2023-05-25
DeSantis si candida alle presidenziali e sfida Trump con l’assist di Musk
Il governatore della Florida annuncia su Twitter la discesa in campo per le primarie. Ora dovrà vedersela con il tycoon, rinvigorito dall’incriminazione. Dalla sua però ha grande seguito per le battaglie anti gender. L’alternativa a The Donald è stata una spina nel fianco di Joe Biden su virus e migranti. Ed è in prima fila contro l’indottrinamento liberal nelle scuole e la censura su Internet.Lo speciale contiene due articoli.Ron DeSantis si è candidato alla nomination presidenziale repubblicana del 2024. A renderlo noto è stato lui stesso alla mezzanotte italiana durante una conversazione con Elon Musk su Twitter Spaces. Quando La Verità è andata in stampa ieri sera, l’annuncio non era ancora avvenuto. Tuttavia era stato confermato in anticipo da Fox News, Nbc e Cnn. D’altronde, non era un mistero che il governatore della Florida nutrisse ambizioni presidenziali. E adesso è pronto a diventare il principale contendente di Donald Trump, che, candidatosi lo scorso novembre, è tornato ieri ad attaccare DeSantis, definendolo «sleale». Il numero di partecipanti alle primarie repubblicane sta quindi crescendo. Venerdì, si era candidato il senatore Tim Scott, mentre nei mesi scorsi erano scesi in campo l’ex ambasciatrice all’Onu Nikki Haley, l’imprenditore Vivek Ramaswamy e l’ex governatore dell’Arkansas, Asa Hutchinson. È inoltre atteso a breve un annuncio da parte dell’ex vicepresidente, Mike Pence, mentre continuano a riconcorrersi voci di una candidatura del governatore della Virginia, Glenn Youngkin. Per il momento, è Trump a dominare la scena. Dopo un periodo di difficoltà seguito alle ultime midterm, l’ex presidente sembra aver beneficiato dell’incriminazione subita a fine marzo: da allora è tornato a salire nei sondaggi e la sua raccolta fondi si è impennata. Del resto, proprio l’incriminazione ha ridotto finora i margini di manovra dei suoi rivali interni attuali e potenziali. Fatta eccezione per Hutchinson (profilo politicamente debole, che porta avanti una candidatura apertamente antitrumpista), tutti gli altri si sono affrettati a difendere l’ex inquilino della Casa Bianca dal procuratore distrettuale di Manhattan, Alvin Bragg. Non è forse un caso che DeSantis, apparso in grande spolvero nei sondaggi tra novembre e gennaio, abbia iniziato a faticare a seguito dell’incriminazione. Ed è dunque qui che emerge la grande sfida della sua candidatura. Il governatore ha molte carte da giocarsi. È l’unico a disporre di un carisma in grado di contrastare quello di Trump. Inoltre, rispetto a quest’ultimo, è molto più giovane e senza zavorre giudiziarie. Non solo. DeSantis è stato trionfalmente rieletto a novembre e ha contribuito a trasformare la Florida, uno Stato da sempre in bilico, in un feudo repubblicano. E proprio il «modello Florida» costituisce un punto di forza per il governatore, che ha intenzione di proporre a livello nazionale le ricette da lui finora adottate sul piano statale. Che DeSantis abbia le carte in regola per farcela è testimoniato anche dal fatto che, tra inizio marzo e inizio aprile, un suo Super Pac ha rastrellato 30 milioni di dollari. Il fatto stesso che Musk abbia tenuto a battesimo la sua candidatura lascia intendere che il proprietario di Twitter possa presto schierarsi ufficialmente con lui. Il che rappresenterebbe un notevole vantaggio mediatico e politico per DeSantis: Musk è oggi molto apprezzato da ampi strati dell’elettorato repubblicano e, sebbene pochi giorni fa abbia elogiato Tim Scott, a novembre aveva espresso l’intenzione di sostenere il governatore della Florida. Eppure, il grosso punto interrogativo che aleggia sulle primarie repubblicane è quello della capacità di attrarre il voto degli elettori indipendenti, senza cui arrivare alla Casa Bianca è impossibile. Chi ha più chance tra Trump e DeSantis su questo fronte? A prima vista, molti pensano che l’ex presidente non sia adatto ad attrarre gli elettori indipendenti. In parte, è così. Trump è un nome divisivo che, in alcuni casi, allontana anziché attirare. Eppure va detto che, al momento, l’ex presidente è l’unico che sta conducendo una campagna ideologicamente trasversale, per coprire il Partito repubblicano sul fronte dei diritti sociali: si pensi alla sua difesa del programma sanitario Medicare o del programma previdenziale Social security. Si tratta di una strategia con cui Trump punta a conquistare i colletti blu della Rust Belt. DeSantis, dal canto suo, si è finora espresso poco sui temi sociali (probabilmente per non alienarsi le simpatie delle frange più ortodosse del Gop). Ha invece scommesso molto sul contrasto all’ideologia woke, battendosi contro l’indottrinamento liberal nelle scuole e contro le ingerenze progressiste di Disney nella legislazione della Florida. Una strategia questa che gli consente di posizionarsi bene rispetto agli elettori delle primarie, ma che non è ancora detto possa aiutarlo troppo alla General election. Tradizionalmente gli elettori indipendenti non sono interessati alle cosiddette «guerre culturali». Ragion per cui DeSantis dovrà sbrigarsi ad allargare il ventaglio dei suoi cavalli di battaglia, se vuole essere competitivo per la Casa Bianca. Infine, attenzione a Rupert Murdoch: secondo il sito Axios, il fatto che DeSantis abbia annunciato la discesa in campo sulla piattaforma di Musk anziché su Fox potrebbe essere letto come una stoccata all’impero mediatico del magnate. Del resto, se a novembre quest’ultimo era sembrato puntare sul governatore, i rapporti tra i due hanno iniziato a scricchiolare, dopo che DeSantis definì la guerra in Ucraina una «disputa territoriale» (salvo poi fare marcia indietro). Senza trascurare che il siluramento di Tucker Carlson dalla Fox ha creato non poco malumore tra gli elettori conservatori: circostanza di cui DeSantis potrebbe aver tenuto conto. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/desantis-si-candida-alle-presidenziali-2660614939.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="il-nemico-di-disney-e-dei-big-del-web" data-post-id="2660614939" data-published-at="1685023494" data-use-pagination="False"> Il nemico di Disney e dei big del Web La discesa in campo di Ron DeSantis può sparigliare le carte nella campagna elettorale per le primarie repubblicane del 2024. Ma chi è esattamente il governatore della Florida dal punto di vista politico?Entrato per la prima volta alla Camera dei rappresentanti nel 2013, DeSantis fu tra i fondatori, due anni dopo, del gruppo parlamentare di repubblicani ultraconservatori, Freedom caucus. Con l’avvio dell’amministrazione Trump, divenne uno stretto alleato dell’allora presidente americano, difendendolo a spada tratta contro l’inchiesta sul cosiddetto Russiagate, condotta dal procuratore speciale Robert Mueller. Fu in questo clima di convergenza politica che, a dicembre 2017, Donald Trump diede il suo endorsement a DeSantis nel corso della sua prima campagna elettorale per diventare governatore della Florida. E così, alle elezioni governatoriali del 2018, DeSantis riuscì a ottenere la vittoria (per quanto sul filo del rasoio). Alla guida del Sunshine State, il diretto interessato ha portato avanti una linea politica conservatrice che lo ha reso in breve tempo un punto di riferimento in seno al Partito repubblicano. Sul fronte pandemico, si è schierato contro l’obbligo vaccinale e delle mascherine, adottando un approccio antitetico a quello restrittivo dell’amministrazione Biden. Inoltre, per quanto sia stato suggerito da qualcuno il contrario, DeSantis non è un no vax: non solo si è vaccinato contro il Covid ma, a luglio 2021, esortò anche i cittadini della Florida a fare altrettanto. Un altro cavallo di battaglia del governatore è il contrasto alla censura attuata dai big del Web: a maggio 2021 firmò in tal senso una legge che vietava alle piattaforme social di sospendere gli account di candidati politici statali. DeSantis ha inoltre messo nel mirino l’indottrinamento liberal nelle scuole. Era infatti aprile 2022, quando siglò una legge che vietava ai docenti di insegnare contenuti legati alla cosiddetta Critical race theory: un insieme di teorie sociologiche di matrice marxista che mira a reinterpretare la storia nell’ottica dell’oppressione razziale. Non solo. A marzo di quell’anno, proibì anche che nelle scuole pubbliche di grado inferiore venissero trattati temi come l’identità di genere: una misura che gli attirò le critiche di Disney. Da allora il governatore ha avviato un serrato duello con il colosso dell’entertainment: prima gli ha revocato lo status speciale di cui godeva in Florida e poi ha messo suoi alleati nel board locale della compagnia. Ne è scaturito un contenzioso legale che è ancora in corso. DeSantis è inoltre un aspro critico delle politiche migratorie dell’amministrazione Biden e, due mesi fa, ha siglato una legge piuttosto severa contro i clandestini. Infine, il governatore si è anche occupato di aborto: lo scorso aprile, ha firmato una norma statale che vieta l’interruzione di gravidanza dopo le sei settimane di gestazione (salvo eccezioni per la salute della donna o nei casi di incesto e stupro). Alle elezioni di novembre, De Santis è stato trionfalmente rieletto con quasi 20 punti di vantaggio. In Florida è molto popolare e anche a livello nazionale ampi strati del Partito repubblicano lo apprezzano. Ciononostante, nel corso dell’ultimo anno e mezzo, è entrato in conflitto con Trump, che ne ha sempre temuto le ambizioni presidenziali e che si è pertanto rifiutato di rinnovargli l’endorsement nel 2022. Dall’altra parte, secondo Politico, una parte importante nell’ascesa di DeSantis sarebbe dovuta alla moglie, Casey, che sembra essere piuttosto influente nella ristretta cerchia politica del governatore e che potrebbe quindi giocare un ruolo determinante nella campagna presidenziale da lui appena avviata.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
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