2020-10-18
Dal primo aprile scatta la plastic tax. Per gli ospedali previste le briciole
Pd e Iv fanno muro sulla manovra. Ieri sera convocati d'urgenza Roberto Gualtieri e i capigruppo. Per la sanità solo 1,5 miliardi: un modo per chiedere il Mes? Resta lo spauracchio Imu, l'assegno unico per i figli sparisce.La convocazione del consiglio dei ministri dedicato all'approvazione del documento pubblico di bilancio e della bozza di manovra appariva già da ieri mattina come scritta sulla sabbia. Pomeriggio di litigi e poi verso le 20, sempre di ieri sera, convocazione d'urgenza dei rappresentanti del Mef, Roberto Gualtieri in testa, e dei capigruppo della maggioranza. Le discussioni del pomeriggio non sono bastate a sciogliere i nodi dentro la compagine giallorossa. Italia viva si è (correttamente) impuntata contro la scelta di fa scattare la plastic tax già dal prossimo anno. Nella bozza visionata dalla Verità ieri sera l'imposta (in grado di mettere in ginocchio un comparto che vale per l'Italia circa 8 miliardi all'anno e che ogni mese garantisce 36.000 posti di lavoro) non era per nulla stata abolita. Solito magheggio: spostata dal primo gennaio al primo aprile. Da qui il furibondo litigio che si è spinto anche ad altri temi. Nonostante le promesse del ministro Gualtieri e della titolare della famiglia la renziana Elena Bonetti l'assegno unico per i figli è tutt'altro che definito. Non a caso il testo in ingresso al cdm spiega che sarà necessario finanziare il vecchio assegno di paternità «se il nuovo slitta al 2022» salvo poi due pagine dopo prevedere un budget importante (3 miliardi) anche se pur sempre limitato per far partire la promessa di sostegno alle famiglie dal primo luglio. In ogni caso si farebbe il classico gioco delle tre carte. Cioè nominando come assegno unico in realtà un collage di vecchi ammortizzatori senza un reale potenziamento, che costerebbe almeno 10 miliardi. Alla sanità e ai vaccini in tutto per il 2021 non andrebbero più di un miliardo e 500 milioni. Il che apre l'altra faglia che anche per la giornata di ieri ha schiacciato su posizioni opposte i giallorossi. Il motivo del contendere è il solito: il Mes. La strategia del Pd sembra essere quella di ritardare il più possibile la definizione del documento pubblico di bilancio per valutare l'ulteriore impennata dei contagi. E a quel punto far inserire direttamente dentro la legge finanziaria la richiesta di attivazione del Mes che con i suoi 36 miliardi circa di euro in un settennio garantirebbe già per il 2021 una fetta ampia da destinare agli interventi di urgenza, tipo la costruzione di terapie intensive. È però un gioco politico sporco. Perché, come il Tesoro ha già ribadito infinite volte, l'Italia non ha alcuna difficoltà ad accedere ai mercati del debito. Al contrario, negli ultimi mesi ha dimostrato di finanziarsi in modo egregio. Allora stona questa minuscola quantità di denaro messa a bilancio per la salute pubblica. A meno che (e ormai sembra ovvio) non la si riduca volutamente proprio per chiedere il Mes. Che a sua volta non fornirebbe alcuna garanzia ai cittadini italiani. In questi mesi infatti, pur avendo liquidità a disposizione, il governo non ha fatto nulla. Il problema è che attivando le garanzie del Mes, così come i primi 14 miliardi di euro di fondi del Recovery (come confermato dalle bozze circolanti della manovra), rischiamo di non avere infrastrutture né servizi e di trovarci solo gli effetti collaterali. Il tema dell'Imu sulla prima casa passa proprio da qui. Dopo la diffusione della notizia della risposta di Paolo Gentiloni sulle raccomandazioni fiscali dell'Ue, il commissario ha replicato che non chiederà mai nuove tasse. Inutile dire, che è un gioco di parole. Togliere l'esenzione non è mettere nuove tasse ma ripristinare di fatto quelle vecchie volute ai tempi di Mario Monti. L'Imu prima casa abolita da Matteo Renzi varrebbe circa 4 miliardi di euro. Non è poco. Per questo il governo ieri non avrebbe affrontato il tema spostandolo nei dettagli della legge finanziaria da definire a dicembre. D'altronde a tenere tutti sulla graticola c'era pure l'altra questione fiscale, altrettanto bollente: le cartelle esattoriali. «Ritengo del tutto improponibile pensare a nuove tasse in questa fase, o a ripristinarne di vecchie, o ad attivare come se nulla fosse accaduto i procedimenti esecutivi per riscuotere quelle non pagate», ha detto la capo delegazione di Iv Teresa Bellanova, «La situazione economica del nostro Paese è estremamente delicata. Per questo ascolto esterrefatta chi ancora insiste nel volere nuove tasse come la sugar o la plastic, con impatti negativi sulle imprese del settore e sui consumatori: un pessimo messaggio al Paese. O anche chi sottovoce fa ventilare l'ipotesi di ripristinare una tassa che anni fa il governo Renzi ha mandato in soffitta, quella sulla prima casa». Il capogruppo dei renziani Luigi Marattin ha rincarato, minacciando di non votare il Dpb. La critica è secca contro il Pd. Certo manca una parte propositiva. Ad esempio non compare la digital tax che potrebbe se concordate in sede Ue colpire i colossi della Silicon Valley ma anche i player dell'ecommerce cinese. L'unico accordo raggiunto starebbe nella proroga della cassaintegrazione e nel mantenere il divieto di licenziamento solo per le aziende che usano gli ammortizzatori. Vedremo come sarà andata la nottata (nel momento in cui questo articolo andava in stampa la maggioranza ancora litigava), ma una cosa è certa: tutte le componenti dell'esecutivo sembrano aver rinunciato a governare e cercare soluzioni autonome. Si attendono i soldi dell'Ue come se fossero gratis.
Il premier indiano Narendra Modi (Getty Images)