L’ultimo report elvetico registra il triplo delle reazioni ai vaccini censite qui dall’Aifa: quelle gravi sono il 50% in più. Al di sotto dei 40 anni, i disturbi segnalati sono maggiori del 300% rispetto all’Italia. Un’altra prova che la nostra farmacovigilanza è carente.
L’ultimo report elvetico registra il triplo delle reazioni ai vaccini censite qui dall’Aifa: quelle gravi sono il 50% in più. Al di sotto dei 40 anni, i disturbi segnalati sono maggiori del 300% rispetto all’Italia. Un’altra prova che la nostra farmacovigilanza è carente.I vicini elvetici hanno segnalato quasi il 50% in più di reazioni avverse gravi post vaccino anti Covid, rispetto a quanto riporta l’Agenzia italiana del farmaco. Dati recentissimi, al 22 novembre, mentre l’ultimo report dell’Aifa è ancora fermo al 26 settembre. Dubitiamo che l’aggiornamento, quando uscirà, possa contenere percentuali molto diverse, in ogni caso allo stato attuale o il vaccino sta dando più problemi in Svizzera, o la farmacovigilanza della Confederazione funziona meglio che da noi. I numeri di questa settimana, riferiti a Svizzera e Liechtenstein, sono di complessive 50.528 reazioni segnalate su 16.734.858 dosi somministrate dal 1 gennaio 2021. Ogni 100.000 dosi, 302 eventi avversi notificati alle autorità sanitarie elvetiche. Per l’Italia, con un conteggio che parte pochi giorni prima, dal 27 dicembre 2020, al 26 settembre 2020 erano indicate 139.548 reazioni avverse su 140.689.960 dosi di vaccino, ovvero 99 per 100.000 somministrate. Già da questi dati, è evidente una proporzione sospetta. Come è possibile che nel nostro Paese ci siano segnalazioni inferiori a un terzo, rispetto a quanto viene denunciato nei Cantoni? Non ci risulta che gli svizzeri abbiano un sistema immunitario così scassato, da reagire male alle vaccinazioni, o che gli italiani siano così forti e sani da essere passati pressoché indenni attraverso tre o quattro dosi. Anzi, dalle segnalazioni riportate sui siti delle associazioni di danneggiati, sembra proprio che gli effetti negativi del vaccino non abbiano risparmiato centinaia, migliaia di nostri concittadini. Ma torniamo ai dati elvetici. Delle 50.528 notifiche pervenute, al 22 novembre ne erano state analizzate 16.212. Di queste, 10.013 (61,8%) erano segnalate come non gravi e 6.199 (38,2%) come gravi. In Italia, su 139.548 reazioni avverse totali, le non gravi risultavano 113.709 (81,5% circa) e le gravi 25.839 (18,5%). Cioè il 48,5% in meno di quanto avvertono in Svizzera. Qualche cosa non quadra davvero, nella raccolta di segnalazioni effettuate nel nostro Paese. Non solo, secondo Swissmedic, che è l’autorità centrale svizzera di omologazione e controllo per gli agenti terapeutici, nella maggior parte dei casi una notifica contiene più di una reazione: «Una media di 3,12». Immaginiamoci quanti problemi, anche gravi, sono stati sofferti da una stessa persona nel corso della stessa somministrazione o di dosi ravvicinate. Invece, come nulla fosse, viene raccomandato il doppio o triplo richiamo che non serve per difendersi dal contagio, mentre moltiplica le possibili reazioni sul sistema immunitario. E il 33% degli eventi segnalati dopo la vaccinazione con un bivalente sono stati classificati come gravi.Ipotizzando che la proporzione delle segnalazioni fino ad oggi analizzate in Svizzera risulti uguale per tutte le 50.528 reazioni avverse inoltrate da medici, farmacisti, avvocati o dagli stessi cittadini che ne sono rimasti colpiti, le non gravi risulterebbero 31.226 (61,7% ogni 100.000 dosi) e 19.302 (38,1%) quelle gravi. Quasi il doppio dei danneggiati, per breve o lungo tempo, è di sesso femminile (62,1%). Anche in Italia, il 69,3% delle segnalazioni riguarda le donne e non vengono cercate né fornite spiegazioni.Un quadro per nulla confortante. Anche perché la maggior parte dei danneggiati (67,1%) erano in un’età compresa tra 18 e 64 anni. Se guardiamo le tabelle, 5.800 persone avevano tra 18 e 40 anni, 5.066 da 45 a 64 anni, quindi under 65 e soprattutto in una fascia non a rischio di ammalarsi gravemente di Covid. I colpiti da eventi avversi, in fascia 65-74 anni, che hanno fatto segnalazioni in Svizzera e Liechtenstein erano 1.482, e 1.704 gli ultrasettantacinquenni. Quasi 6.000 under 40 colpiti da un evento avverso, rispetto a 1.482, sono circa il 300% in più. Percentuali che non possono non preoccupare, pensando a giovani più esposti a subire conseguenze da una vaccinazione, anche più volte ripetuta. Non sono da poco neppure i numeri relativi ai minorenni, con 186 segnalazioni in fascia 12-17 anni, 17 da 2 a 11 anni, 7 da 28 giorni a 23 mesi. C’è bisogno di farli star male, quando il vaccino anti Covid a quell’età non serve, a meno che non siano piccoli con gravi patologie? Anche in Italia, l’età media delle persone che hanno avuto un sospetto evento avverso è 47 anni, però il dato non ha fatto sobbalzare le autorità sanitarie. Come si può continuare a raccomandare dosi aggiuntive, senza prima approfondire perché così tante persone, giovani e in forza lavoro, subiscono contraccolpi da vaccino? Ancorati all’inadeguato algoritmo, che venne stabilito dal Comitato consultivo globale per la sicurezza dei vaccini (Gacvs) dell’Oms, per valutare la probabilità di correlazione di un evento con la vaccinazione, si esclude un’infinità di eventi avversi che non possono già comparire nella letteratura scientifica. Davanti alle segnalazioni, l’atteggiamento comune è minimizzare o addirittura attribuirle a posizioni no vax, come accade a Casarza Ligure, dove questo pomeriggio, con il patrocinio del Comune, avrà luogo un dibattito sugli eventi avversi, giudicato dal Pd un pericoloso insulto alla campagna vaccinale.
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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