2020-08-23
Di Maio stende i tappeti per Wang Yi. E guai a parlare del dossier sul 5G
Il ministro di Pechino arriverà a Roma martedì per ridare impulso alla Via della seta. Tensione su Huawei nell'esecutivo.Martedì il ministro degli esteri italiano, Luigi Di Maio, e il collega cinese, Wang Yi, faranno il punto a Roma per illustrare i motivi del tour europeo dell'esponente della diplomazia del Dragone. Innanzitutto, visti i criteri di accreditamento per i giornalisti, non sarà una conferenza stampa, ma un punto stampa. Il che significa che entrambe i ministri parleranno e poi sarà concesso qualche intervento di giornalisti, praticamente concordato. Il timore è che si possano fare domande scomode a Wang Yi su temi delicati come il 5G e gli investimenti della Cccc, China communications construction company, al porto di Trieste e Taranto. Il motivo della visita del diplomatico a Roma è infatti da ricondurre all'evento digitale che cadrà a metà settembre circa, quando il presidente Xi Jinping incontrerà online i colleghi dei principali Paesi Ue. Il tema è la ripartenza della Via della seta dopo il lockdown. Un progetto che in Italia, appunto, si basa sulle infrastrutture delle telecomunicazioni e dei porti. A Wang Yi a Roma, Farnesina, ministero dello Sviluppo economico e Mef non vogliono certo fare andare di traverso l'abbacchio. Ad esempio in queste ore siti internet storicamente considerati atlantisti stanno cercando di smontare la portata del Dpcm del 7 agosto con cui Giuseppe Conte e Stefano Patuanelli hanno autorizzato l'uso di tecnologia Huawei da parte di Tim in almeno 9 regioni. Fallito il tentativo di tenere all'oscuro gli italiani di una scelta politica di tale importanza (ammantata da atto amministrativo nella forma ineccepibile), metà governo sta cercando di confondere le acque e chi meglio di siti che si dichiarano da anni filo Usa per costruire lo storytelling.Per quanto riguarda i grandi giornali c'è poco da dire: di questi temi non si occupano e lì gli atlantisti, se ancora ne sono rimasti, fanno fatica ad alzarsi dai salotti così comodi. D'altronde molti di questi frequentano con disinvoltura eventi organizzati dalla Casaleggio e associati dove l'ospite d'onore è proprio l'elefante che nessuno vuole vedere: Huawei. Basti pensare a quello dello scorso 14 novembre, durante il quale si è parlato di smart company, intervistando 350 aziende su temi che vanno dall'intelligenza artificiale, alla blockchain, fino alla robotizzazione e al 5G. Presenti anche le big della Silicon valley, ma il primo a salire sul palco è stato Thomas Miao, numero uno di Huawei in Italia. Al tempo stesso martedì si capirà meglio quali messaggi Wang Yi ha portato con sè soprattutto per i 5 stelle. Sul tema dei porti, il Copasir ieri ha aperto un fronte. Tramite le parole del vicepresidente Adolfo Urso ha avviato il controllo delle attività e degli equilibri azionari e concessionari. Sul 5 G, il redde rationem che Conte da troppo tempo sta cercando di rimandare rischia di avvicinarsi. Secondo le indiscrezioni raccolte dalla Verità, quando lo scorso 7 agosto in sede di cdm i ministri dem, Lorenzo Guerini e Vincenzo Amendola, si dono dissociati, hanno anche posto la necessità di un Consiglio dei ministri chiarificatore. Obiettivo è scegliere lo schieramento.La parte del Pd che rappresenta Guerini non ha dubbi: con la Nato e con le potenze occidentali. Il resto del Pd fino ad ora non ha preso una posizione precisa né avviato una conta. Massimo D'Alema, che ha grandissima influenza sopratutto dalle parti di via XX settembre, sceglierebbe la Cina, ma molti dem non lo considerano un rappresentante del Pd. Non sbagliano: D'Alema resta un diessino. Ma questo gli fornisce ancor più potere in questo momento. È però molto difficile che su un tema come questo il Pd si possa spaccare rischiando una crisi di governo. Molto più facile che usino le pressioni internazionali (quelle degli Stati Uniti) per indebolire il partner (ma sempre avversario) grillino. E ribaltare su di lui scelte pro Pechino. Certo, il brodo non si può allungare all'infinito. Abbiamo perso il 90% della nostra influenza in Libia, costretti a trasferire l'ospedale di campo di Misurata per far spazio alle truppe di Erdogan. Non siamo stati in grado di tenerci stretta la relazione con il governo di Tripoli, né siamo stati in grado di costruire un rapporto preferenziale con Khalifa Haftar, il capo della Cirenaica. Salvo poi cercare un nuovo partner al Cairo, cui - speriamo - vendere delle fregate - ma del quale il governo si vergogna e che continua ad accusare in relazione al tema dei diritti umani.In questa macedonia di confusione, Gran Bretagna e Stati Uniti aiuterebbero a trovare la bussola. Invece, come si evince dal cdm del 7 agosto, non esiste un vero governo. Ogni ministero va per conto proprio e risponde a logiche geopolitiche e interessi diversi. Sarebbe da chiedere al Colle di imporre un po' di chiarezza, ma temiamo di scoprire quale strada diplomatica ha in mente.