2025-02-03
        I dazi di Trump non sono un dramma. Ma l’Ue ha paura di scoprirsi inutile
    
 
I toni catastrofisti celano il timore che Donald negozi coi singoli Paesi e non con Ursula von der Leyen.«Usa, parte la guerra dei dazi», titolava ieri in apertura il Corriere della Sera, «Dazi, rivolta contro Trump. L’Ue: “Pronti a difenderci», rincarava la dose La Stampa, «La rivolta contro i dazi», sintetizzava invece La Repubblica . A leggere i giornali sembra che Trump sia già intervenuto con il machete per imporre soprattasse a nastro sulle esportazioni di parmigiano, camembert o dell’automotive tedesca negli Stati Uniti. Sarebbe un’ulteriore zavorra per la già convalescente economia di Bruxelles e diventerebbe a ragione l’argomento principe rispetto al quale concentrare il dibattito politico, ma in realtà non è così. Le uniche mosse ufficiali della nuova amministrazione Usa riguardano le gabelle al 25% su Canada e Messico e al 10% sulla Cina e seppur più volte annunciati, nulla si sa sul tiro che prenderanno i tributi diretti al Vecchio Continente. «I dazi potrebbero causare un po’ di dolore agli Stati Uniti, ma varrà la pena pagare il prezzo per rendere l’America grande di nuovo», spiegava ieri in un post sul suo social Truth il presidente. La verità è che The Donald usa gli extra-costi o le minacce sulla sovranità di altri Stati soprattutto come arma negoziale e di pressione rispetto ai risultati che vuole raggiungere. Punta ad aumentare la quota di made in Usa acquistata in Europa e allora parla di imposte a grappolo che finiranno per colpire Bruxelles (e intanto le esportazioni di gas liquefatto crescono), teme che la Groenlandia e le nuove rotte del commercio possano finire sotto l’influenza cinese e russa e quindi minaccia di conquistare l’isola mandando su tutte le furie la premier danese, è stanco di sostenere le casse canadesi e di conseguenza parla di annessione a 51esimo Stato federale come se fosse una cosa fatta. Come al solito, nella retorica di Trump obiettivi economici e propaganda politica si mescolano e finiscono per mandare in confusione gli avversari. Non si conoscono tempi e modalità dell’azione di Trump, si sa solo che l’Europa sarà «assolutamente» oggetto di sanzioni e tanto è bastato per scatenare una crisi di panico a Bruxelles. «L’Europa non si farà mettere alla gogna siamo anche una potenza commerciale con 400 milioni di consumatori», provava ieri a ribattere, Klaas Knot, membro olandese del Consiglio Bce. Mentre il ministro dell’Industria francese Marc Ferracci usava toni intimidatori: «I negoziati con gli Usa devono assumere una forma di dinamica di potere, la reazione deve essere mordace, avere un impatto sull’economia americana per costituire una minaccia credibile».In realtà, al di là dell’impatto economico, la sinistra italiana e la Commissione Ue sono terrorizzati dalla dinamica dell’approccio Paese per Paese che il tycoon porta avanti. Dazi ad personam, o meglio dazi sui singoli prodotti che poi avrebbero delle eccezioni e dei limiti a seconda dell’interlocutore, rappresenterebbero un altro grande assist americano alla premier Meloni dopo la liberazione della giornalista Cecilia Sala. Cosa potrebbe obiettare l’opposizione rispetto al successo di un Paese che dovesse sfruttare i suoi buoni rapporti con il nuovo inquilino della Casa Bianca per subire minori danni dall’ondata di tariffe sulle esportazioni negli Usa? Un’opposizione avveduta si guarderebbe bene dall’eccepire qualcosa, ma Schlein, Bonelli e Fratoianni troverebbero subito l’argomento sul quale scagliarsi: «Così la Meloni sta spaccando l’Europa». Come se la doppia morale dell’Ue sui migranti invece l’avesse unita l’Europa o come se le politiche sull’austerity o gli aiuti di Stato che hanno spianato la strada a Berlino e Parigi avessero contribuito a cementare uno spirito continentale. In realtà, un eventuale approccio «ad personam» di Trump finirebbe per mettere ancor di più a nudo i limiti dell’impianto europeo e darebbe un altro scrollone alla nuova Commissione che si è appena insediata ed è già in piena crisi di identità. Al di là dei contenuti – il Green deal avrebbe bisogno di essere stravolto mentre la bussola sulla competitività appare un rammendo – è la governance Ue a traballare. Con la raffica di ordini esecutivi Trump dimostra che gli Usa possono fare in pochi giorni quello che a Bruxelles non riuscirebbe in diversi anni e ora con i dazi mirati svela che così com’è l’Unione è tale solo a parole e non decide praticamente su nulla.
        La maxi operazione nella favela di Rio de Janeiro. Nel riquadro, Gaetano Trivelli (Ansa)
    
        Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
    
        Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
    
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico. 
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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        Viktor Orbán durante la visita a Roma dove ha incontrato Giorgia Meloni (Ansa)