2020-06-25
La deputata pd alla coop migranti: «Datemi braccia per le elezioni»
Intercettata dagli inquirenti la sprezzante richiesta di Elena Carnevali al presidente della Ruah. Il quale si precipita ad accontentarla mandandole quattro «esseri umani». E poi incassa i soldi del lavoro fatto da loro.La gestione dei profughi della provincia lombarda fu dipinta da giornali e politici dem come un'eccellenza a cui ispirarsi.Lo speciale contiene due articoli.È il 24 febbraio del 2018, ma nonostante fuori sia inverno il clima è rovente. Fra pochi giorni, il 4 marzo, ci sono le elezioni. I politici, sfiancati, corrono gli ultimi metri di campagna elettorale, quelli in cui ci si gioca il tutto per tutto. Alle 18.21 squilla il cellulare di Bruno Goisis, dal 2009 presidente della Cooperativa bergamasca Ruah. A chiamare è Elena Carnevali, deputata del Pd, anche lei bergamasca, e in corsa per essere rieletta. I due si conoscono da tempo, come vedremo, ma ovviamente la signora non sa che il telefono di Goisis è sotto controllo. I carabinieri lo stanno intercettando nell'ambito di una grossa inchiesta sulle cooperative di Bergamo che si occupano di ospitare migranti. Le indagini in questione sono iniziate nel 2017, e pochi giorni fa sono sfociate in un terremoto giudiziario che ha coinvolto un'ottantina di persone, ha portato a tre arresti (tra cui quello di padre Antonio Zanotti, 73 anni, fondatore della cooperativa Terra Promessa) e all'emissione di 38 avvisi di garanzia. Tra gli indagati c'è anche Goisis, che dal 1991 è in prima linea sul fronte dell'accoglienza. Tra i reati ipotizzati per lui c' è pure l'associazione a delinquere. Gli investigatori, infatti, sono convinti che facesse parte di una sorta di «sistema Bergamo» che sfruttava i profughi per fare soldi. Saranno i giudici a stabilire quanto ci sia di vero. Certo è che la coop di Goisis, la Ruah, negli anni è diventata un colosso. Nel 2017 gestiva circa 1.600 richiedenti asilo, e dichiarava 9 milioni di euro di fatturato, con un utile di 284.000 euro. Comprensibile che un'entità del genere a Bergamo avesse parecchio peso. Ma torniamo al 24 febbraio del 2018. La Carnevali non ha tempo da perdere al telefono, e va subito al sodo: «Ciao, senti», dice a Goisis, «ho un'urgenza e ho bisogno di chiederti una mano in questo senso, eh, tu riesci a darmi la disponibilità di avere tre, tre braccia, cioè tre o quattro esseri umani domani, un paio di ore, che mi aiutano ad imbustare poi io i soldi li do a te ci pensi tu a trovare il modo...».Braccia, esseri umani? Ma di che cosa sta parlando la Carnevali? Lo spiegano gli inquirenti nelle carte dell'inchiesta sulle coop bergamasche. Le intercettazioni, scrivono gli investigatori, «evidenziano gli illeciti posti in essere da Goisis in relazione all'impiego lavorativo di migranti su ingaggio dell'onorevole Carnevali Elena. Nel dettaglio, in prossimità della scadenza delle elezioni politiche indette per il 04.03.2018, Goisis Bruno veniva contattato dalla deputata che gli richiedeva l'impiego di tre o quattro persone con mansioni di confezionamento, stampa e volantinaggio di manifesti elettorali». Tutto chiaro? La deputata Pd telefona al capo della coop Ruah e gli chiede di inviarle delle «braccia» per imbustare i volantini elettorali. Poi, forse ricordando la celebre frase dello scrittore Max Frisch («Volevamo braccia, sono arrivati uomini»), la Carnevali precisa che le servono «esseri umani», cioè migranti e richiedenti asilo da mettere al lavoro. Goisis non si fa pregare: «Sì, non ti preoccupare, dove?», risponde. La Carnevali gli spiega i dettagli: «Allora, se puoi, se possiamo, dalle tre alle sei in federazione al Pd, prendiamo un po' di ragazzi che non sanno magari eh, e poi io il contributo economico lo do a te, te lo do nella formula...». Gli stranieri sono gente brava, specifica il capo della cooperativa, vengono da Casa Amadei, un Cas. A quanto sembra, l'onorevole democratica è intenzionata a lasciare alla coop un contributo in qualche forma. Ma Goisis pare proprio deciso a non farsi pagare. Il 26 febbraio, i due si sentono di nuovo: Carnevali: «[...] Vi lascio 200?» Goisis: «A chi?» Carnevali: «Te lo vedi tu? A te da dare ai ragazzi». Goisis: «No, non funziona così, onorevole non funziona così, tu non preoccuparti, tu fagli fare le cose che servono poi ci vediamo».Carnevali: «S', ma io ho capito, mi devi fare non so un qualcosa, non so, vabbè». Goisis: «Allora, sono miei dipendenti, punto».Carnevali: «Sono tuoi dipendenti, quindi cosa fa, là Alessandro Redondi (commercialista Pd e presidente Azienda trasporti Bergamo, ndr) chiama te e vi arrangiate voi due?» Goisis: «Brava, ci arrangiamo noi due». Al telefono con il commercialista del Pd, Goisis ribadisce il concetto: a lui non interessa che i richiedenti asilo siano pagati. A lui importa che l'amica Elena «faccia la deputata», cioè che sia rieletta. Lo ripete più volte: «Quando vince le elezioni, fa eh... ha vinto e ritorna a stare a Roma, punto!». Poi specifica che «ai ragazzi», cioè ai migranti, non devono essere dati soldi. Anche grazie al lavoro degli stranieri, la campagna elettorale finisce bene per la Carnevali. «Dopo le elezioni», scrivono gli inquirenti, «alla fine del mese marzo, Carnevali chiamava quindi Goisis al quale manifestava la volontà di sdebitarsi in relazione all'impiego in mansioni lavorative dei quattro migranti inviati presso la sede del Pd di via San Lazzaro. Goisis riferiva di sdebitarsi attraverso un bonifico bancario sotto forma di erogazione liberale con la causale “Progetto in Senegal". Di fatto quindi i migranti/ richiedenti asilo non percepiranno alcuna retribuzione per il lavoro svolto». Il 30 marzo 2018, infatti, la Carnevali chiama Goisis per risolvere la questione economica. Carnevali: «[...] Sono rimasti lì in quattro, han fatto, cos'erano, due o tre ore...» [...] Goisis: «Due ore in quattro, sono otto ore, sono 70, 80 Euro ma non di più, cioè non... noi in genere diamo...» Carnevali: «A testa?» Goisis: «Ma no!» Carnevali: «Ah in quattro!». Goisis: «Per tutti e quattro, si! Per tutti e quattro!» Carnevali: «Eh, ma io ascolta, io posso trasferire 150 euro, c'è un conto corrente che posso fare come donazione all'associazione?» Goisis: «Te lo faccio mandare, sì». Il finale della storia lo ricostruiscono gli inquirenti. «Nell'ambito delle indagini patrimoniali connesse al presente procedimento penale è emerso infine che effettivamente in data 10.04.2018, su uno dei conto correnti riconducibili alla Ruah, veniva accreditata la somma di euro 150 dalla segreteria dell'onorevole Carnevali con la causale “Erogazione liberale per Orto Botanico"». I richiedenti asilo hanno lavorato per la campagna elettorale Pd, non sono stati pagati, e la coop Ruah ha preso 150 euro. Ma per una buona causa: la Carnevali, oggi, è in Parlamento...<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/deputata-del-pd-alla-coop-dei-migranti-servono-braccia-per-i-nostri-volantini-2646256619.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="il-sistema-bergamo-era-presentato-come-modello" data-post-id="2646256619" data-published-at="1593032808" data-use-pagination="False"> Il «sistema Bergamo» era presentato come modello Le conversazioni telefoniche tra la deputata del Pd, Elena Carnevali e Bruno Goisis, presidente della cooperativa Ruah, ora indagato, svelano la contiguità politica tra i due mondi: quello democratico e quello della gestione dell'accoglienza. Il rapporto fra i due - senz'altro basato sulla condivisione di idee precise in materia di immigrazione - durava da qualche anno. Nel 2016, la Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza e di identificazione, organizzò un'audizione a Bergamo, e convocò «il direttore della Caritas, don Claudio Visconti, il responsabile della Cooperativa Ruah, Bruno Goisis, e il responsabile della Cooperativa sociale Rinnovamento Onlus, Giovanni Trezzi», tutti coinvolti a vario titolo nell'attuale inchiesta. A quell'audizione era presente anche Elena Carnevali, che prese la parola dopo i vari responsabili delle coop ed espresse immediatamente il suo apprezzamento: «Innanzitutto, ringrazio voi e i vostri operatori per quello che state facendo», disse. «Credo che l'audizione di oggi abbia anche dato la possibilità di cogliere questa peculiarità. Non lo faccio per tifoseria, ma perché avete cercato di fare non solo una buona accoglienza, ma di strutturare un sistema. Credo che questo sia particolarmente apprezzabile nelle fatiche che avete registrato, quindi vi rivolgo una preghiera perché il ringraziamento arrivi a tutti i collaboratori, oltre che a voi». In realtà, il «sistema» messo in piedi dalle varie coop bergamasche è proprio quello che ha portato alla gigantesca indagine dei carabinieri. Ma Bergamo, per parecchio tempo, è stata presentata dai giornali come una realtà a cui ispirarsi. Nel 2017, ad esempio, La Stampa pubblicò un lungo reportage che presentava come «esempio» la gestione dei profughi fatta nella provincia lombarda. Tra gli intervistati, manco a dirlo, comparivano sia Bruno Goisis sia Elena Carnevali. Nello stesso anno, i due erano insieme alla grande festa organizzata dalla Ruah per il «Laboratorio Triciclo» di Bergamo. Ancora oggi, la parlamentare Pd sembra pronta a difendere con le unghie quel «modello» di gestione dell'immigrazione. Nei giorni scorsi, dopo che l'inchiesta sull'accoglienza è finita sui giornali, Matteo Salvini ha attaccato duramente il sindaco bergamasco, Giorgio Gori, e le coop locali. La Carnevali gli ha risposto con furia, tramite una nota firmata pure da Maurizio Martina. «Che Salvini utilizzi per fini strumentali qualsiasi cosa, piegandola alla sua propaganda di giornata, è cosa ormai nota», hanno scritto i due. «Lo fa sempre, senza il senso del limite e lo fa anche con Bergamo in queste ore. Abbia rispetto della magistratura sempre, non solo quando gli fa comodo. E abbia rispetto di realtà come la Caritas che è impegnata ogni giorno sulla frontiera difficilissima del sostegno ai più deboli. Non tutto può essere distorto per beceri fini politici». Se in tutta questa storia c'è qualcosa di distorto, però, è esattamente il sistema di accoglienza bergamasco. Un «modello da seguire» che è stato seguito parecchio, specialmente dalle forze dell'ordine.