2021-11-05
Se l’Occidente non torna a fare figli dica addio a ripresa e tutela del clima
Gli obiettivi di G20 e Cop26 non sono conciliabili se non si rimette l'uomo al centro.Sabino Cassese (sul Corriere della Sera del 2 novembre) riferendosi alla conclusione del G20, definita «di successo», si chiede forse con sottile ironia se il successo consista nel saper sognare («È un successo sognare?»). Perché le conclusioni del G20 possono esser considerate solo sogni? Perché gli obiettivi del G20, ripresi nella Cop26 di Glasgow (dove 26 indica il numero dell'edizione della conferenza sul clima, che quest'anno vede la partecipazione di più di 190 paesi, tranne i due più importanti per il tema trattato: Cina e Russia), sono inquinati e compromessi da una «tainted source» (fonte contaminata) che si riferisce alla valutazione del valore di dignità superiore dell'essere umano in questo sogno. Essere umano che appare troppo spesso essere subordinato ad ambiente e sviluppo economico. E questa è la prima e maggiore «insostenibilità». Se il valore della vita umana non è prioritario, il resto si liquefà, si scioglie, come i ghiacciai. Gli obiettivi del G20 e quelli della Cop26 pretendono di conciliare due obiettivi difficilmente conciliabili: la crescita economica e la protezione (allarmista) assoluta e prioritaria dell'ambiente. Dimenticando un terzo obiettivo disconosciuto e per taluni imbarazzante: il valore della vita umana e l'esigenza di natalità in Occidente per l'equilibrio globale. Questo valore è irriso in una cultura occidentale neomalthusiana che vede persino nelle nascite la causa prima dello sfruttamento del pianeta e non sembra invece comprendere che lo sfruttamento del pianeta è originato proprio dalle conseguenze della non natalità occidentale. E il contesto multilateralista, dove metà del pianeta non è d'accordo con l'altra metà, aggrava ancor più la conciliabilità degli obiettivi di G20 e Cop26. Mi domando se alla Cop26 sia stato invitato a dare un contributo anche il professore Guus Berkhout, geofisico olandese, membro della Reale accademia delle scienze olandese e fondatore della Climate intelligence foundation, che con altri 500 scienziati di tutto il mondo riconosce il problema ambientale, ma nega l'urgenza catastrofista apocalittica, ridimensionandola e spiegandola scientificamente. O mi domando se alla Cop26 sia stato invitato quale osservatore il nostro professor Antonino Zichichi che, riferendosi al riscaldamento globale, ricorda che le attività umane impattano i cambiamenti climatici solo per un 5% mentre il 95% è attribuibile ai fenomeni solari, che ci sono sempre stati ciclicamente. Chi è stato invece certamente invitato alla Cop26 è Al Gore (vicepresidente degli Usa con Clinton), il quale nel 2008, proprio alla conferenza Cop15, spiegava che entro il 2013 sarebbe scomparsa la calotta polare. Al Gore ha lo stesso fiuto previsionale di Paul R.Ehrlich (biologo ambientalista, autore della «bibbia» neomalthusiana The population bomb), che nel 1970 annunciava che, grazie alla crescita di popolazione, entro il 2000 in Cina sarebbero morte di fame centinaia di milioni di persone.In realtà la calotta polare non è proprio scomparsa, si sarebbe solo modificata entro la sua seconda deviazione standard (fonte: Ice data center, University of Colorado, 2018). Così come in Cina non è morto nessuno di fame, anzi. In più nel 2020 (durante il lockdown, per effetto della pandemia) abbiamo assistito ad un crollo delle emissioni di CO2 tanto che il Corriere della Sera del 2 marzo scriveva che mai erano state così basse dalla fine della seconda guerra mondiale, spiegando: «Come se i gas serra fossero spariti».In pratica sono sparite 2 miliardi di tonnellate di anidride carbonica, come se tutta la Ue avesse cessato di inquinare. Il sogno o speranza per il futuro del pianeta e dell'uomo non sembrerebbe poi dipendere tanto dagli accordi della Cop26, quanto da due fattori chiave. Il primo è quando finirà l'allarme per la pandemia di Covid. La presidente della Bce, Christine Lagarde, ha dichiarato che «la Bce continuerà ad aiutare l'economia della zona euro finché le ricadute della pandemia restano». Ciò significa che le ricadute della pandemia, i suoi tempi e modi, saranno decisive per i sostegni economici nei prossimi tempi e potranno esser brevi o lunghi, ma imprevedibili. Il secondo fattore consiste pertanto nella quantità di risorse in sostegno alle economie che sarà investita, dove e da chi (Stati, privati, fondi). Imprevedibile anch'essa. Oltre alla imprevedibilità riferita, è anche fondamentale, per intendere come sarà li rapporto tra protezione dell'ambiente e ripresa, capire se il mondo occidentale vorrà realmente tornare a crescere. Se pensa di poter tornare a crescere ignorando o disprezzando il fattore natalità e occupandosi solo della protezione dell'ambiente, ho dubbi che ci riesca. Senza natalità, non ci sarà crescita vera e sostenibile né risorse per la protezione sostenibile dell'ambiente. Si cercherà solo competitività di costo sostituendo l'uomo con la macchina. Che fine farà allora il lavoro umano? Come si creerà e distribuirà ricchezza senza lavoro umano e con natalità negativa? Con un «reddito di esistenza»? Faremo ancora gli stessi errori fatti negli ultimi 40 anni in Occidente, con crescita artificiale consumistica, peggiorata dall'uomo escluso dal lavoro? Mi vien da concludere con una considerazione di Alexis de Tocqueville: «Poiché la saggezza del passato non illumina più il futuro, la mente dell'uomo vaga errabondo nella oscurità».
(Totaleu)
«Tante persone sono scontente». Lo ha dichiarato l'eurodeputato della Lega in un'intervista al Parlamento europeo di Strasburgo.
Palazzo Berlaymont, sede della Commissione europea (Getty Images)