2020-01-22
Una farsa italiana impossibile da spiegare
La pantomima in giunta e il presidente del Consiglio bifronte: più che uno scontro politico, sembra una commedia di Ennio Flaiano.«Nel luglio scorso ci parlavamo poco». Se la cava così Luigi Di Maio nel goffo tentativo di scendere dalla nave Gregoretti, come un fidanzato in preda all'accidia mentre l'altro se la godeva al Papeete. Poiché era cominciato il grande freddo non si telefonavano, non whattsappavano e di quella imbarcazione della Guardia costiera ferma al porto di Augusta da cinque giorni con i migranti dentro, lui non sapeva niente. O così vorrebbe far credere a noi, popolo di inetti. La notizia apriva tutti i telegiornali, i quotidiani l'avevano in prima pagina e in homepage h24, era il tema social del momento ma il ministro pentastellato - pur non essendo in ferie sul monte Athos - si era chiuso in un grigio mutismo e aveva lasciato fuori il mondo. È solo l'ultima surreale piega di una vicenda inverosimile che una persona normale sognerebbe in forma di incubo dopo un'abbondante libagione a base di fagioli con le cotiche. Sul caso Gregoretti il pollaio Italia sta offrendo il suo peggio al mondo, al punto che se il classico marziano a Roma (che non fosse il premier Giuseppe Conte) o una ragazza alla pari in rientro da New York (che non fosse Rula Jebreal) ci chiedessero cosa sta accadendo, avremmo difficoltà a spiegare senza sprofondare nell'imbarazzo. Per capire qualcosa serve un gesto preventivo: smettere di pensare.Il delirio comincia il 31 luglio 2019 quando i 115 migranti sbarcano (erano 135 ma 4 con mamma incinta vengono mandati a terra subito più 16 minori il giorno dopo) e parte la guerra giudiziaria. Il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, ribadisce di avere difeso l'interesse nazionale (in attesa che altri Stati partecipassero alla ripartizione dei disperati) come aveva fatto un anno prima per una vicenda gemella, quella della motovedetta Diciotti. Allora la procura di Siracusa, sollecitata da una denuncia per sequestro di persona nei confronti di Salvini, aveva archiviato il caso. Immediatamente riaperto però dal tribunale dei ministri di Catania che - in base alle stesse leggi - aveva chiesto l'autorizzazione a procedere, peraltro negata dal Parlamento. «Stessa storia, stesso finale», commentano a questo punto il marziano di passaggio e la baby sitter. E invece no perché il Movimento 5 stelle, che l'altra volta aveva votato per salvare l'alleato Salvini, questa volta è al governo con la sinistra. Quindi, da avversario del leader della Lega, vuole vederlo a processo. «Ma se i casi sono simili, la giurisprudenza dovrebbe essere una sola», obiettano i due amici digiuni di perversioni italiane. Troppo semplice, roba da Paese anglosassone. «Il quadro normativo è diverso», è la posizione dei colpevolisti governativi che si impuntano perfino sulla differenza fra le due navi. La Diciotti è «un natante attrezzato per le operazioni di soccorso in mare», la Gregoretti è «un natante destinato all'attività di Vigilanza da pesca, quindi inadeguato a ospitare un elevato numero di migranti». Dati nautici alla mano, non è una portaerei ma neppure un pedalò. La questione è così di lana caprina da non impedire alla procura di Siracusa di archiviare nuovamente le accuse a Salvini e da indurre il tribunale dei ministri di Catania a chiedere ancora una volta l'autorizzazione a procedere. Siamo in presenza di un corto circuito del diritto che in uno Stato autorevole verrebbe risolto con una telefonata dal ministero ai tribunali competenti: organizzate due convegni e trovate una soluzione che eviti figuracce alla Giustizia. Ma in un Paese a trazione giudiziaria come il nostro nessuno muove un dito. A questo punto il marziano e la baby sitter pongono una domanda scottante: «Perché solo Salvini a processo? Il premier era in aspettativa?».Entra in scena Giuseppe Conte, che durante il caso Diciotti era presidente del Consiglio gialloblù (5 stelle-Lega) quindi innocentista mentre adesso è premier dell'esecutivo giallorosso (5 stelle-Pd) quindi colpevolista. Al netto delle capriole esiste la dignità politica, lo sbandierato senso di responsabilità davanti ai cittadini. Domanda dei due interlocutori, già sbilanciati verso un analgesico: «Come si comporterà?». Conte se la cava con una dichiarazione in linea con le strategie investigative dell'ispettore Clouseau: «Verificherò il ruolo che ho avuto». Altro record da gran paragnosta: un primo ministro che non sa cosa fa il suo governo. Siamo dentro la battuta di Ennio Flaiano: «Conosce il francese?». «Di vista». Qui il teatro dell'assurdo riporta a un classico giudiziario italiano, quello del «non poteva sapere». Conte e Di Maio vorrebbero entrare a far parte della collezione di turisti per caso delle istituzioni e mai delle inchieste, come in Mani pulite accadde a Gianni Agnelli per le tangenti della Fiat (poverino, andava in barca) e ai leader del Pci mentre Primo Greganti teneva la bocca chiusa. Per tutti gli altri, soprattutto per Silvio Berlusconi, valeva invece il «non poteva non sapere» che aveva come colonna sonora il tintinnio di manette. A distanza di un secolo domina nella sua prepotenza il motto di Giovanni Giolitti: «Per i nemici le leggi si applicano, per gli amici si interpretano».Così si arriva all'ultimo atto in linea con la schizofrenia dei precedenti. Il caso Gregoretti sbarca alla giunta per le immunità del Senato, dove accade qualcosa che è meglio non rivelare al marziano e alla baby sitter per non far rischiare loro un attacco isterico: i senatori della Lega (innocentisti) dicono sì al processo a Salvini, mentre Pd e 5 stelle (ferocemente colpevolisti) non si presentano neppure in aula. In Italia è sempre vero anche il contrario. I pentastellati, che per la Diciotti avevano consultato gli iscritti alla piattaforma Rousseau prima di votare, in questo caso si guardano dal farlo. Per non rischiare, da parte della gente normale, un grammo di coerenza.
Kim Jong-un (Getty Images)
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È stato pubblicato sul portale governativo InPA il quarto Maxi Avviso ASMEL, aperto da oggi fino al 30 settembre. L’iniziativa, promossa dall’Associazione per la Sussidiarietà e la Modernizzazione degli Enti Locali (ASMEL), punta a creare e aggiornare le liste di 37 profili professionali, rivolti a laureati, diplomati e operai specializzati. Potranno candidarsi tutti gli interessati accedendo al sito www.asmelab.it.
I 4.678 Comuni soci ASMEL potranno attingere a queste graduatorie per le proprie assunzioni. La procedura, introdotta nel 2021 con il Decreto Reclutamento e subito adottata dagli enti ASMEL, ha già permesso l’assunzione di 1.000 figure professionali, con altre 500 selezioni attualmente in corso. I candidati affrontano una selezione nazionale online: chi supera le prove viene inserito negli Elenchi Idonei, da cui i Comuni possono attingere in qualsiasi momento attraverso procedure snelle, i cosiddetti interpelli.
Un aspetto centrale è la territorialità. Gli iscritti possono scegliere di lavorare nei Comuni del proprio territorio, coniugando esigenze professionali e familiari. Per gli enti locali questo significa personale radicato, motivato e capace di rafforzare il rapporto tra amministrazione e comunità.
Il segretario generale di ASMEL, Francesco Pinto, sottolinea i vantaggi della procedura: «L’esperienza maturata dimostra che questa modalità assicura ai Comuni soci un processo selettivo della durata di sole quattro settimane, grazie a una digitalizzazione sempre più spinta. Inoltre, consente ai funzionari comunali di lavorare vicino alle proprie comunità, garantendo continuità, fidelizzazione e servizi migliori. I dati confermano che chi viene assunto tramite ASMEL ha un tasso di dimissioni significativamente più basso rispetto ai concorsi tradizionali, a dimostrazione di una maggiore stabilità e soddisfazione».
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Roberto Occhiuto (Imagoeconomica)