2023-08-28
«Sono i danni sociali della pandemia. L’isolamento ha colpito i più piccoli»
Lo psicologo e psicoterapeuta Marco Forner: «L’età di chi si rivolge ai nostri servizi si è abbassata. Prima veniva da me gente in preda a dipendenze intorno ai 25-28 anni, ora arrivano i quattordicenni».Gli esperti dicono che molti ragazzini hanno iniziato a bere durante il lockdown. E da lì non hanno più smesso. Molti lo fanno per essere disinibiti. Altri per sentirsi grandi. La legge italiana vieta la somministrazione di alcolici ai minori di 16 anni, ma i modi per aggirare il divieto sono tanti. Il guaio è che aumentano i minorenni in terapia per disintossicarsi dall’alcol. E se prima a chiedere aiuto erano persone adulte, ora la soglia dell’età si è abbassata. L’alcol l’ha trascinata sempre più verso il basso. Ce lo conferma Marco Forner, psicologo e psicoterapeuta che si occupa proprio di dipendenze. «Sono gli effetti del post Covid», ci spiega. «La pandemia ha toccato tanti aspetti della nostra esistenza. E ora l’età delle persone che chiedono aiuto e si rivolgono ai nostri servizi si è drasticamente abbassata. Se prima vedevo gente arrivare in preda a varie dipendenze, e che aveva intorno ai 25-28 anni, ora qui fanno accesso i minorenni». Hanno 15, 16, 17 anni. Alcuni anche 14. Spesso vengono accompagnati dai genitori, o da parenti, a volte da amici. Ma altre volte capita che vadano anche da soli. Quale burrone. Quale orrido precipizio si trova a vedere davanti a sé un ragazzo per arrivare al punto di chiedere aiuto, al punto che sente di non potercela fare da solo. «Il Covid ha fatto danni sociali importanti», racconta Forner, «dovuti all’isolamento forzoso dei giovani. E quindi ora l’alcol è usato come un catalizzatore della socializzazione e vi è un abuso di questa sostanza». Sì, ma perché? Cos’è accaduto nella mente di questi giovani? Ora siamo aperti. Non siamo più chiusi. Possiamo andare in giro. Prima erano chiusi anche i bar, era un miracolo incontrare qualcuno a portar fuori il cane, figuriamoci incontrare qualcuno con una bottiglia di birra in mano. «Sì, ma col Covid tutte le fasce di popolazione hanno vissuto queste imposizioni», continua Forner. «Un uomo di 60 anni capisce l’isolamento. I ragazzini no, lo capiscono diversamente. E quando la costrizione finisce, i giovani sentono che hanno maggiore necessità di socializzare e quindi l’alcol diventa un abuso».Bazzicando e origliando in qualche centro per dipendenze, apprendiamo che i ragazzini fanno ricorso subito ai vari servizi preposti, mentre fino a qualche anno fa, dal momento del primo utilizzo della sostanza al momento della richiesta di sos, passavano tra i sei e gli otto anni. «Ora il ragazzino non fa più passare tanto tempo, si trova nella palude della dipendenza in un tempo più ridotto», racconta Forner. Be’ positivo no? No. Drammatico. «Perché vuol dire», ci dice, «che non riescono a uscirne per conto proprio. Quello di cui non si tiene abbastanza conto è che l’abuso alcolico non produce danno solo dal punto di vista individuale. Ma il danno è su più livelli. Anche dal punto di vista della sicurezza, dell’infortunistica stradale. Ci sono risvolti sociali che sono meno ovvi. L’abuso alcolico entra nel tessuto sociale in un modo in cui la società stessa non ne percepisce la gravità. Ha idea di quanto lo Stato investa per il recupero di queste persone? E poi gli incidenti, i problemi assicurativi, i risarcimenti». Gli incidenti. A Treviso, in sei mesi, 36 giovani sotto i trent’anni sono finiti al pronto soccorso per abuso di alcol prossimo al coma etilico. Di ubriachi al volante, sono piene le cronache. Nel 2020, anno del covid, fatalità, in 6 giorni ci furono nella Marca trevigiana sette incidenti, tre di questi erano causati dall’alcol. E sempre a Treviso nel 2022, uno scontro fatale su cinque è stato legato anche all’alcol. Prima dell’emergenza Covid, l’abuso incideva in poco più del 10% dei casi. Adesso si va verso il 17%. Anche perché, se alcuni vanno a farsi curare da soli, altri mica mica si rendono conto di soffrire di dipendenze. L’abbuffata alcolica nel fine settimana sembra una cosa normale, da fare, sei diverso se non ti sbronzi. Ma in realtà è una vera e propria dipendenza. «Dal punto di vista diagnostico lo è», spiega Forner. «Se c’è bisogno di abuso di alcol ogni fine settimana allora è dipendenza psicologica e fisica».
Il presidente venezuelano Nicolas Maduro (Getty Images)
Il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha ordinato alle forze armate di essere pronte ad un’eventuale invasione ed ha dispiegato oltre 200mila militari in tutti i luoghi chiave del suo paese. il ministro della Difesa Vladimir Padrino Lopez sta guidando personalmente questa mobilitazione generale orchestrata dalla Milizia Nazionale Bolivariana, i fedelissimi che stanno rastrellando Caracas e le principali città per arruolare nuove forze.
L’opposizione denuncia arruolamenti forzati anche fra i giovanissimi, soprattutto nelle baraccopoli intorno alla capitale, nel disperato tentativo di far credere che la cosiddetta «rivoluzione bolivariana», inventata dal predecessore di Maduro, Hugo Chavez, sia ancora in piedi. Proprio Maduro si è rivolto alla nazione dichiarando che il popolo venezuelano è pronto a combattere fino alla morte, ma allo stesso tempo ha lanciato un messaggio di pace nel continente proprio a Donald Trump.
Il presidente del Parlamento ha parlato di effetti devastanti ed ha accusato Washington di perseguire la forma massima di aggressione nella «vana speranza di un cambio di governo, scelto e voluto di cittadini». Caracas tramite il suo ambasciatore alle Nazioni Unite ha inviato una lettera al Segretario Generale António Guterres per chiedere una condanna esplicita delle azioni provocatorie statunitensi e il ritiro immediato delle forze Usa dai Caraibi.
Diversi media statunitensi hanno rivelato che il Tycoon americano sta pensando ad un’escalation con una vera operazione militare in Venezuela e nei primi incontri con i vertici militari sarebbe stata stilata anche una lista dei principali target da colpire come porti e aeroporti, ma soprattutto le sedi delle forze militari più fedeli a Maduro. Dal Pentagono non è arrivata nessuna conferma ufficiale e sembra che questo attacco non sia imminente, ma intanto in Venezuela sono arrivati da Mosca alcuni cargo con materiale strategico per rafforzare i sistemi di difesa anti-aerea Pantsir-S1 e batterie missilistiche Buk-M2E.
Dalle immagini satellitari si vede che l’area della capitale e le regioni di Apure e Cojedes, sedi delle forze maduriste, sono state fortemente rinforzate dopo che il presidente ha promulgato la legge sul Comando per la difesa integrale della nazione per la salvaguardia della sovranità e dell’integrità territoriale. In uno dei tanti discorsi alla televisione nazionale il leader venezuelano ha spiegato che vuole che le forze armate proteggano tutte le infrastrutture essenziali.
Nel piano presentato dal suo fedelissimo ministro della Difesa l’esercito, la polizia ed anche i paramilitari dovranno essere pronti ad una resistenza prolungata, trasformando la guerra in guerriglia. Una forza di resistenza che dovrebbe rendere impossibile governare il paese colpendo tutti i suoi punti nevralgici e generando il caos.
Una prospettiva evidentemente propagandistica perché come racconta la leader dell’opposizione Delsa Solorzano «nessuno è disposto a combattere per Maduro, tranne i suoi complici nel crimine. Noi siamo pronti ad una transizione ordinata, pacifica e che riporti il Venezuela nel posto che merita, dopo anni di buio e terrore.»
Una resistenza in cui non sembra davvero credere nessuno perché Nicolas Maduro, la sua famiglia e diversi membri del suo governo, avrebbero un piano di fuga nella vicina Cuba per poi probabilmente raggiungere Mosca come ha già fatto l’ex presidente siriano Assad.
Intanto il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha espresso preoccupazione per i cittadini italiani detenuti nelle carceri del Paese, sottolineando l’impegno della Farnesina per scarcerarli al più presto, compreso Alberto Trentini, arrestato oltre un anno fa.
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