
La sinistra strepita, ma li applicava pure Biden. Se trovassimo un accordo con Washington, potrebbero essere un vantaggio.C’è un spettro che si aggira per i talk: l’arrivo dei dazi. Anzi, peggio: l’arrivo dei «dazzzzzi di Trump». Da pronunciarsi con apposita smorfia di disgusto. Non par vero all’allegra ciurma del pensiero unico di sfruttare l’assist del presidente Mattarella («Dazi inaccettabili») per far passare così a reti unificate il seguente messaggio: ve l’avevamo detto che Trump è cattivo (mica come quel sant’uomo di Biden) e infatti il 2 aprile lo dimostrerà in modo definitivo mettendo i dazzzzzzi che (Orrore! Orrore!) distruggeranno i poveri produttori italiani.Questo è il nuovo ritornello d’obbligo in ogni salottino televisivo che si rispetti, ovviamente accompagnato da collegamento inorridito e/o ospite angosciato e/o storia di futura e sicura miseria provocata da quel mefisto di Trump che pur di farci del male s’è pure inventato i dazi. Sì, inventato. Perché è chiaro il messaggio che sta passando: i dazi prima non esistevano. Li ha creati dal nulla proprio lui, Donaldone il Cattivone. E ora sono dazi amari per tutti, per citare il fine letterato Matteo Renzi.Insomma: siete pronti alla nuova apocalisse? Dopo l’apocalisse climatica (rapidamente messa da parte) e l’apocalisse bellica (incredibilmente sospesa: nessun soldato russo ha ancora invaso Berlino), non ci resta che sperare nell’apocalisse economica provocata dai dazzzzzzi di Trump. Per cui, se qualcuno vi ricorda che i dazi sono sempre esistiti, che li ha applicati qualsiasi presidente Usa (compreso il santo Biden), che li applica l’Unione europea come ogni altro soggetto economico, voi dimenticatelo in fretta: i dazi sono una novità assoluta. Li ha messi Trump. Anzi, i dazi esistono solo in quanto esiste Trump. Probabilmente hanno anche il ciuffo, come lui. Per assomigliargli di più.Qualcun altro potrebbe ricordarvi anche i dazzzzzzi di Trump arrivarono già nel suo precedente mandato, nel bel mezzo della disputa fra Boeing e Airbus: allora furono colpiti i vini francesi, inglesi e tedeschi e per l’Italia fu un affare, altro che una catastrofe. Qualcuno potrebbe segnalarvi che lunedì sul Foglio uno dei più grandi produttori di vino italiano, Angelo Gaja, di fronte all’intervistatore che lo incalzava sugli orrendi dazzzzzzi di Trump ha dato una risposta piuttosto spiazzante: «I dazi possono essere un vantaggio», e «noi abbiamo avuto un culo della Madonna», «l’Italia grazie a Trump ha guadagnato spazi incredibili negli anni appena trascorsi». In effetti come ha ricordato Alberto Bagnai alla Verità, con i dazi di Trump, fra il 2016 e il 2019, «le esportazioni dell’Italia verso gli Usa aumentarono del 13%». Ma tutto questo dovete dimenticarlo quando guardate i talk show della sera, altrimenti Mattarella si arrabbia. E a voi va in pappa il cervello. Così come dovete anche dimenticare, per citare ancora Alberto Bagnai, che fra il 2008 e oggi l’euro ha subito una svalutazione del 26% rispetto al dollaro. E che cos’è la svalutazione se non un dazio surrettizio? Cioè un modo per rendere più cari i prodotti venduti in dollari, e dunque tutti i prodotti americani? Piccola spiegazione (ovviamente da dimenticare): la svalutazione dell’euro è servita a sostenere le esportazioni, soprattutto della Germania, dopo aver distrutto il mercato interno europeo, ed è questo modello di sviluppo, cito ancora Bagnai, basato sul dumping valutario e salariale, che genera inevitabili squilibri. E dunque genera reazioni. Come quella di Trump che, di fronte alla svalutazione del 26% dell’euro, dice: ti metto dazi al 25%, così facciamo pari. Ma questo dimenticatevelo e ripetete insieme il ritornello del salotto tv: Trump mette i dazi perché è cattivo. E i dazi sono «inaccettabili» come dice l’uomo del Colle.Qualcuno potrebbe anche dirvi che il danno ai produttori italiani, in questi anni, lo ha fatto più la mancanza di dazi che la loro presenza. Più il globalismo che la protezione. Qualcuno potrebbe invitarvi a rileggere Storia della mia gente di Edoardo Nesi con il tessile di Prato spazzato via dalla scorretta concorrenza cinese. Qualcuno potrebbe ricordarvi la fine del tessile a Como. Qualcuno potrebbe ricordarvi che se ci fosse stata più protezione i nostri pescatori non sarebbero stati spazzati via dal pesce turco o thailandese (oggi 8 pesci su 10 sulle nostre tavole sono stranieri), e gli agricoltori non avrebbero subito la concorrenza sleale dei pomodori del Marocco e delle olive della Tunisia. Ma voi dimenticatevelo o non capirete nulla del talk show unificato. Dimenticatevi quelli che dicono che i dazi sono come le tasse: quanto ti colpiscono possono far male, ma abolirle non conviene a nessuno. Dimenticatevi di chi dice che l’economia europea non ha dovuto aspettare i dazi per andare in crisi, che non è colpa dei dazi se la Germania annaspa e il resto dell’Ue pure e che forse l’Europa più che prendersela con gli altri dovrebbe guardare le sue debolezze e i suoi errori, Green deal compreso. Dimenticatevi di tutto questo. E continuate a ripetere il ritornello del momento: aiuto, arrivano i dazzzzzi di Trump, dobbiamo aver paura. Ripetetelo senza pensarci, come pappagalli, senza fermarvi, ascoltando a loop le parole di Mattarella. E soprattutto evitate di usare il cervello. Così non vi arrabbiate. Perché, come diceva sempre mio padre, bisogna far finta di essere scemi per non pagare dazio.
Francesca Albanese (Ansa). Nel riquadro il murales che la ritrae con Greta Thunberg, abbracciate da un miliziano di Hamas, e lo stesso graffito vandalizzato
I graffiti piacciono solo se rossi: oscurato quello che la ritrae con un membro di Hamas.
Se penso alla perfetta radical chic penso proprio a Francesca Albanese. Look da radical chic. Puzza sotto il naso da radical chic. Arroganza da radical chic. La Albanese possiede anche il tocco sublime della perfetta radical chic, possiede cioè quella capacità di cantare le «cretinate in diesis», cioè con quel pezzetto di nota aggiuntivo che gli stessi compagni non sanno se è una stonatura o una raffinatezza. Perché lei è parecchio divisiva anche a sinistra: adorata da quel pezzo che crede di aver capito tutto della vita; stucchevole per chi invece ne ha le scatole piene di questa sinistra qui (è un pezzo che non conta granché).
2025-11-30
Non Sparate sul Pianista | Riccardo Muti: «Don Giovanni, tra lo scherzo diabolico e la tragedia»
Nella quarta e ultima puntata, il Maestro Muti ci introduce al capolavoro mozartiano, in costante equilibrio tra gioco diabolico e tragedia. La luce sinistra del libertino illumina la scena. Quando svanisce gli altri personaggi non si sentono sollevati, ma smarriti.
2025-12-01
Cisgiordania, i coloni feriscono tre italiani. E Netanyahu chiede la grazia al presidente Herzog
Benjamin Netanyahu (Ansa)
Agguato condotto da una decina di uomini, colpiti in tutto quattro attivisti. Tajani condanna ma rassicura: «I nostri stano bene».
La politica israeliana è stata scossa da un gesto che ha pochi precedenti nella storia del Paese: il primo ministro Benjamin Netanyahu ha depositato una formale richiesta di grazia presso il presidente Isaac Herzog. A presentare l’istanza è stato l’avvocato del premier, Amit Hadad, che ha consegnato una documentazione composta da una lettera tecnica e da una nota personale firmata dallo stesso Netanyahu, entrambe rese pubbliche in ragione della «natura eccezionale» dell’atto.
Rustem Umerov (Ansa)
Una delegazione di Kiev guidata da Umerov ricevuta a Miami da Witkoff (atteso giovedì al Cremlino), Kushner e Rubio. Il segretario di Stato: «Faremo in modo che l’Ucraina sia indipendente e sovrana».
«Tosti ma molto costruttivi», così nella serata di ieri, una fonte della Cnn ha definito i colloqui in atto tra Stati Uniti ed Ucraina. Una delegazione ucraina guidata da Rustem Umerov, ex ministro della Difesa ucraino e attuale segretario del Consiglio per la sicurezza nazionale e la difesa, è stata difatti ieri ricevuta vicino a Miami presso un club privato, lo Shell Bay, legato all’agenzia immobiliare dell’inviato speciale Usa Steve Witkoff. Scopo dell’incontro, la continuazione dei negoziati di pace, per aggiustamenti del piano in 28 punti elaborato durante i negoziati tra Washington e Mosca.






