2025-08-06
«I dazi all’Ue? Posso alzarli di nuovo al 35%»
Si riaccende la tensione fra Donald Trump e Bruxelles: «Pronto ad aumentare le tariffe se l’Unione non manterrà la promessa di investire 600 miliardi negli Usa. Sui farmaci imporrò gabelle al 250%». Entro settimana prossima la decisione su chip e semiconduttori.Gli alcolici non sono ancora parte della lista di esenzione, che invece include gli aerei.Lo speciale contiene due articoliTra Donald Trump e Bruxelles è pace armata. L’ordine esecutivo con cui il presidente degli Stati Uniti ha disposto dazi al 15% a partire dal prossimo 8 agosto potrebbe diventare carta straccia se l’Europa non manterrà gli impegni presi, o meglio, imposti da Washington, nell’intesa in Scozia. L’eco dell’insofferenza dei governi europei verso le condizioni accettate dal presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, per strappare la nuova imposta doganale al 15%, è arrivato oltre oceano e Trump temendo qualche furbizia dell’ultima ora da parte del Vecchio continente, è tornato a brandire l’arma della minaccia. «Se l’Ue non fa gli investimenti promessi, alzerò i dazi al 35%. L’unica ragione per cui li ho abbassati è che ci ha assicurato 600 miliardi di dollari per farci quello che vogliamo», ha detto in un’intervista a Cnbc.E non finisce qui. Mentre i funzionari di Bruxelles sostengono che i farmaci pagheranno una tariffa massima del 15%, anche al termine dell’indagine dell’amministrazione americana ai sensi della sezione 232 del Trade expansion act, ieri è arrivata la doccia gelata. Sempre nell’intervista televisiva, Trump ha precisato che ha intenzione di «imporre dazi fino al 250% sui prodotti farmaceutici». Sarà un processo graduale. «Si comincerà con una piccola tariffa, del 150% che poi, entro un anno o un anno e mezzo, aumenterà al 250%» ha precisato. Una stangata per l’industria del farmaco italiana che esporta negli States per oltre 10 miliardi e che, solo con i dazi al 15%, subirebbe un impatto di circa 2,5 miliardi. Per Farmindustria alzare le tariffe doganali sarebbe un boomerang per gli Stati Uniti che andrebbero in carenza di prodotti e sarebbero investiti da una valanga di rincari anche per le assicurazioni sanitarie. La creazione di siti produttivi richiederebbe comunque anni durante i quali verrebbero a mancare sul mercato farmaci essenziali.Trump ha infine annunciato novità in arrivo per chip e semiconduttori: le tariffe saranno definite la prossima settimana o poco dopo.Non una parola su come saranno trattate le importazioni dall’Europa di acciaio. La Von Der Leyen è convinta che alla fine Washington accetterà la soluzione delle quote legate ai livelli storici degli scambi commerciali. «Ci aspettiamo che venga inclusa nella prossima dichiarazione congiunta Ue-Usa» ha detto il portavoce del commercio della Commissione europea, Olof Gill. Il comparto è soggetto attualmente a un dazio del 50%.Fiato sospeso anche per la scadenza dell’8 agosto. «La nostra interpretazione è che l’ordine esecutivo entrerà in vigore a mezzanotte e un minuto dell’8 agosto. Quindi, alle 6 del mattino, ora di Bruxelles, dell’8 agosto. Ma ovviamente saranno le autorità statunitensi ad applicare i dazi, quindi sono nella posizione migliore per confermare cosa dice e cosa significa il loro ordine esecutivo», ha rimarcato il portavoce della Commissione Ue, Arianna Podestà. Come dire che, con l’imprevedibilità del presidente americano, tutto è possibile.Intanto, per distendere il clima, ieri è arrivato l’annuncio della sospensione delle contromisure sui dazi sui beni statunitensi per un valore di 93 miliardi di euro (107 miliardi di dollari), a seguito dell’accordo raggiunto con Washington il mese scorso. Bruxelles guarda con ottimismo anche alla soluzione dei dazi sull’auto. «Non sono ancora stati abbassati, quindi attualmente si applica ancora il 25% più il 2,5% come trattamento della nazione più favorita. Ma ci aspettiamo che ciò cambi molto presto», arrivando quindi al tetto del 15%, riferisce un alto funzionario Ue nel corso di un briefing con i giornalisti. Ha poi precisato che la riduzione della tariffa non si è verificata con l’ordine esecutivo di Trump di venerdì scorso perché riguardava i cosiddetti dazi reciproci e per «le auto, come per altri settori, si tratta di una base giuridica diversa. È una misura tariffaria separata», spiega, «e quindi ci aspettiamo che ci vorrà un po’ più di tempo. Ma anche questi risultati dovrebbero arrivare molto, molto presto».Ma l’Unione al suo interno è spaccata, con la Germania che cerca di giocare da sola per salvare due settori strategici, ovvero quattro ruote e acciaio. Per questo il ministro delle Finanze, Lars Klingbeil, ha incontrato a Washington Scott Bessent: meeting al termine del quale ha criticato aspramente l’accordo raggiunto da Bruxelles: «Ritengo che siamo stati troppo deboli. Non possiamo nemmeno essere soddisfatti del risultato ottenuto». «Siamo rimasti sorpresi», ha risposto Olof Gill, «La posizione della stragrande maggioranza degli Stati membri dell’Ue, incluso quello da cui proviene il ministro in questione», era che «solo una soluzione negoziata poteva garantire stabilità e proteggere i nostri interessi comuni».Sui carboni ardenti anche la Svizzera sotto la spada di Damocle della nuova tariffa doganale del 39%. Il presidente della Confederazione Karin Keller-Sutter e il ministro dell’Economia Guy Parmelin si recheranno a Washington per tentare di sbloccare la situazione. L’obiettivo è quello di organizzare incontri diretti con le autorità a stelle e strisce per convincerle a ridurre i dazi. Secondo alcune indiscrezioni ci sarebbero alcune opzioni sul tavolo, compresa un’offerta allettante, per dissuadere il presidente degli Stati Uniti. Continuano frenetici i colloqui dei Paesi extra Ue colpiti dai dazi per cercare di strappare a Washington una soluzione più favorevole. È tornato negli Stati Uniti il negoziatore del Giappone, Ryosei Akazawa: «Uno degli obiettivi della mia visita è sollecitare un ordine esecutivo del presidente, il prima possibile, per le tariffe sulle auto e sui ricambi», ha detto Akazawa, che è ministro per la Rivitalizzazione economica. Nonostante l’ordine esecutivo di Donald Trump sui «dazi reciproci» fissi al 15% «restano da chiarire i dazi su auto e componenti», mercato chiave per il Paese del Sol Levante.È ancora alta la tensione tra la Casa Bianca e il governo di Nuova Delhi minacciato di nuovi e maggiori tariffe doganali se non smetterà di comprare petrolio russoAltro incontro strategico è tra Trump e il presidente cinese, Xi Jinping. «Ci vedremo entro fine anno, ci stiamo avvicinando a un’intesa» ha detto il presidente americano. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/dazi-ue-donald-trump-usa-2673861091.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="sul-vino-resta-la-spada-di-damocle-si-tratta-per-avere-zero-barriere" data-post-id="2673861091" data-published-at="1754420811" data-use-pagination="False"> Sul vino resta la spada di Damocle: si tratta per avere zero barriere Continuano serrate le trattative sulle esenzioni dai dazi del 15%, in particolare per vino e alcolici. «Lottiamo per ogni prodotto e per ogni settore. Stiamo davvero cercando di includere quante più possibili voci nell’elenco delle esenzioni», ha riferito un alto funzionario della Ue. Poi ha precisato che c’è un’intesa di massima su alcuni comparti come gli aerei e «ciò si rifletterà nella dichiarazione congiunta, poiché alcuni saranno menzionati specificamente nel documento conclusivo, e quindi ci aspettiamo di vederli effettivamente a zero dazi, molto, molto presto». Ma siccome i lavori sono in corso e il tempo stringe, alcuni prodotti come liquori, vini, birra, ma anche dispositivi medici e prodotti chimici potrebbero non rientrare nella prossima lista anche se, ha detto il funzionario europeo, «riteniamo che dovrebbero beneficiare dello zero per zero come tariffa da parte degli Stati Uniti».Il mondo del vino italiano, primo settore dell’agroalimentare per export negli Stati Uniti (con un fatturato di 1,9 miliardi su un totale di 7,8), vive questi giorni con il fiato sospeso. Fino allo scorso gennaio, il dazio medio applicato sul vino italiano era del 2,9%.Con i dazi al 15%, ha commentato il presidente dell’Unione italiana vini, Lamberto Frescobaldi, rischia di essere penalizzato almeno l’80% del vino italiano. «Il danno che stimiamo per le nostre imprese è di circa 317 milioni di euro, cumulati nei prossimi 12 mesi, mentre per i partner commerciali d’oltreoceano il mancato guadagno raggiungerà quasi 1,7 miliardi di dollari. Il danno salirebbe a 460 milioni di euro qualora il dollaro dovesse mantenere l’attuale livello di svalutazione».Il presidente di Uiv, Lamberto Frescobaldi , fornisce alcuni dati che illustrano bene la situazione di rischio a cui è esposta l’industria del settore. «A inizio anno la bottiglia italiana che usciva dalla cantina a 5 euro veniva venduta in corsia a 11,5 dollari; ora, tra dazio e svalutazione della moneta statunitense, il prezzo della stessa bottiglia andrebbe vicino ai 15 dollari. Con la conseguenza che, se prima il prezzo finale di vendita rispetto al valore all’origine aumentava del 123%, da oggi lieviterà al 186%». L’Unione italiana vini fa poi riflettere su un altro tema. «Rispetto ai competitor europei, l’Italia rischia di subire un impatto maggiore, da una parte per la maggiore esposizione netta sul mercato statunitense, pari al 24% del valore totale dell’export contro il 20% della Francia e l’11% della Spagna; dall’altra per la tipologia dei prodotti del Belpaese che concentrano la propria forza sul rapporto qualità prezzo, con l’80% del prodotto che si concentra nelle fasce “popular”, quindi a un prezzo franco cantina di 4,2 euro al litro e con solo il 2% delle bottiglie tricolori collocato in fascia superpremium».Preoccupazione da Federvini. «Il comparto vive in una situazione di grande criticità», ha spiegato il presidente Giacomo Ponti, «e l’obiettivo condiviso resta arrivare a una percentuale inferiore al 15%, più sostenibile per le nostre imprese, pur avendo presente che l’optimum sarebbe dazio zero».
Un momento della manifestazione pro pal di Torino (Ansa)
Maria Elena Delia (Getty Images)