2023-04-30
Dietro la figuraccia del voto sul Def c’è il taglio scellerato dei parlamentari
La riforma è stata attuata senza visione costituzionale: i collegi sono stati ampliati e le commissioni non sono state ridotte. Quello che ha fatto il centrodestra va sotto la categoria «cialtronata». Dice la Treccani che il cialtrone è una persona arrogante e poco seria, trasandata nell’operare o che manca di parola nei rapporti di lavoro. Questi parlamentari che non hanno assicurato alla maggioranza un numero di voti sufficiente a garantire al governo di poter rendere legge lo scostamento di bilancio è opera di cialtroni. È gente pagata bene per stare due o tre giorni a settimana alla Camera. Sforzo poco, guadagno tanto. E qui è questione di quattrini, ma la cosa più grave è il non rispetto per coloro che li hanno votati e anche per coloro che non li hanno votati perché si chiamano «rappresentanti del popolo», non rappresentanti di un pezzo di popolo quindi dovrebbero conoscere le norme fondamentali del galateo politico-istituzionale. Non importa se uno è a favore del governo o contro, conta il fatto che parlamentari a sostegno del governo hanno impedito al governo stesso di portare avanti il suo programma. Hanno cioè fatto la parte dell’opposizione che, legittimamente, ha duramente criticato il governo e ha fatto un quarantotto in Parlamento e fuori. E fin qui siamo di fronte alla cialtronaggine con cui si è comportata una parte politica. Ma secondo noi, c’è un problema un po’ più grosso alle spalle di questo episodio e che porterà certamente ad altri momenti di difficoltà da parte del governo a far approvare da deputati e senatori i propri provvedimenti. Tale problema si chiama «riduzione del numero dei parlamentari». Questo provvedimento che porta il nome di Legge costituzionale del 19 ottobre 2020 fu, come tutti sanno perfettamente (avendolo riconosciuto anche taluni che la promossero) merce di scambio tra il Movimento 5 stelle e il Pd. Quest’ultimo non era entusiasta per nulla di questo provvedimento, ma lo votò per dare vita al governo Conte II, il governo giallorosso. In sostanza i 5stelle pretesero, per formare il governo, la certezza che questo provvedimento di legge sarebbe diventato esecutivo. Ora, come è noto - e ampi studi lo hanno dimostrato - , quando le terga o glutei della parlamentare o del parlamentare eletti si seggono sullo scranno di Montecitorio o di Palazzo Madama, detti glutei, spontaneamente, secernono una quantità importante di colla che attacca le terga del parlamentare al seggiolone e gli ricorda ogni giorno che se cade il governo lui se ne torna a casuccia. Di fronte a tale ipotesi viene colto da un senso di smarrimento che presto si trasforma in panico e voterebbe anche una legge che lo porta alla perdita degli attributi. Questa è l’origine di quel provvedimento, senza una visione complessiva di riforma costituzionale, senza il disegno di un’architettura istituzionale e di rapporti tra Camera e Senato, con un risparmio in termini di soldi certamente non risibile, ma altrettanto decisamente non risolutivo di una beata mazza. Per chi non li ricordasse riepiloghiamo i numeri: alla Camera si è passati da 630 a 400 deputati e al Senato si è passati da 315 a 200 senatori. In tutto 600 parlamentari ma, nonostante questo si è lasciato invariato il numero delle Commissioni: 14 alla Camera, 10 al Senato, non considerando le eventuali giunte, Commissioni speciali, straordinarie e d’inchiesta che a norma del regolamento dei due rami del Parlamento possono essere istituite. Questo giornale non ha mai osannato questa riforma né da un punto di vista quantitativo (i risparmi), né da un punto di vista qualitativo (cioè esprimendo dubbi sul fatto che questa riforma avrebbe portato, oltre al risparmio, anche una maggiore efficienza ed efficacia dell’istituzione parlamentare). Per prima cosa la riduzione dei parlamentari e dunque l’ampliamento dei loro elettori, con collegi più estesi, sta andando a scapito di un rapporto tra i parlamentari e i loro territori di riferimento. Questo non è un problemino ma un problemone perché quelle signore e quei signori che sono eletti in Parlamento sono eletti per rappresentare i problemi, i bisogni, le aspettative degli elettori nei territori nei quali sono stati eletti. Come fa un parlamentare a occuparsi di territori talmente ampi da unire decine e decine di Comuni? E se non lo fa lui chi lo deve fare? Nessuno. Quindi c’è un deperimento della qualità e della quantità della rappresentanza e quindi della sovranità degli elettori che li hanno eletti. «La sovranità appartiene al popolo», non a caso questo è contenuto nel primo articolo della Costituzione. Ma c’è un secondo problema, e cioè quello della garanzia da parte del governo di avere in aula un numero di parlamentari adeguato allo svolgimento della propria attività. Perché se è vero che quella cialtronata del centrodestra è avvenuta, è altrettanto vero che non sarà nella prima né l’ultima. A voler essere buoni - ma non è il caso - potremmo ipotizzare che quelle assenze siano state dovute a problemi reali: missione all’estero, malattia, impedimenti oggettivi e giustificabili. Ma quante volte avendo 345 parlamentari in meno e lo stesso numero di Commissioni, potrà avvenire che magari manchi la maggioranza anche in esse? In più, il centrodestra ha una buona maggioranza alla Camera ma non ha una equivalente forza al Senato. Quindi lì la situazione è ancora più problematica. Insomma, quando si tocca la Costituzione si tocca un mosaico, facciamola più facile quanto a comprensione: si tocca un puzzle. In altri termini, se se ne cambia una parte occorre essere conseguenti e prevedere anche tutto il contorno che va modificato per non trovarsi, come in questo caso che, per risparmiare una cifra esigua e lisciare il pelo di un po’ di elettori, poi ci si trova con le istituzioni che s’inceppano e a questo punto il pelo degli elettori si rizza e cresce l’antipolitica.