2025-03-26
«Basta Me too: è stato demenziale». Il caso Depardieu piega le femministe
L’attore, accusato di molestie, si difende: «Sono troppo vecchio e grasso per palpare una donna». Intanto «La Stampa» riscopre il garantismo e molla il movimento che un tempo celebrava: «È morto e sepolto».Contrordine, compagne: il Me too era «demenziale». Ce lo spiega La Stampa, cioè lo stesso giornale che, tre anni fa, ospitava un contributo di Michela Marzano: «Grazie Me too, ci hai insegnato a dire “sì” e “no”». Nel 2022, la filosofa del Pd sottolineava che, al di là delle polemiche su un movimento che pur rischiava di impedire all’uomo «ogni forma di corteggiamento, sterilizzando definitivamente il desiderio», il valore di quella martellante campagna ideologica stava «nell’averci tutte costrette a interrogarci sui limiti e le potenzialità del consenso». A quanto pare, va ancora avviata una riflessione sui limiti e le potenzialità della coerenza. Tant’è che adesso, mentre in Francia si celebra il processo per molestie a Gérard Depardieu, il quotidiano torinese sentenzia che il Me too si basava «su un principio demenziale: credi alle donne, ti credo sorella, credi alla vittima».Assia Neumann Dayan, nel commentare la disavventura che coinvolge l’attore transalpino, liquida come «morto e sepolto» il tumulto delle femministe radicali. Lo definisce «privo di qualunque visione», tanto da essersi trasformato nel «nuovo maccartismo morale». «Necessario», sì, però alla stregua del «Terrore» giacobino, o della «scoperta del plutonio». Al posto della quale è diventata urgente, semmai, una riscoperta: quella del garantismo. «Depardieu», si legge nell’editoriale, «deve essere processato anche se è un uomo sgradevole». E qualora venisse condannato, dovrà esserlo «per fatti accertati e non perché un movimento dice che gli uomini sono tutti colpevoli e quindi tanto vale buttare la chiave. La presunzione di innocenza richiede uno sforzo che siamo tutti in grado di fare». Ad esempio, lo sforzo di leggere la Costituzione italiana, o la più generale Dichiarazione dei diritti umani, che le attiviste galvanizzate dal linciaggio di Harvey Weinstein non avevano certo compiuto.Sull’archiviazione del Me too ha pesato l’uso strumentale che ne hanno fatto le eroine del jet set. A cominciare da Amber Heard ai danni di Johnny Depp. «L’ultimo chiodo nella bara» del movimento, ipotizza La Stampa, «sarà la causa intentata da Blake Lively», protagonista di Gossip girl, «contro Justin Baldoni», nella quale si assiste persino a un ribaltamento delle asimmetrie di potere cui, di solito, si appellavano le fustigatrici del patriarcato. «In questo caso», argomenta in effetti Neumann Dayan, «la sproporzione tra le parti, cioè tra la star interplanetaria Lively e il regista semisconosciuto Baldoni, è evidente». In Italia avevamo avuto un assaggio con la vicenda di Fausto Brizzi, messo in croce per presunti abusi e poi archiviato «perché il fatto non sussiste». Il risultato è che ormai, come riconosce il foglio degli Elkann, «le persone non sono più così bendisposte a credere alla donna in quanto donna». Meno male: nonostante le vibranti picconate delle femministe, alcune troppo militanti e altre troppo furbe, i fondamenti della civiltà giuridica hanno resistito.Ieri, intanto, Depardieu è stato interrogato al tribunale di Parigi: è impelagato in un procedimento in cui due assistenti alla scenografia e alla regia, Amélie e Sarah, lo accusano di averle palpeggiate e di aver rivolto loro frasi a sfondo sessuale, durante le riprese di una pellicola nel 2021. Già lunedì, l’avvocato dell’attore aveva deplorato l’inchiesta, a suo avviso «condotta in modo molto approssimativo» dalla Procura. Ai pubblici ministeri, il legale ha attribuito nientemeno che «metodi staliniani». Chissà: sulla scia del caso Pelicot (la donna che il marito, ora indagato pure per un omicidio, drogava e lasciava stuprare da altri uomini), in Francia si stanno consumando le ultime fiammate del Me too, tumulato dai progressisti nostrani?«Certo che parlo»: Depardieu, in aula, non ha rinunciato a dare spettacolo. Alle doglianze della collaboratrice che gli rinfacciava di aver utilizzato parole «oscene», l’ex candidato all’Oscar ha risposto con la consueta teatralità: «Cosa vuol dire oscene? Volgari? Sì, mi succede di dire: “Dai, figa! Andiamo…”». Pure sul set. «Qualche volta me lo dico anche da solo». L’uomo col naso più iconico del mondo, però, ha dovuto ammettere di aver avuto un contatto fisico con una delle accusatrici: «L’ho chiamata: “Vieni, vieni”. Le ho detto: “Perché mi menti? Perché non mi hai detto di essere una assistente?”. Mi sono scaldato, scaldato, sempre di più. L’ho presa per le anche. Afferro l’anca per non scivolare, perché ero infastidito dal suo comportamento». L’attore ha garantito di aver soltanto rimproverato Amélie, poiché l’allestimento della scena che bisognava girare non era stato approntato. Nessuna mano morta, ha giurato. «Non vedo per quale motivo io mi divertirei a palpare una donna, delle natiche, dei seni. Non sono mica un palpeggiatore in metropolitana», ha concluso Depardieu. «Non vado in giro a divertirmi a 76 anni e 150 chili… Non mi piaccio abbastanza per mettere una mano sul sedere a qualcuno». Per fortuna, la verità dovrà stabilirla un magistrato esaminando prove concrete, anziché il tribunale delle femministe in nome della legge dei sospetti.
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