2018-08-31
Daisy, i barconi, le torture. Una balla tira l’altra ma nessuno chiede scusa
Repubblica e Avvenire hanno pubblicato foto e video falsi di sevizie in Libia. Scoperti e sbugiardati, continuano a spargere fango. Come da mesi a questa parte.Sui migranti l'Ue ci pianta ancora in asso. I ministri della Difesa non trovano l'intesa sulla proposta italiana di rotazione dei porti di sbarco. Elisabetta Trenta: «Sono delusa». Il collega dell'Interno minaccia il ritiro dall'operazione Sophia: «Se dovesse arrivare l'ennesimo rifiuto, dovremo fare da soli».Lo speciale contiene due articoli. Nemmeno una riga di smentita. Neppure un trafiletto per ammettere «abbiamo sbagliato». Niente di niente. Mercoledì, Repubblica ha sparato in prima pagina «i video shock delle torture» subite dai migranti in Libia. Con un articolo strappalacrime di Francesco Merlo ha cantato la triste sorte dei «profughi martiri» che non si possono rimandare indietro, onde non riconsegnarli alle «camere di tortura». Peccato fosse tutto falso. Le foto degli stranieri seviziati pubblicate dal giornale, lo abbiamo spiegato ieri, non ritraevano migranti in Libia. Lo stesso vale per i «video shock». Anche noi abbiamo potuto vedere tre filmati di cui sia Repubblica che Avvenire hanno scritto. Il primo mostra il brutale pestaggio di un uomo. Ma è stato girato in Brasile. In un altro si vede una donna presa a bastonate: di nuovo, si tratta di materiale brasiliano. Sul terzo video non ci sono certezze, ma nulla prova che si tratti di violenze su migranti in Libia. Intendiamoci: nessuno nega che i trafficanti di uomini siano criminali spietati e malvagi. E di sicuro, in Nordafrica, non manca chi tortura, magari per ricattare le famiglie dei migranti. Ma un conto è scrivere una cosa del genere, un altro conto è accusare l'Italia di rispedire gli stranieri nelle mani di belve assassine, peraltro basandosi su prove farlocche. I giornali impegnati nella caccia a Matteo Salvini hanno spacciato bufale. E, ovviamente, si sono ben guardati dal chiedere scusa. Repubblica, dicevamo, non si è degnata di commentare. Avvenire ha pubblicato una mezza smentita, limitandosi a spiegare di aver stampato una didascalia sbagliata. «I video sui lager sotto accusa. Ma l'orrore non è un fake», ha scritto il giornale dei vescovi. In verità è falso eccome. I video, come si può scoprire facendo qualche indagine sulla Rete, non riguardano la Libia. Le foto nemmeno. Eppure, tutto questo materiale è stato utilizzato per sputare veleno all'indirizzo del governo barbaro. Pur di spargere fango, anche le balle e le mistificazioni vanno bene. Se roba di quel genere l'avesse pubblicata un giornale non progressista, apriti cielo. Sarebbe immediatamente cominciato il linciaggio, politicanti di ogni ordine e grado avrebbero chiesto la chiusura della testata e punizioni esemplari per i colpevoli. Ma per le falsità riportate dai quotidiani immigrazionisti, invece, non c'è condanna. Possono tranquillamente andare avanti ad accusare di razzismo e xenofobia chi si oppone all'invasione. Si permettono perfino di dare lezioni, costoro. Giusto ieri, proprio su Repubblica, è apparso un articolo involontariamente grottesco. Un editoriale impegnatissimo firmato dallo scrittore spagnolo Javier Cercas intitolato «La foresta dell'inganno». Secondo l'illuminato romanziere, da quando sono in giro personaggi come Donald Trump e Matteo Salvini, «la menzogna non ha mai avuto tanta capacità di dilagare come adesso. Il trionfo della bugia è la sconfitta della libertà». «Le bugie», tromboneggiava l'ispanico, «continuano a funzionare a pieno regime; la psicosi dell'immigrazione che si è scatenata negli ultimi mesi in Europa, grazie a personaggi come Salvini, Seehofer e compagnia bella, è fondamentalmente frutto di grandi menzogne». Davvero ci sarebbe da sbellicarsi se la questione non fosse drammatica. La filippica sulle balle populiste di Javier Cercas viene pubblicata da un giornale che, giusto 24 ore prima, ha venduto una bufala colossale sull'immigrazione. E non è nemmeno la prima volta. Forse Cercas e le altre anime belle della sua risma dovrebbero tenere a mente alcuni dei casi giornalistici degli ultimi mesi, prima di vomitare sentenze. Ricordate, tanto per dire, il presunto «allarme razzismo»? Rammentate i commenti sull'aggressione xenofoba all'atleta italiana Daisy Osakue? Matteo Renzi scrisse che la ragazza era stata «selvaggiamente picchiata da schifosi razzisti». In realtà, a lanciarle un uovo e a ferirla a un occhio furono alcuni ragazzetti, tra cui il figlio di un esponente del Pd. Un gesto goliardico finito male, lo definirono. Il razzismo non c'entrava nulla. Così come non c'entrava nel caso della presunta aggressione armata ad un migrante accolto dal sempre arzillo don Massimo Biancalani. Balle sull'emergenza razzismo, balle a non finire pure sull'imminente ritorno del fascismo, di cui certi giornali hanno cianciato per chissà quanto. Balle spaziali anche sulle Ong, a partire dal caso Aquarius, la nave «abbandonata in balia dei flutti» dal feroce Salvini. Poi saltò fuori che a bordo erano tutti tranquilli e ballavano, ma vabbè. Falsità e manipolazioni si susseguono una dopo l'altra, dalle più sottili riguardo al numero degli stranieri morti in mare fino a quelle più clamorose sulla Libia. Quando vengono smentite, mai nessuno che corregga il tiro. Anzi, di solito i solerti progressisti rincarano la dose, tornano all'attacco più feroci di prima. Alzano il dito e disquisiscono della «percezione errata» che gli italiani avrebbero del problema migratorio. Trattano chiunque sia contrario alle frontiere aperte come un subumano, una belva razzista, un fascio da appendere a testa in giù a piazzale Loreto (fine augurata a Salvini dai simpatici attivisti di sinistra riuniti in piazza a Milano, nonché dal sempre sobrio Oliviero Toscani). Invocano la resistenza più o meno armata, accusano il ministro dell'Interno di essere il demonio, spargono odio e sterco sugli infami reazionari di cui l'Italia è piena. Nel frattempo, si fanno largo a suon di menzogne. Ne abbiamo sentite fino allo sfinimento, in questi anni: da quelle sugli stranieri indispensabili per pagare le pensioni a quelle sull'ineluttabilità delle migrazioni. Altre ne arriveranno, statene certi. Forse a sinistra pensano, così facendo, di recuperare voti. Intanto, però, perdono la poca dignità rimasta.Francesco Borgonovo<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/daisy-i-barconi-le-torture-una-balla-tira-laltra-ma-nessuno-chiede-scusa-2600495746.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="sui-migranti-lue-ci-pianta-ancora-in-asso" data-post-id="2600495746" data-published-at="1757774032" data-use-pagination="False"> Sui migranti l’Ue ci pianta ancora in asso Rischiano di tornare da Vienna come sono partiti dai loro Paesi: con la sola promessa di cambiare la missione navale Sophia. Nulla di fatto ieri al vertice informale dei ministri della Difesa dei Paesi dell'Unione europea, il cui tema centrale era la questione migranti. L'Italia, rappresentata da Elisabetta Trenta, si è vista rifiutare anche l'ultima proposta. Gli altri 27 non hanno infatti trovato l'intesa sull'idea di cambiare le regole di ingaggio per i salvataggi in mare dei migranti effettuati dalle navi dell'operazione Sophia e per l'individuazione dei porti di sbarco. Roma aveva proposto una rotazione dei porti di approdo, per evitare che sia sempre l'Italia a farsi carico del problema. «Ho trovato porte aperte ma anche chiuse», ha commentato la Trenta in conferenza stampa. «Speriamo e crediamo che qualcosa possa ancora cambiare perché domani c'è un nuovo incontro». Respinta anche l'idea del ministro austriaco, il padrone di casa Mario Kusanek, di impiegare militari dei Paesi Ue a supporto di Frontex. La proposta, che sembrava convincere molti ministri e pure Federica Mogherini, presente all'incontro in qualità di Alto rappresentante Ue per gli affari esteri e la politica di sicurezza, è stata bocciata dalla tedesca Ursula von der Leyen, che ha avvertito i colleghi della necessità di mantenere una rigida divisione tra compiti di polizia e militari. E la protezione dei confini è un'attività di polizia. «Tutti condividono l'importanza di Sophia» è un concetto espresso sia dalla Trenta che dalla Mogherini. Peccato che anche questa volta quelli che si dimostrano a parole solidali con l'Italia abbiano fatto un passo indietro. La Trenta, ritenuta con il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi uno dei membri del governo Conte più dialoganti con l'Ue, già qualche giorno fa aveva espresso su Facebook il suo pessimismo: «Ci troviamo di fronte a un'Europa divisa, a un'Europa che vuole arrivare su Marte e poi si ferma a Catania!». A fine incontro, in conferenza stampa, la Trenta si è detta «delusa» davanti a un'«Europa non c'è». E pensando all'assenza di unanimità sulla proposta italiana, il ministro ha sottolineato che «è chiaro che dovremmo fare le nostre considerazioni, ogni decisione verrà presa insieme al governo e al premier, Giuseppe Conte». Parole che lasciano aperta la possibilità di un'uscita dell'Italia dall'operazione Sophia, anche se la Mogherini ha sottolineato come ci sia il «pieno supporto di tutti gli Stati membri». Un sostegno a parole che non va giù a Matteo Salvini. In conferenza stampa a Venezia, il ministro dell'Interno ha avvertito che l'Italia ha «quasi esaurito i bonus dei no a disposizione, poi faremo da soli. Non ci mancano le idee e la fantasia». In particolare sulla missione Sophia, ha detto Salvini, «abbiamo chiesto come estremo gesto di volontà quantomeno la condivisione dei porti di sbarco, perché noi ci facciamo carico di salvare decine di migliaia di vite umane», ma «se arriverà l'ennesimo no dovremo valutare l'opportunità di continuare a spendere soldi, per una missione che sulla carta è internazionale, ma che poi in sostanza tutti gli oneri sono a carico di 60 milioni di italiani». La richiesta ai partner europei di ridistribuire i migranti è arrivata anche dal ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi, a Vienna per la riunione del Consiglio permanente dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce) e per l'incontro informale dei ministri degli Esteri dell'Unione europea. Moavero Milanesi ha detto che «scriviamo solidarietà dappertutto in Europa, ne parliamo, questa è una meravigliosa occasione per dimostrarla». Inoltre, ha sottolineato che per garantire un meccanismo veloce di redistribuzione dei migranti ci sono abbastanza Paesi e porti nel Mediterraneo. Ciò che manca, come da mesi denuncia l'Italia, è la solidarietà, ha evidenziato anche il capo della Farnesina: «Speriamo ancora che la solidarietà arrivi, prima o poi, e che non sia troppo tardi». Moavero Milanesi, vent'anni vissuti nei palazzi di Bruxelles con diversi incarichi (tra cui capo di gabinetto di Mario Monti, al tempo commissario europeo, e segretario generale vicario della Commissione europea guidata da Romano Prodi), ora teme di vedere l'Ue sgretolarsi sulla questione migranti. La Trenta si è detta delusa; alla Farnesina giurano che l'umore di Moavero Milanesi non è tanto diverso. Lo raccontano come un uomo disincanto. Della poca solidarietà degli Stati membri ha parlato anche Antonio Tajani, presidente del Parlamento europeo, in un'intervista a Radici.online. Se avessero condiviso la revisione del trattato di Dublino, già approvata dall'Aula di Strasburgo, che impone la ridistribuzione dei migranti in tutti Paesi, non avremmo mai avuto il caso Diciotti, spiega Tajani. Invece, l'Ue a parole ci aiuta, a fatti è ferma a zero. Ieri la Mogherini si è comunque affrettata a promettere che una soluzione verrà trovata. Ha addirittura raccontato che «uno dei ministri ha detto che se Sophia terminasse ci troveremmo alla situazione precedente e avremo meno strumenti per smantellare il traffico» di esseri umani, invitando ad «accelerare il processo di revisione strategica». Ma le parole dell'Alto rappresentante Ue, che fu ministro degli Esteri nel governo di Matteo Renzi, sembrano ignorare le richieste italiane per la difesa dei confini italiani, ma anche europei. Il primo dei buoni a parole è il presidente francese Emmanuel Macron, attaccato duramente da Matteo Salvini, in questi giorni impegnato in una politica estera tutta sua, che sembra parallela a quella del ministro Moavero Milanesi. «Da inizio 2017 a oggi la Francia del “bravo Macron" ha respinto più di 48.000 immigrati alle frontiere con l'Italia, comprese donne e bambini. Sarebbe questa l'Europa “accogliente e solidale" di cui parlano Macron e i buonisti?». E aggiungiamo noi: sarebbe questa l'Europa così accogliente e solidale che dovrebbe convincere l'Italia a desistere dall'abbraccio con il presidente ungherese Viktor Orbán e il blocco di Visegrad? Gabriele Carrer
La Global Sumud Flotilla. Nel riquadro, la giornalista Francesca Del Vecchio (Ansa)
Vladimir Putin e Donald Trump (Ansa)