Il regime usa i suoi «proxies» per alzare la tensione nell’area. Gerusalemme a parte, il nemico prossimo è Riad. Ma l’obiettivo più ambizioso è estromettere gli americani.
Il regime usa i suoi «proxies» per alzare la tensione nell’area. Gerusalemme a parte, il nemico prossimo è Riad. Ma l’obiettivo più ambizioso è estromettere gli americani. Nel contesto del conflitto mediorientale l’Iran si serve di alcuni «proxies» associati all’asse sciita che si oppongono a Israele e che non vogliono che l’Arabia Saudita sigli i Patti di Abramo. Per l’Iran l’imperativo è che nella regione permanga la tensione, un fatto questo che nel medio periodo porterà allo scontro con l’Arabia Saudita che per sviluppare il suo piano «Vision 2030», necessita di una regione pacificata. Sauditi e iraniani hanno agende divergenti su tutto a partire dalla questione palestinese e sul futuro nella Striscia di Gaza tanto che a Riad si muovono autonomamente per risolvere la crisi con Usa e Egitto e in parte con il Qatar. Nonostante Hamas e la Jihad islamica palestinese siano di fede sunnita, sono accomunati all’Iran sciita dallo stesso odio verso Israele. Sono parte del cosiddetto «asse della resistenza» capeggiato da Teheran che nella regione ha una serie di obbiettivi per i quali l’intelligence iraniana e la forza Quds dei Pasdaran lavorano senza sosta. Prima di tutto vogliono impegnare Israele in una lotta su più fronti, poi c’è la volontà di rompere l’accerchiamento delle basi americane in Medio Oriente in modo da estromettere Washington dalla regione, infine la parte più ambiziosa, quella di voler trascinare le masse arabe in uno scontro senza precedenti con Israele e Usa. Gli Hezbollah Gli Hezbollah libanesi, la principale creatura iraniana in Medio Oriente, possono contare, secondo gli esperti, dai 20 ai 30.000 militanti. Hezbollah (il Partito di Dio) sostiene di avere a disposizione 100.000 combattenti operativi in Libano. Da oltre dieci anni è coinvolto anche nel conflitto in Siria, dove si schiera al fianco dei Pasdaran iraniani e dei militanti sciiti iracheni filo-Teheran. Sulle alture del Golan siriano, Hezbollah dispone di migliaia di combattenti e forze di supporto. Secondo Gerusalemme, circa 9 milioni di israeliani sono esposti alla minaccia dei missili a corto, medio e lungo raggio dei militanti sciiti libanesi. Questi missili hanno la capacità di colpire fino ai confini israeliani col Sinai egiziano. Come abbiamo ascoltato negli scorsi giorni a Tel Aviv durante i briefing militari dell’esercito israeliano, Hezbollah dispone di una vasta gamma di armamenti, tra cui 150.000 proiettili di artiglieria e razzi a corto raggio (come Falaq 1 e 2, Shahin, Katiyuscia, Fajr 3), che possono raggiungere l’Alta Galilea e colpire fino a 40 km all’interno del territorio israeliano partendo dal sud del Libano; 65.000 missili a medio raggio (come Fajr 5, Khaibar 1, M303, Zilzal 1) in grado di raggiungere Lago di Tiberiade e Cisgiordania (75 km), Tel Aviv (120 km), Ashdod (165 km) e Gaza (215 km); 5.000 missili a lungo raggio (come Fateh 110 e Scud C) con gittate tra i 260 e i 500 km, capaci di raggiungere il confine col Sinai; 2.000 droni e centinaia di missili anti-nave (come C802, Yakhont) con gittate tra i 200 e i 300 km, oltre a mini-sottomarini; migliaia di missili terra-aria SAM anti-aerei; e migliaia di razzi anti-carro teleguidati. Gli analisti dell’Idf stimano che «in caso di attacco massiccio da nord contro Israele gli Hezbollah potrebbero lanciare nella prima ondata 5.000 missili». Nel 2019, Intelli Times ha rivelato che il consulente tecnologico della Forza Quds, Majid Nabab, stava aiutando Hezbollah a formare infrastrutture per migliorare la precisione dei suoi missili con l’aiuto delle abilità di contrabbando dell’Unità 190 della Forza Quds, che è riuscita a contrabbandare miscelatori di carburante destinati alla produzione di parti di missili in Libano. Gli Huthi Dal 2014 l’Iran ha stabilito un’alleanza con i ribelli yemeniti conosciuti come Huthi (100-120.000 uomini), il cui credo zaidita è legato allo sciismo persiano e condivide una posizione antioccidentale e antiebraica. I ribelli hanno a disposizione un vasto arsenale di armi iraniane, tra cui fucili, razzi, esplosivi ad alto potenziale e mine navali e a questo proposito lo scorso 16 febbraio il Comando centrale degli Stati Uniti (Centcom) ha dichiarato di aver intercettato una spedizione di armi proveniente dall’Iran e destinata al gruppo yemenita Huthi, sostenuto da Teheran. «Su una nave nel Mar Arabico sono state confiscate armi convenzionali avanzate e altre forniture letali provenienti dall’Iran e dirette verso aree dello Yemen controllate dagli Huthi». Il Centcom ha anche rivelato la scoperta di «oltre 200 pacchi contenenti componenti di missili balistici a medio raggio, esplosivi, parti di veicoli subacquei senza pilota, apparecchiature di comunicazione militare e gruppi di lanciatori di missili anticarro guidati». Utilizzando missili e droni di fabbricazione iraniana, gli Huthi continiano a perturbare le rotte commerciali tra il Golfo di Aden e il Canale di Suez, costringendo le marine occidentali a proteggere le navi che navigano nel Mar Rosso. Nonostante i raid di rappresaglia condotti dalle forze anglo-americane, i miliziani yemeniti hanno dichiarato ripetutamente: «Gli attacchi con missili e droni proseguiranno fino a quando non cesserà l'aggressione israeliana contro la Palestina». Le milizie in Siria e in Iraq Infine, gli ufficiali dell’intelligence iraniana hanno a disposizione migliaia di seguaci sciiti in Iraq e in Siria. Si stima che ci siano circa 55.000 uomini all’interno delle «Unità di Mobilitazione Popolare Irachene», un numero non specificato di altri combattenti all’interno della vasta rete della «Resistenza Islamica in Iraq» e almeno 75.000 miliziani in Siria. La «Resistenza Islamica in Iraq», fondata nel 2023, ha rivendicato l'attacco del 28 gennaio 2024, che ha provocato la morte di tre soldati americani presso l’hub logistico giordano di Tower 22, situato a 10 km dalla base statunitense di al-Tanf, nel sud della Siria.
Francesco Filini (Ansa)
Parla il deputato che guida il centro studi di Fdi ed è considerato l’ideologo del partito: «Macché, sono solo un militante e il potere mi fa paura. Da Ranucci accuse gravi e infondate. La sinistra aveva militarizzato la Rai».
Francesco Filini, deputato di Fratelli d’Italia, la danno in strepitosa ascesa.
«Faccio politica da oltre trent’anni. Non sono né in ascesa né in discesa. Contribuisco alla causa».
Tra le altre cose, è responsabile del programma di Fratelli d’Italia.
«Giorgia Meloni ha iniziato questa legislatura con un motto: “Non disturbare chi vuole fare”. Il nostro obiettivo era quello di liberare le energie produttive».
Al centro Joseph Shaw
Il filosofo britannico: «Gli islamici vengono usati per silenziare i cristiani nella sfera pubblica, ma non sono loro a chiederlo».
Joseph Shaw è un filosofo cattolico britannico, presidente della Latin Mass Society, realtà nata per tramandare la liturgia della messa tradizionale (pre Vaticano II) in Inghilterra e Galles.
Dottor Shaw, nel Regno Unito alcune persone sono state arrestate per aver pregato fuori dalle cliniche abortive. Crede che stiate diventando un Paese anticristiano?
«Senza dubbio negli ultimi decenni c’è stato un tentativo concertato di escludere le espressioni del cristianesimo dalla sfera pubblica. Un esempio è l’attacco alla vita dei non nati, ma anche il tentativo di soffocare qualsiasi risposta cristiana a tale fenomeno. Questi arresti quasi mai sono legalmente giustificati: in genere le persone vengono rilasciate senza accuse. La polizia va oltre la legge, anche se la stessa legge è già piuttosto draconiana e ingiusta. In realtà, preferiscono evitare che questi temi emergano in un’aula giudiziaria pubblica, e questo è interessante. Ovviamente non si tratta di singoli agenti: la polizia è guidata da varie istituzioni, che forniscono linee guida e altro. Ora siamo nel pieno di un dibattito in Parlamento sull’eutanasia. I sostenitori dicono esplicitamente: “L’opposizione viene tutta dai cristiani, quindi dovrebbe essere ignorata”, come se i cristiani non avessero diritto di parola nel processo democratico. In tutto il Paese c’è la percezione che il cristianesimo sia qualcosa di negativo, da spazzare via. Certo, è solo una parte dell’opinione pubblica, non la maggioranza. Ma è qualcosa che si nota nella classe politica, non universalmente, tra gli attori importanti».
Stephen Miran (Ansa)
L’uomo di Trump alla Fed: «I dazi abbassano il deficit. Se in futuro dovessero incidere sui prezzi, la variazione sarebbe una tantum».
È l’uomo di Donald Trump alla Fed. Lo scorso agosto, il presidente americano lo ha infatti designato come membro del Board of Governors della banca centrale statunitense in sostituzione della dimissionaria Adriana Kugler: una nomina che è stata confermata dal Senato a settembre. Quello di Stephen Miran è d’altronde un nome noto. Fino all’incarico attuale, era stato presidente del Council of Economic Advisors della Casa Bianca e, in tale veste, era stato uno dei principali architetti della politica dei dazi, promossa da Trump.
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