
Dopo 400 giorni di carcere vissuti da cristiano, nonostante le false accuse di pedofilia, il porporato scelto dal Papa per ripulire le finanze è stato assolto. E i suoi vecchi nemici masticano amaro.Il «ranger» australiano è tornato, il cardinale George Pell è a Roma. Erano molti che tra le vie di Borgo Pio e le sacre stanze dicevano che contavano di «non vederlo più» e ora stanno masticando amaro, anche se il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, ha tenuto a far sapere che non c'è «nessuna coincidenza» tra il ritorno di Pell, già super segretario dell'economia vaticana, e le note vicende del defenestramento del cardinale Angelo Becciu. Tra il porporato australiano e il pastore sardo non correva grande simpatia, il primo era stato indicato dal Papa nel 2014 come capo del neo dicastero per l'economia e aveva il compito di fare le pulizie tra i forzieri vaticani, il secondo era il numero due della potentissima segreteria di Stato, dotato di una sua autonomia di gestione che non voleva farsi scippare con facilità. Quando il «ranger» - questo il nomignolo affibbiato a Pell un po' per la stazza da rugbista, un po' per i modi spicci poco consoni alla macchina vaticana - dovette abbandonare il suo ruolo nel 2017 molti speravano di esserselo tolto dai piedi.Pell doveva volare in Australia per difendersi da accuse per abusi risalenti a un quarto di secolo fa a Melbourne. Dopo essere passato per due condanne e quasi 400 giorni di galera, lo scorso aprile Pell è stato assolto all'unanimità dall'Alta corte australiana e il «ranger» è tornato libero. Quando il cardinale subiva condanne discutibili, passava le sue giornate in prigione, e veniva scaricato da quasi tutti, il ritornello che molti cantavano era che «il processo a George Pell è stato condotto con cannoni australiani e munizioni vaticane…». Ma la cosa restava nell'underground ecclesiale, ciò che le voci ufficiali della Chiesa spendevano per il caso Pell era una distanza politicamente correttissima.Le recenti rivelazioni a mezzo stampa, che si collocano a latere dell'inchiesta che vede al centro la figura del cardinale Becciu, avanzano, invece, elementi a supporto del ritornello. Ci sono 700.000 euro inviati in Australia su disposizione di Becciu che, si leggeva ieri anche sul Corriere della Sera, «potrebbero essere stati usati per “comperare" gli accusatori nel processo per pedofilia contro il cardinale George Pell». Al di là di ciò che emergerà dall'indagine, resta il fatto che oggi il trionfatore morale di tutta la faccenda è il cardinale Pell che torna a Roma e può guardare negli occhi tutti gli interlocutori vaticani che gli si dovessero parare davanti.La domanda che rimaneva sospesa quando si parlava del cardinale ex segretario all'economia, ossia se Pell si trovasse nei guai per ciò che sapeva e il ruolo ricoperto, forse resterà senza risposta, ma il cardinale nei diari scritti durante la prigionia parlava da uomo di fede dimostrando una tempra importante. Nella Chiesa dei primi tempi si chiamavano confessori della fede.«Non ho mai scelto questa situazione», scrive nella sua cella, «né mi sono prodigato per evitarla; ma eccomi qui, e devo fare di tutto per compiere la volontà di Dio». Abbiamo potuto leggere il diario scritto da Pell nelle prime otto settimane di carcere, di cui in questi giorni il mensile Il Timone pubblica ampi stralci in esclusiva per l'Italia su concessione dell'editore statunitense Ignatius press. Domenica 31 marzo 2019 il cardinale annota queste righe nella sua cella: «Ho passato diverse ore ad aprire e leggere gli ultimi gruppi di lettere (ricevute). Come sempre hanno fornito molti spunti di riflessione». Quella di ricevere corrispondenza, infatti, era una delle poche attività permesse a Pell in galera. «Per la terza volta», prosegue il diario, «una lettera includeva un messaggio su di me dato dalla Madonna alla veggente irlandese Chiristina Gallagher (o almeno così si dice), dove la Madonna ha affermato che “il motivo per cui il potere delle tenebre lo ha oscurato (si riferisce a me) con false accuse" era il lavoro che stavo svolgendo per correggere illeciti finanziari e comportamenti sessuali scorretti in Vaticano. Tutti i principali agenti della riforma finanziaria in Vaticano sono stati attaccati, soprattutto dalla stampa, e alcuni di questi alti esponenti a Roma sentono che i miei problemi australiani sono connessi a questo. Non abbiamo alcuna prova di tale connessione, anche se non escludo la possibilità, ma la Madonna deve sapere più di me se la locuzione è genuina. Un vescovo dovrebbe essere rispettoso di tali locuzioni e apparizioni, ma profondamente scettico, perché uno dei ruoli speciali del vescovo è quello di testare i carismi, essendo lento a dare il sigillo di approvazione».A questo punto può darsi che il suo ritorno a Roma, come dice il cardinale Parolin, sia solo una coincidenza. Può darsi che nel duro defenestramento di Becciu da parte del Papa ci sia il sentimento di chi si sente tradito da uno dei suoi uomini più fidati, uomini che forse non avevano contribuito a mettere in buona luce il «ranger». Poi oggi si scopre che il «conservatore» Pell, quello che insieme a altri 13 padri firmava una lettera in cui si mettevano per iscritto i dubbi su come veniva gestito il Sinodo sulla famiglia del 2015, potrebbe essere onesto e veritiero. Alla fine, come dice lui nei suoi diari, si verrà a capire che la sua colpa più imperdonabile sia proprio quella di essere etichettato come «conservatore». Le brutte faccende che sconvolgono in questi giorni il Vaticano dimostrano che certi collaboratori fidatissimi evidentemente agli occhi del Papa si sono rivelati il contrario, aprendo per l'ennesima volta il capitolo del modo in cui Francesco sceglie i suoi uomini. Di certo gente come Pell dimostra che ha il coraggio di ciò che pensa e crede, persino il coraggio di dire a colui che deve servire di non essere d'accordo. Senza tradirlo.
Un frame del video dell'aggressione a Costanza Tosi (nel riquadro) nella macelleria islamica di Roubaix
Giornalista di «Fuori dal coro», sequestrata in Francia nel ghetto musulmano di Roubaix.
Sequestrata in una macelleria da un gruppo di musulmani. Minacciata, irrisa, costretta a chiedere scusa senza una colpa. È durato più di un’ora l’incubo di Costanza Tosi, giornalista e inviata per la trasmissione Fuori dal coro, a Roubaix, in Francia, una città dove il credo islamico ha ormai sostituito la cultura occidentale.
Scontri fra pro-Pal e Polizia a Torino. Nel riquadro, Walter Mazzetti (Ansa)
La tenuità del reato vale anche se la vittima è un uomo in divisa. La Corte sconfessa il principio della sua ex presidente Cartabia.
Ennesima umiliazione per le forze dell’ordine. Sarà contenta l’eurodeputata Ilaria Salis, la quale non perde mai occasione per difendere i violenti e condannare gli agenti. La mano dello Stato contro chi aggredisce poliziotti o carabinieri non è mai stata pesante, ma da oggi potrebbe diventare una piuma. A dare il colpo di grazia ai servitori dello Stato che ogni giorno vengono aggrediti da delinquenti o facinorosi è una sentenza fresca di stampa, destinata a far discutere.
Mohamed Shahin (Ansa). Nel riquadro, il vescovo di Pinerolo Derio Olivero (Imagoeconomica)
Per il Viminale, Mohamed Shahin è una persona radicalizzata che rappresenta una minaccia per lo Stato. Sulle stragi di Hamas disse: «Non è violenza». Monsignor Olivero lo difende: «Ha solo espresso un’opinione».
Per il Viminale è un pericoloso estremista. Per la sinistra e la Chiesa un simbolo da difendere. Dalla Cgil al Pd, da Avs al Movimento 5 stelle, dal vescovo di Pinerolo ai rappresentanti della Chiesa valdese, un’alleanza trasversale e influente è scesa in campo a sostegno di un imam che è in attesa di essere espulso per «ragioni di sicurezza dello Stato e prevenzione del terrorismo». Un personaggio a cui, già l’8 novembre 2023, le autorità negarono la cittadinanza italiana per «ragioni di sicurezza dello Stato». Addirittura un nutrito gruppo di antagonisti, anche in suo nome, ha dato l’assalto alla redazione della Stampa. Una saldatura tra mondi diversi che non promette niente di buono.
Nei riquadri, Letizia Martina prima e dopo il vaccino (IStock)
Letizia Martini, oggi ventiduenne, ha già sintomi in seguito alla prima dose, ma per fiducia nel sistema li sottovaluta. Con la seconda, la situazione precipita: a causa di una malattia neurologica certificata ora non cammina più.
«Io avevo 18 anni e stavo bene. Vivevo una vita normale. Mi allenavo. Ero in forma. Mi sono vaccinata ad agosto del 2021 e dieci giorni dopo la seconda dose ho iniziato a stare malissimo e da quel momento in poi sono peggiorata sempre di più. Adesso praticamente non riesco a fare più niente, riesco a stare in piedi a malapena qualche minuto e a fare qualche passo in casa, ma poi ho bisogno della sedia a rotelle, perché se mi sforzo mi vengono dolori lancinanti. Non riesco neppure ad asciugarmi i capelli perché le braccia non mi reggono…». Letizia Martini, di Rimini, oggi ha 22 anni e la vita rovinata a causa degli effetti collaterali neurologici del vaccino Pfizer. Già subito dopo la prima dose aveva avvertito i primi sintomi della malattia, che poi si è manifestata con violenza dopo la seconda puntura, tant’è che adesso Letizia è stata riconosciuta invalida all’80%.






