2023-06-26
«I danni da vaccini insorgono anche mesi dopo la puntura»
Nel riquadro, Ciro Isidoro
Il biologo Ciro Isidoro: «La loro Spike raggiunge più organi di quella del Covid e induce il sistema immunitario ad aggredire cellule sane. Basta dosi a malati di cancro e donne incinte».Ciro Isidoro, biologo e medico, è professore ordinario di Patologia generale e Immunologia presso il Dipartimento di Scienze della salute dell’Università del Piemonte Orientale. «Il mio lavoro è indagare sui meccanismi di malattia quale ne sia la causa» ha esordito a Bruxelles, due mesi fa, nella sua relazione al III International Covid Summit che al Parlamento europeo ha riunito medici e scienziati da tutto il mondo. Abbiamo intervistato il prof Isidoro per sapere allora a che punto è arrivata la scienza nella comprensione delle cause degli effetti avversi dai vaccini, specie di quegli effetti «sospetti» che si manifestano adesso, cioè una serie di malesseri, patologie, anche assai gravi, tra chi si è inoculato, l’ultima volta, almeno un anno-un anno e mezzo fa e che non trovano alcuna spiegazione tranne quella che collega questo cattivo stato di salute, temporalmente, alla vaccinazione anti Covid: si tratta di persone che al termine di minuziosi accertamenti non riescono ad avere una diagnosi, visto che gli esami a cui si sottopongono risultano sempre negativi.Professore, cosa la scienza a oggi conosce sull’azione della Spike prodotta dall’azione dei vaccini anti Covid di ultima generazione? «La Spike vaccinale non si comporta sempre come si comporta la Spike del virus. La Spike è la proteina che ha il virus sulla superficie e quando ci si infetta entra in alcune delle nostre cellule riconoscendo un’altra proteina presente su queste cellule, chiamata Ace2: legandosi ad essa la Spike del virus entra nella cellula. In pratica sfrutta questo legame per entrare. Questo avviene sia per quanto riguarda la Spike del virus sia per la Spike vaccinale ma il punto è che mentre la Spike del virus si può fondere solo con quelle cellule che hanno questa proteina chiamata Ace2 (come le cellule del polmone, dell’endotelio cioè quelle che tappezzano i vasi sanguigni, le cellule del miocardio, dell’intestino...), l’Rna messaggero del vaccino (che poi stimola la produzione della Spike per lo sviluppo degli anticorpi) è rivestito da nanoparticelle lipidiche, cioè di grasso, che possono per loro natura legarsi alla membrana di qualsiasi tipo di cellula, e questo lo sapevamo prima ancora di iniziare la campagna di vaccinazione, anche se l’idea era che l’iniezione sul muscolo del braccio permettesse a queste particelle di grasso di fondersi con la membrana del tessuto muscolare e fare entrare dentro l’Rna messaggero per far produrre la proteina Spike solo nella cellula muscolare». Invece ? «Si è visto che queste nanoparticelle di grasso possono non fermarsi al muscolo del braccio ma possono entrare in circolo e distribuirsi ad altri organi. Quindi possiamo ritrovare la Spike in qualsiasi organo. Questo non era stato preso in considerazione, ma ciò perché non sono stati fatti studi e perché non si è tenuto conto degli studi già fatti sul comportamento delle nanoparticelle di grasso». Quindi c’erano già studi che evidenziavano questo? «Sì. Alcuni studi su topolini erano stati fatti, che mostravano proprio questo, che le nanoparticelle di grasso non rimanevano nel luogo dell’iniezione ma venivano poi ridistribuite anche in altri distretti dell’organismo (per esempio al fegato, alla milza, alle ovaie). Studi sugli uomini invece non sono stati fatti. Inoltre - almeno nel caso di Pzifer, che è il vaccino su cui abbiamo maggiori informazioni - questo vaccino non ha soltanto l’Rna messaggero integro, cioè tutto intero per codificare la Spike, ma ha anche frammenti di Rna messaggero e questi frammenti possono avere un’azione di interferenza con la sintesi di altre proteine e dunque possono alterare il funzionamento della cellula». Ed è questa la causa dei problemi che ha provocato e sta provocando, dall’osservazione clinica, la Spike vaccinale? «Allora, ci sono vari modi in cui la Spike vaccinale può fare danni. Innanzitutto la Spike vaccinale fa quello che fa la Spike virale e quindi se prima abbiamo detto che la Spike del virus attacca le cellule provocando le miocarditi, provocando la fibrosi interstiziale e provocando patologie infiammatorie e autoimmuni, allora anche la Spike vaccinale può fare le stesse cose soprattutto per il fatto che la Spike vaccinale la si ritrova in altri organi diversi da dove l’Rna messaggero è stato inoculato e per di più non solo nelle cellule che hanno la proteina Ace2 ma potenzialmente in tutte le cellule. Poi ci sono altri problemi: precisiamo che questo non è un vaccino nel senso classico bensì un profarmaco genico immuno- modulatore che, specie con le ripetute inoculazioni, stimola continuamente la produzione di anticorpi che vanno a perturbare la nostra rete di controllo dei nostri auto-anticorpi. Questo può spiegare perché alcuni vaccinati sviluppano malattie auto-immunitarie. Anche il fatto che la Spike si possa produrre in qualsiasi cellula può ingannare il sistema immunitario che poi aggredisce la cellula come fosse estranea, e ciò può avvenire anche a distanza di tempo dall’inoculazione». Da quando si ha contezza che la Spike vaccinale si può ritrovare anche a distanza di mesi in altre parti dell’organismo? Aifa ha continuato ad ammettere le segnalazioni delle sospette correlazioni solo entro i 14 giorni dall’iniezione...«Nel 2021 già avevano fatto uno studio su biopsie linfonodali ed è stato visto che l’Rna messaggero era presente anche in siti distanti dall’iniezione anche dopo settimane o mesi dalla vaccinazione». Le autorità sanitarie non hanno tenuto conto di questo imponendo la vaccinazione... «Non solo, sono stati fatti altri errori: abbiamo sbagliato a mischiare i vaccini, perché tenga presente che mentre Pzifer contiene (putativamente) 30 microgrammi di Rna messaggero per produrre la Spike, il vaccino di Moderna ne ha 100 di microgrammi. Inoltre le aziende produttrici avevano raccomandato al più due dosi. Noi siamo arrivati a fare la quarta e la quinta ma questo non era indicato nei bugiardini. Poi, la gente guarita dal Covid è stata comunque obbligata a vaccinarsi dopo 3 mesi dalla malattia addirittura, poi diventati 6 mesi, e anche questo non era indicato nei bugiardini. Fatto sta che è accaduto che in molti di questi pazienti vaccinati c’è stato un sovraccarico di stimolazione antigenica: questo comporta da una parte che il sistema immunitario a un certo punto si adatta e non reagisce più all’antigene, cioè alla proteina Spike, visto che se la ritrova nel corpo ogni tre-quattro mesi, e inizia a ritenere che non sia un antigene “cattivo” da combattere, e a quel punto il vaccino non protegge. Questo spiega perché a forza di dosi i soggetti più vaccinati sono quelli più suscettibili di infettarsi». Si dibatte ultimamente sulla possibilità anche di effetti oncologici tra quelli a medio e lungo termine di questi cosiddetti vaccini, cosa si sa? «Il cancro per svilupparsi richiede molti anni, quindi non può essere il vaccino a mRna a causarlo. Non ci sono solide evidenze scientifiche neanche per dire che la riacutizzazione di tumori già esistenti sia causata da questi vaccini ma in teoria è possibile. Per quanto riguarda le leucemie o i linfomi, essi richiedono meno anni per svilupparsi ed è possibile, ma non ci sono le prove, che il vaccino anti Covid slatentizzi una malattia preesistente. Su questo è stato fatto solo uno studio e non ce ne sono altri. Tuttavia, io non sono favorevole alla vaccinazione, per di più ripetuta, dei malati oncologici, perché si possono provocare alterazioni del loro sistema immunitario già messo a dura prova dalla malattia e dalla chemioterapia. I pazienti oncologici piuttosto, in presenza di un virus aggressivo andrebbero protetti dall’infezione. Cioè dovrebbero, loro sì, evitare gli assembramenti e mettere la mascherina». Invece a questi pazienti vengono ancora consigliati altri booster perché considerati «fragili», come gli immunodepressi... «Non ha alcun senso vaccinare gli immunodeficienti o pazienti in terapia immunodepressiva, come i trapiantati o malati di linfoma, perché non riescono a sviluppare anticorpi e per costringerli a produrli è necessario ricorrere a ripetute inoculazioni».Eppure le ultime raccomandazioni di Ema per l’autunno del 2023 continuano a consigliare altre dosi per persone con sistema immunitario indebolito e anche per le donne incinte. Perché le donne incinte dovrebbero vaccinarsi? «Si sono verificati casi di donne gravide che hanno sviluppato una malattia Covid severa. Tuttavia anche la Spike vaccinale, come quella virale, può provocare ipertensione, ipercoagulabilità e formazione di trombi e questo può accadere anche alla placenta, con conseguente sofferenza fetale da mancato apporto di sangue».Inoltre per molte di loro si tratterebbe di una quarta dose…«Purtroppo le indicazioni che sono state date e in parte si continuano a dare sono frutto di scelte politiche e commerciali. Già dall’inizio della campagna vaccinale non c’erano studi scientificamente provati che dimostrassero la sicurezza di questi cosiddetti vaccini, perché un vaccino per prima cosa deve essere sicuro visto che lo si dà a persone sane. Ciò che è accaduto durante la pandemia è quello che ha ben sottolineato Ioannidis, tra gli scienziati più citati al mondo per il suo rigore scientifico: “Abbiamo assistito ad uno scontro duro tra le politiche autoritarie di sanità pubblica e la scienza, e la scienza ha perso!”».
Iil presidente di Confindustria Energia Guido Brusco
Alla Conferenza annuale della federazione, il presidente Guido Brusco sollecita regole chiare e tempi certi per sbloccare investimenti strategici. Stop alla burocrazia, realismo sulla decarbonizzazione e dialogo con il sindacato.
Visione, investimenti e alleanze per rendere l’energia il motore dello sviluppo italiano. È questo il messaggio lanciato da Confindustria Energia in occasione della Terza Conferenza annuale, svoltasi a Roma l’8 ottobre. Il presidente Guido Brusco ha aperto i lavori sottolineando la complessità del contesto internazionale: «Il sistema energetico italiano ed europeo affronta una fase di straordinaria complessità. L’autonomia strategica non è più un concetto astratto ma una priorità concreta».
La transizione energetica, ha proseguito Brusco, deve essere affrontata con «realismo e coerenza», evitando approcci ideologici che rischiano di danneggiare la competitività industriale. Decarbonizzazione, dunque, ma attraverso strumenti efficaci e con il contributo di tutte le tecnologie disponibili: dal gas all’idrogeno, dai biocarburanti al nucleare di nuova generazione, dalle rinnovabili alla cattura e stoccaggio della CO2.
Uno dei nodi principali resta quello delle autorizzazioni, considerate un vero freno alla competitività. I dati del Servizio Studi della Camera dei Deputati parlano chiaro: nel primo semestre del 2025, la durata media di una Valutazione di Impatto Ambientale è stata di circa mille giorni; per ottenere un Provvedimento Autorizzatorio Unico ne servono oltre milleduecento. Tempi incompatibili con la velocità richiesta dalla transizione.
«Non chiediamo scorciatoie — ha precisato Brusco — ma certezza del diritto e responsabilità nelle decisioni. Il Paese deve premiare chi investe in innovazione e sostenibilità, non ostacolarlo con inefficienze che non possiamo più permetterci».
Per superare la frammentazione normativa, Confindustria Energia propone una legge quadro sull’energia, fondata sui principi di neutralità tecnologica e sociale. Uno strumento che consenta una pianificazione stabile e flessibile, in linea con l’evoluzione tecnologica e con il coinvolgimento delle comunità. Una recente ricerca del Censis evidenzia infatti come la dimensione sociale sia cruciale: i cittadini sono disposti a modificare i propri comportamenti, ma servono trasparenza e dialogo.
Altro capitolo centrale è quello delle competenze. «Non ci sarà transizione energetica senza una transizione delle competenze», ha ricordato Brusco, rilanciando la necessità di investire nella formazione e nel rafforzamento della collaborazione tra imprese, università e scuole.
Il presidente ha infine ringraziato il sindacato per il rinnovo del contratto collettivo nazionale del settore energia e petrolio, definendolo un esempio di confronto «serio, trasparente e orientato al futuro». Un modello, ha concluso, «basato sul dialogo e sulla corresponsabilità, capace di conciliare la valorizzazione del lavoro con la competitività delle imprese».
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