stabilisce anche la liberazione di circa duemila detenuti palestinesi in cambio del rilascio dei prigionieri israeliani. Lo scambio dovrà avvenire entro 72 ore dall’attuazione dell’accordo.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha confermato la notizia in un comunicato del suo ufficio, parlando di «una conversazione molto emozionante e calorosa» avuta con Trump subito dopo l’annuncio. «I due leader si sono congratulati per lo storico risultato ottenuto con la firma dell’accordo per la liberazione di tutti gli ostaggi», si legge nella nota. Netanyahu ha ringraziato Trump «per la sua leadership e per gli sforzi a livello globale», ricevendo a sua volta le lodi del presidente americano per «la sua guida determinata». Trump, parlando poi con Axios, ha rivelato di aver ricevuto un invito ufficiale a recarsi in Israele. «Probabilmente nei prossimi giorni visiterò il Paese e potrei rivolgermi alla Knesset. Vogliono che tenga un discorso, e se lo desiderano, lo farò sicuramente», ha detto. E ha aggiunto: «Per raggiungere questo accordo si sono uniti gli sforzi di tutto il mondo, compresi Paesi ostili. È un grande risultato. La mia chiamata con Netanyahu è stata fantastica, lui è molto contento, e dovrebbe esserlo». In un altro messaggio pubblicato sui social, il presidente americano ha voluto ringraziare i mediatori regionali: «Tutte le parti saranno trattate equamente. Questo è un grande giorno per il mondo arabo e musulmano, Israele, tutte le nazioni circostanti e gli Stati Uniti d’America. Benedetti gli operatori di pace!».
Da Gaza, Hamas ha confermato la propria adesione, sottolineando che l’accordo «prevede la fine della guerra, il ritiro dell’occupazione, l’ingresso di aiuti e uno scambio di prigionieri». Il movimento islamista ha ringraziato «i mediatori di Qatar, Egitto e Turchia» e «gli sforzi del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che mira a porre fine definitivamente alla guerra». Hamas ha poi chiesto ai mediatori internazionali di «costringere Israele ad attuare pienamente i requisiti dell’accordo e a non permettergli di eludere o ritardare quanto concordato». Secondo la Bbc, resta invece fuori dall’intesa la richiesta di Hamas di includere nel piano lo storico leader palestinese Marwan Barghouti, la cui scarcerazione è stata respinta da Israele.
La notizia dell’accordo ha provocato scene di entusiasmo nella Striscia: i media israeliani riferiscono che migliaia di palestinesi sono scesi in strada a Gaza, tra clacson, canti e fuochi d’artificio, dopo l’annuncio del presidente americano. Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha accolto con favore la svolta: «Accolgo con favore l’annuncio di un accordo per garantire un cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi a Gaza, sulla base della proposta avanzata dal presidente degli Stati Uniti. Elogio gli sforzi diplomatici di Stati Uniti, Qatar, Egitto e Turchia nel mediare questa svolta disperatamente necessaria». Guterres ha poi invitato «tutti gli interessati a rispettare pienamente i termini dell’accordo», sottolineando che «tutti gli ostaggi devono essere rilasciati in modo dignitoso» e che «deve essere garantito un cessate il fuoco permanente».
Intanto, sui social, i familiari degli ostaggi hanno diffuso un video di ringraziamento rivolto a Trump: «Il presidente ce l’ha fatta, i nostri cari stanno tornando a casa», affermano alcuni di loro. «Non smetteremo di combattere finché non tornerà l’ultimo dei 48 ostaggi». Se i tempi saranno rispettati, la giornata di oggi potrebbe segnare la fine di una guerra durata quasi un anno, costata decine di migliaia di vittime e un drammatico esodo di civili. Un accordo che, nelle parole dello stesso Trump, «è solo il primo passo verso una pace forte e duratura».
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