2025-07-15
Garlasco, delitto affollato: il Dna è di Ignoto 3
Da sinistra, Chiara Poggi, Andrea Sempio, Alberto Stasi (Ansa)
Gli esiti sul tampone orofaringeo di Chiara Poggi, analizzato nella nuova indagine sull’assassino della giovane, hanno confermato che una traccia appartiene a un uomo sconosciuto. Chiesti chiarimenti sul metodo di prelievo per trovare eventuali contaminazioni.Sul delitto di Garlasco la nebbia si fa sempre più fitta e i conti non tornano. La scienza conferma che nella bocca di Chiara Poggi c’è un Dna nuovo appartenente a un «Ignoto 3». Sono arrivati gli esiti sul tampone orofaringeo della vittima analizzati nell’incidente probatorio nell’ambito della nuova inchiesta sulla morte della giovane impiegata uccisa il 13 agosto del 2007.Nei giorni scorsi, dal tampone orale, «mai effettuato in 18 anni», era stato individuato un nuovo profilo genetico non appartenente né ad Andrea Sempio, né ad Alberto Stasi. Ieri, ulteriori analisi su questo campione hanno confermato che dei cinque campioni, uno è quello dell’assistente del medico legale che nel 2007 effettuò l’autopsia e l’altro appartiene a un uomo sconosciuto, «Ignoto 3». Altri tre sono, invece, illeggibili. Sono state, quindi, ripetute le analisi effettuate sulla garza in tessuto usata per trovare il materiale genetico nella bocca di Chiara Poggi, che confermerebbero che si tratta di «un Dna da contaminazione». Secondo i periti, «c’è una frazione limitata compatibile» con il Dna dell’assistente del medico legale e un’altra frazione dello stesso medico legale «contaminata con altro materiale genetico non identificato», ma queste sono frazioni talmente piccole che senza ombra di dubbio fanno pensare a una contaminazione. Un «inquinamento» sul quale la genetista Denise Albani, la consulente incaricata dal giudice per le indagini preliminari di Pavia, ha chiesto «qualche specifica in più» al medico legale Dario Ballardini per capire in che modo sia stato eseguito il tampone orale durante l’autopsia eseguita sulla ventiseienne. Gli esperti ribadiscono che «non si tratta di un tampone sterile, ma di una garza presa in sala autoptica» con il solo scopo di acquisire il materiale genetico di Chiara Poggi. I legali della famiglia della giovane uccisa, subito dopo la diffusione della notizia di un nuovo Dna, hanno smentito tale circostanza. In particolare, il legale dei genitori di Chiara Poggi, l’avvocato Gian Luigi Tizzoni, aveva subito precisato: «Non ci sono Dna di soggetti sconosciuti sulla scena del crimine e, ovviamente, tanto meno sul corpo di Chiara. Si tratta di un dato che, per quanto possiamo sapere, è totalmente destituito da qualsiasi fondamento e che ancora una volta denota come, in assenza di riscontri oggettivi alternativi alla verità processuale accertata e che ha individuato Stasi quale responsabile, prospetta ipotesi infondate». Ieri, anche i consulenti di Andrea Sempio hanno precisato che non si tratta di nessun nuovo assassino. Sempio, amico di Marco Poggi (fratello della vittima) è indagato nella nuova inchiesta sul delitto di Garlasco ed è accusato di concorso in omicidio. Per la morte della giovane impiegata è stato condannato in via definitiva a 16 anni di carcere Alberto Stasi, all’epoca dei fatti fidanzato della vittima. Secondo Luciano Garofano, ex comandante del Ris di Parma e ora consulente di Sempio, non c’è «nessun altro assassino, ma una garza contaminata prima del prelievo». «Quella garza», ha spiegato Garofano all’Adnkronos, «non è un tampone orale, ma serviva a raccogliere il materiale di Chiara per poi confrontarlo con gli esiti delle analisi delle tracce ematiche trovate sulla scena del crimine. Si prese quella garza e si introdusse nella bocca di Chiara solamente come materiale di confronto». «Un prelievo», ha spiegato l’ex generale dei Ris, «è totalmente compatibile con Ferrari (Ernesto Gabriele, assistente del medico legale, ndr), l’altro prelievo vede Ferrari assieme a qualche altra persona, qualche altra contaminazione. È un profilo parziale molto limitato, un profilo Y parte del quale compatibile con Ferrari. La spiegazione più logica e non di parte è che sia una contaminazione che è avvenuta prima del prelievo. Nella sala autoptica quella garza potrebbe essere stata contaminata inconsapevolmente perché lo scopo non richiedeva la massima attenzione nell’evitare la contaminazione, che può essere avvenuta in qualsiasi momento e da chicchessia visto che si tratta di una quantità veramente infinitesimale soltanto di Dna maschile. La spiegazione più logica è che non c’è un secondo uomo, anche se c’è chi vorrà andare alla ricerca di un fantasma». Ma ci sono altri elementi che sembrerebbero riscrivere la scena del crimine. Secondo le indagini coordinate dalla Procura di Pavia e condotte dai carabinieri del Nucleo investigativo di Milano, Chiara non sarebbe stata sorpresa da qualcuno di cui si fidava, ma si sarebbe difesa. Avrebbe cercato di lottare contro il suo assassino o i suoi assassini. Questo elemento troverebbe conferma dalle tracce di sangue trovati sul telefono fisso della villetta di via Pascoli.Lì sarebbero state trovate macchie di sangue che sarebbero compatibili con quelle lasciate dall’assassino o da chi l’ha aggredita. In particolare, sotto la lente degli inquirenti c’è una goccia di sangue trovata sotto la cornetta del telefono che farebbe pensare a un’altra ipotesi, ovvero che Chiara avesse provato a telefonare a qualcuno per chiedere aiuto. La nuova scena del delitto potrebbe essere quindi, sempre sulla base degli accertamenti degli investigatori, la seguente: la giovane avrebbe cercato di chiedere aiuto, ma l’aggressore lo avrebbe impedito rimettendo poi la cornetta al suo posto senza, però, fare attenzione alla macchia di sangue. Un particolare sul quale adesso si concentrerebbero gli ultimi sviluppi investigativi. Se in passato si è parlato di un’aggressione a sorpresa, questi ulteriori pezzi comporrebbero un mosaico ben diverso: Chiara avrebbe provato a difendersi e a lottare.
Marta Cartabia (Imagoeconomica)
Sergio Mattarella con Qu Dongyu, direttore generale della FAO, in occasione della cerimonia di inaugurazione del Museo e Rete per l'Alimentazione e l'Agricoltura (MuNe) nella ricorrenza degli 80 anni della FAO (Ansa)