2022-08-12
Dai draghiani alla Cgil, senza pudore. I dem ne candidano di tutti i colori
Il Pd tiene insieme la spending review di Carlo Cottarelli e la spesa sociale di Susanna Camusso. I riformisti alla Irene Tinagli e i super statalisti alla Giuseppe Provenzano. Emma Bonino e Sant’Egidio, senza scordarsi ultrà green e orfani del M5s.Vuoi la spending review? Vota Pd. Vuoi la spending deppiù? Vota sempre Pd. Vuoi un discorsetto eurolirico sulla bellezza dell’austerity, su quanto è figo il vincolo esterno, su quanto è salutare-educativo-ortopedico che Bruxelles ci bacchetti sulle dita? Vota Carlo Cottarelli. Vuoi invece un comizio accalorato sulla spesa sociale da rilanciare, con una pioggia di miliardi (tanto sono soldi dei contribuenti, cioè nostri) da far piovere ancora su scuola, statali e Pubblica amministrazione? Vota Susanna Camusso. Insomma, qualunque cosa tu voglia, non ti allontanare mai dal simbolo del Partito democratico. Naufragata ogni speranza di essere competitivi per la vittoria finale la sera del 25 settembre, sembra divenuta questa la tattica di ripiego degli strateghi dem: inglobare nella lista del Pd ogni contraddizione, ogni nuance, ogni opzione. Allestire un circo affollato da trapezisti, acrobati, intrattenitori, più animali di ogni specie, leoni sdentati, tigri ammaestrate, lanciatori di coltelli (quelli non mancano mai da quelle parti). Diranno gli ingenui: e un disegno politico coerente? Un indirizzo programmatico omogeneo? Per carità: è proprio quello che è sentitamente sconsigliato, per non dire tassativamente vietato. Serve il contrario: un’arca di Noè in cui siano imbarcate tutte le bestie del creato (progressista). Intendiamoci bene. I politologi potrebbero giustificare la scelta evocando il modello del catch all party, del partito pigliatutto che per definizione deve cercare di rivolgersi a differenti segmenti di elettorato. E questo ha certamente un senso. Ma dovrebbe esserci un limite, qualche paletto, uno straccio di direzione di marcia riconoscibile: cosa che invece, in questo caso, non si intravvede nemmeno per sbaglio.Diciamola in modo ancora diverso: non è stato possibile realizzare un’armata Brancaleone nell’ambito della coalizione di centrosinistra, vista la defezione dei calendiani? E allora si è cercato di porre rimedio allestendo una versione un po’ più piccina dello stesso caravanserraglio dentro una sola lista, quella del Pd (e cespugli annessi). E così, più che una lista, sta venendo fuori un happening politico dove può accadere qualsiasi cosa, dove può andare in scena qualunque numero. Servono i «riformisti»? Oltre a Cottarelli, si diano cinque minuti di spazio a Irene Tinagli, ex sodale politica di Carlo Calenda: e anzi la si incoraggi a scagliarsi per prima contro Calenda, in perfetto stile ex Pci. Servono invece i massimalisti più spostati a sinistra? Oltre alla Camusso, si diano altri cinque minuti a Peppe Provenzano (come Tinagli, a sua volta vicesegretario del Pd, ma di tendenza opposta), uno che se potesse nazionalizzerebbe e statalizzerebbe pure i chioschi per le granite.E ancora, su tutto, lo stesso metodo. Servono i «laici»? Ecco Emma Bonino. Servono i «cattolici»? Ecco Demos, propaggine politica di Sant’Egidio. Serve una figura-figurina-figurante ecopacifista, per la «giustizia climatica», vagamente apocalittica e millenarista? Ecco Elly Schlein. Serve invece qualcuno che incarni il prototipo filo occidentale, di una sinistra più allineata agli standard anglosassoni? Ecco Lia Quartapelle, con il suo comizietto standard già sentito mille volte contro la destra filo Orbán. Serve qualcuno che, in vista del day after elettorale, prepari la strada per un nuovo incontro con i 5 stelle? Ah, per questa parte c’è perfino abbondanza di interpreti: da Francesco Boccia a Michele Emiliano (in Puglia stanno già cercando di imbottire le liste del Pd di vecchi arnesi anti Tap, anti Ilva, anti tutto), da Andrea Orlando all’ineffabile Goffredo Bettini, che proprio ieri - dopo una pausa tecnica - ha ripreso il rito delle paginate di interviste sul Corsera per magnificare il rapporto passato e futuro con Giuseppe Conte. Serve invece qualcuno che tenga il punto e sostenga che no, con i grillini non si può più trattare? Al ruolo si presta Enrico Letta in persona, intento a recitare la giaculatoria del «perimetro della coalizione che ormai è fissato». A proposito di Letta: ma lui come si colloca in questa rappresentazione teatrale? Elementare, Watson: ne è regista e primo interprete. E per una ragione molto banale, di elementare sopravvivenza. Questa accozzaglia gli serve a cercare di giocare una partita (quella per contendere a Fdi la palma di primo partito) essenziale per respingere l’assalto congressuale che, un minuto dopo la chiusura delle urne, gli verrà portato dal rivale più minaccioso, il governatore dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini.Morale. Attendiamoci una campagna elettorale così da parte del Pd: attacchi sempre più sguaiati contro Giorgia Meloni (l’obiettivo non è colpire lei, ma mobilitare gli elettori di sinistra); valorizzazione dei temi identitari (immigrazione, questioni etiche, eccetera...) non perché qualcuno ci creda davvero, ma sempre allo scopo di far convergere sul Pd alcuni segmenti di elettorato (in particolare giovanili); e poi, come abbiamo visto, un frullato con dentro tutto e il contrario di tutto. L’importante è far finta che sia una cosa seria.
Attività all'aria aperta in Val di Fassa (Gaia Panozzo)
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