2023-11-27
D’Alema torna in pista. Ora fa il consulente d’affari del bancarottiere Intrieri
Massimo D'Alema (Imagoeconomica)
Dopo le operazioni con la Colombia, l’ex premier si lega alla compagnia Aeroitalia. L’ad del vettore che ha subito una condanna: «Ci darà una mano sui mercati stranieri».Ormai lo possiamo ribattezzare «il politico con le ali». Massimo D’Alema, nella sua nuova vita di consulente, sembra avere la passione smodata per i campi d’aviazione. Tanto da essere tornato in pista con la nuova compagnia Aeroitalia con la missione di aprire nuovi mercati all’estero. Ma fa specie che l’azienda, di proprietà al 100% del presidente francese Marc Bourgade, abbia scelto per questo lavoro da lobbista un personaggio sospettato di corruzione internazionale per il ruolo di intermediario svolto nella celebre trattativa con il governo colombiano per la vendita di una trentina di aerei da caccia, sommergibili e corvette, prodotti da Fincantieri e Leonardo con il governo colombiano. In un audio svelato dalla Verità l’ex primo ministro auspicava di portare a casa 80 milioni di euro di commissioni e, invece, si è trovato sotto inchiesta e senza neanche la consolazione di un bell’assegno. A causa di quello scandalo, D’Alema è rimasto in panchina per un po’, ma adesso sembra essere tornato a giocare con gli aeroplanini, come consulente della compagnia Aeroitalia per aprire mercati stranieri.Il sito Avionews, per esempio, lo ha intervistato in occasione dell’evento organizzato ad Alghero il 20 novembre scorso per il raggiungimento del traguardo del milionesimo passeggero del vettore.«Per me è una soddisfazione partecipare al progetto di Aeroitalia, una compagnia italiana nata da una piccolissima attività di charter e che in un anno è diventato sostanzialmente il terzo operatore nel nostro Paese», ha scandito orgoglioso. Per l’ex premier il suo nuovo datore di lavoro, «non è solo un’impresa che vuole fare soldi», ma che «comprende le esigenze dei cittadini» e che lotta contro il rischio di «un monopolio straniero» nei nostri cieli.Aeroitalia ha iniziato a operare nel maggio del 2022 e punta ad andare in Borsa. L’anno scorso il valore della produzione è stato di 21 milioni, con un utile di 200.000 euro. «Ma al 30 di agosto di quest’anno avevamo già circa 8 milioni di utile. Siamo l’unica compagnia italiana che guadagna», sottolineano dall’azienda.Attualmente la compagnia serve 27 destinazioni, ha 300 dipendenti e la flotta è composta da sette Boeing 737, due Atr 72 e altri due velivoli sono in arrivo. Dal 17 febbraio 2023, a seguito dell’aggiudicazione del bando di continuità territoriale, copre diverse rotte da e per la Sardegna, ma è molto presente anche in Sicilia.D’Alema, a quanto risulta alla Verità, ha firmato un contratto che prevede un fisso mensile di 5.000 euro e delle success fee che saranno quantificate se la compagnia aprirà nuove rotte all’estero anche grazie al suo lavoro. I contenuti dell’accordo ci sono stati confermati dall’ad Gaetano Intrieri, il quale ci ha spiegato come sia arrivato a D’Alema: «Ce lo ha presentato una società di intermediazione finanziaria, la Euroansa, a cui ci eravamo rivolti per trovare degli advisor. L’ex premier lavora con noi da circa un mese».Il manager ci descrive la natura dell’incarico: «È uno dei consulenti che abbiamo per andare sui mercati stranieri. Deve darci una mano nelle relazioni diplomatiche. Noi stiamo volando essenzialmente in Italia e per questo cercavamo un advisor per la parte estera... lui ha una società di consulenza».La DL & M advisor di D’Alema nel 2020 ha fatturato 426.000 euro con 202.000 di utili, l’anno dopo gli affari sono decollati (1 milione di fatturato e 581.000 euro di guadagno), mentre, con l’esplosione del Columbia gate, le entrate sono un po’ calate, come i profitti (rispettivamente 815.000 e 393.000 euro).Inizialmente Intrieri glissa sui problemi giudiziari di D’Alema e lo facciamo anche noi.Prevediamo che Aeroitalia potrà volare in Paesi come Colombia, in Albania, in Cina, in Libano, tutti Stati in cui l’ex premier ha rapporti consolidati, e l’ad ammette: «Mi ha detto che è forte in Cina, ma purtroppo noi non abbiamo gli aerei per arrivare fin là e neanche in Colombia. Mi ha anche riferito che si reca spesso a Tirana. Comunque non siamo interessati a queste rotte e siamo noi che gli diciamo dove vogliamo andare. Stiamo cercando di indirizzarci verso la Spagna, il Medio Oriente, ma soprattutto ci interessa la Francia, dove le garantisco che l’ex premier è forte. Un altro obiettivo era Israele, ma adesso, ovviamente, ci siamo un po’ fermati». In quale altro Paese pensate vi possa aiutare D’Alema? «Adesso che siamo stati designati sul Cairo dall’Enac (ente nazionale per l’aviazione civile), questa è un’altra destinazione a cui siamo molto interessati, e quando vai in quei posti cerchi di stabilire contatti con le autorità locali... altrimenti non fai business. D’Alema ormai fa questo, è un costruttore di relazioni internazionali».Chiediamo se con la decisione di ingaggiare l’ex premier, non abbiano paura di essere etichettati politicamente e il manager ci risponde: «Per carità. Noi siamo super partes. Abbiamo anche Renato Schifani». Ma lui è un governatore... «Sì, però ci aiuta molto, siamo molto legati a lui... c’è un rapporto molto forte perché lui ci ha scelto per risolvere il problema del caro voli e questo ha creato una forte cooperazione tra noi e la Regione siciliana». Quindi non c’è un rapporto economico con lui? «Assolutamente no, Schifani non è un advisor, ma è un governatore con cui collaboriamo moltissimo e che per noi sta lavorando molto bene».A questo punto decidiamo di giocare a carte scoperte e facciamo notare a Intrieri che come consulente hanno messo sotto contratto un personaggio accusato di corruzione internazionale, finito sul registro degli indagati proprio perché avrebbe dovuto aprire un mercato straniero, quello colombiano, a due partecipate. Un po’ lo stesso ruolo che deve svolgere per Aeroitalia. Intrieri cade dalle nuvole (se fa finta, lo fa molto bene): «Mi coglie di sorpresa. Non ho mai sentito parlare di questa storia della Colombia. Ma quando è successo?».Spieghiamo che, a causa di questa vicenda giudiziaria, il reclutamento di D’Alema come advisor per l’estero ci sembra azzardata e Intrieri prova a smarcarsi: «La scelta, più che il sottoscritto, l’ha fatta il nostro presidente che gestisce gli advisor. Questo, però, sposta di poco la questione. E, in ogni caso, qui non c’è nessuno da corrompere. D’Alema non è stato chiamato per quello, ma perché è stato capo del governo». Gli suggeriamo di approfondire l’argomento su Internet. Dopo pochi minuti Intrieri ci ricontatta e confessa: «Non nascondo di essere molto meravigliato. Io adesso ne devo parlare con il presidente e con l’advisory board, che sono sicuro fossero all’oscuro di questa cosa. D’Alema è venuto con noi in Sardegna e nessuno ha detto mezza parola. Sono sconcertato. Tra l’altro mi sembra una cosa anche abbastanza seria». Poi ha un sussulto di garantismo: «Certo uno è innocente sino al terzo grado di giudizio, ma mi sembra un bel casino».Intrieri ci tiene a precisare che rispetto all’affare colombiano qui girino ben altre cifre: «Con noi 80 milioni, D’Alema non li prenderebbe neanche se lavorasse per i prossimi 50 anni. Qui le success fee non sono state nemmeno concordate, è ancora troppo presto. Il suo è un normale lavoro di lobbying e ogni commissione, a risultato ottenuto, può valere al massimo 20-30 mila euro. Noi non possiamo pagare i consulenti 1 milione. Io che sono l’ad percepisco uno stipendio di 7.500 euro netti e i 5.000 di D’Alema sono lordi». Prenderete provvedimenti? «Penso che domani dovremo convocare un cda per valutare. Dovremo parlare anche con lui, che certamente non dirà di essere colpevole». Ma potete avere come advisor una persona indagata per corruzione internazionale? «Non possiamo permettercelo» concede. E sembra sinceramente indignato: «Mi risulta che sia advisor anche di una nota banca, in cui dovrebbe avere un ruolo importante. Gli istituti di credito ancor più delle compagnie aeree dovrebbero avere dei codici di onorabilità. Siamo proprio il Paese dei balocchi». Passano alcuni minuti e Intrieri ci richiama. La linea pare cambiata: «Ho parlato con il presidente e abbiamo concordato che prima di prendere qualsiasi decisione dovremo confrontarci con D’Alema. Le confermo, però, che né io né Bourgade fossimo a conoscenza di questa vicenda».Una retromarcia suggerita forse dall’allocuzione evangelica su chi abbia il diritto di scagliare la prima pietra. Infatti l’ad di Aeroitalia non ha fedina penale, né indole da lanciatore. Personaggio simpatico e ruspante ha fatto da consulente per la Procura di Civitavecchia nel procedimento sulla malagestione di Alitalia, ma, nel 2018, ha anche dovuto lasciare la squadra di esperti dell’ex ministro dei Trasporti Danilo Toninelli per un problema giudiziario. Infatti nel 2017 ha subito una condanna definitiva per bancarotta fraudolenta patrimoniale, di cui aveva dato notizia in anteprima questo giornale.Da amministratore delegato di un’altra compagnia aerea, la Gandalf Spa, fallita nel 2004, aveva sottratto 479.000 euro dai conti della società per appianare debiti personali e per questo è stato condannato a 2 anni e 6 mesi (grazie al riconoscimento delle attenuanti generiche). La sentenza biasimava la «condotta processuale» dell’imputato (con le sue dichiarazioni avrebbe «clamorosamente preso in giro il Gip» e avrebbe confessato solo dopo essere stato messo alle strette) e rimarcava la «non incensuratezza».Con noi Intrieri mostrò tutta la sua sportività: «Io quella condanna ce l’ho. Me la tengo, soffro e sto zitto». E con il direttore Maurizio Belpietro aggiunse: «Se è arrivata vuol dire che l’ho meritata e certo non mi nascondo».Adesso deve gestire il caso D’Alema, mentre la Procura di Napoli sembra pronta a inviare l’avviso di chiusura delle indagini all’ex premier e ai suoi presunti complici. Uno di questi, l’ex sindaco di Carmiano Giancarlo Mazzotta, un paio di settimane fa ha già dovuto incassare una condanna a 2 e 6 mesi per tentata concussione in un processo su alcuni presunti illeciti per il rinnovo del consiglio di amministrazione di una banca pugliese, ai tempi in cui lo stesso Mazzotta era socio e amministratore di fatto dell’istituto di credito. Estinto invece il reato di estorsione, riqualificato in violenza privata. Per fortuna di Mazzotta è caduta l’aggravante del metodo mafioso. Adesso lui e D’Alema dovranno dimostrare di non essere dei corruttori di livello internazionale.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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