2020-11-13
Tutti i favori dei renziani a chi versava soldi a Open
Gli inquirenti collegano i contributi degli imprenditori al salvadanaio dell'ex premier a vari benefici legislativi. Tra gli sponsor, Beniamino Gavio, Carlo Toto, Michele Pizzarotti, Menarini, Pietro Di Lorenzo (quello del vaccino anti Covid) e British tobacco.Dalle udienze private con Matteo Renzi alle proposte di legge fatte consegnare alla sua cerchia, per il tramite dell'avvocato Alberto Bianchi. Le carte dell'inchiesta della Procura di Firenze sulla Fondazione Open fanno emergere i potenziali collegamenti tra i versamenti di vari imprenditori alla cassaforte del Giglio magico, ora tutto indagato per finanziamento illecito, e alcuni provvedimenti approvati sia dall'esecutivo dell'allora segretario del Pd, sia dal successivo governo Gentiloni (del quale, dato il carisma del Moviola, Renzi era una sorta di premier ombra).Alla corte di Open spiccano i big delle infrastrutture. Come Beniamino Gavio, azionista del gruppo omonimo, gestore di varie tratte autostradali del Nord. A ridosso della Leopolda 4, quando la fondazione si chiamava ancora Big Bang, Gavio è tra i contraenti del «patto dell'Ora d'aria», dal nome (non benaugurante) di un ristorante fiorentino. Lì, il 22 ottobre 2013, si riuniscono a cena Renzi, Bianchi, Marco Carrai (l'uomo che avrebbe avvicinato Gavio al Giglio magico), Vito Pertosa, Guido Ghisolfi (scomparso nel 2015), Luigi Pio Scordamaglia e il finanziere Davide Serra. Gavio, assente, si fa rappresentare da Ghisolfi. Come conferma la mail inviata il giorno dopo da Bianchi ai convitati, il banchetto fissa «due presupposti e alcuni impegni reciproci». Gavio (con Pertosa e Scordamaglia) si impegna a versare 100.000 euro l'anno per cinque anni a Open (ma ne arriveranno solo 76.000). In cambio, promette Bianchi, «Matteo (Renzi, ndr) assicura almeno tre incontri all'anno», per «brainstorming a 360 gradi». Sul numero di colloqui, battibeccano Carrai, che ne vorrebbe quattro, e il legale, che ne offrirebbe due («conoscendo quell'altro, quattro non ce li darà mai»). Alla fine, Carrai intima: «Tre». «Democristiano!», ironizza Bianchi. Nel dicembre del 2013, le primarie dem incoronano segretario Renzi. Il 22 febbraio 2014, l'ex sindaco di Firenze fa le scarpe a Enrico Letta ed entra a Palazzo Chigi. Quel mese, Gavio, che ha ricevuto un ringraziamento da Bianchi per aver «già anticipato la somma anche di questo secondo trimestre», fissa un «incontro serale» con Renzi. Il suo impegno confluisce in un «elaborato», presente nel faldone Renzi M. - Think tank: Contenimento delle tariffe e razionalizzazione del sistema autostradale italiano. Da una nota dell'avvocato Bianchi, si scopre che il rapporto è stato «mandato a MR» (Renzi, secondo le carte). Nel testo, Gavio evidenzia la «necessità di rivedere» alcuni meccanismi delle concessioni. Nel plico, gli inquirenti hanno rinvenuto anche una cartellina, con intestazione Sblocca Italia, emendam, contenente un'email di Bianchi del 25 settembre, recante una proposta di emendamento allo Sblocca Italia, che l'avvocato inoltra ad Antonella Manzione, renziana di ferro, già capo dei vigili urbani di Firenze, poi catapultata alla guida del Dipartimento affari giuridici e legislativi della presidenza del Consiglio. Bianchi segnala che «Luca (Lotti, ndr) lo ha già». Ebbene, il decreto Sblocca Italia, pubblicato in Gazzetta Ufficiale l'11 novembre 2014, proroga senza gara la durata delle concessioni a una serie di gestori autostradali, per lo più riconducibili al gruppo Gavio: una coincidenza da 16 miliardi. Dal Nord al Centro Italia, con Alfonso e Carlo Toto, re delle autostrade abruzzesi. Alla base delle loro preoccupazioni, il debito con Anas per le rate scadute del corrispettivo del prezzo della concessione di A24 e A25. Una cifra oggetto di un lungo contenzioso, che rischiava di lievitare, fino al 2030, a 782 milioni di euro. È lo stesso avvocato Bianchi, nel 2018, a ricostruire, in una mail a due colleghi di studio, il metodo Toto. Il quale gli avrebbe «espresso il desiderio di versare a Open […] un importo pari al netto del 2% di quanto, a seguito della nostra attività professionale […] sarà ricavato dai contenziosi/trattative con Anas spa […]», non solo in Abruzzo, ma anche in merito alle «riserve presentate nel corso dell'appalto della variante Ss Aurelia a La Spezia, e di corrispondere a noi l'1% dello stesso ricavato». In sostanza, Bianchi conviene con i Toto di finanziare il forziere renziano tramite compensi formalmente corrisposti per le prestazioni del legale (l'assistenza nella controversia con Aspi sulla variante di valico dell'A1). Una parte dei 3 milioni della parcella (oltre 400.000 euro) è stata poi girata a Open e al Comitato per il sì al referendum costituzionale del 2016. Per Renzi, di lì a poco, le cose volgeranno al peggio: prende una bastonata alle urne e si dimette. Ben diverse le sorti di un emendamento alla manovrina della primavera 2017 (governo Gentiloni), consegnato a Lotti. In una nota dell'avvocato Bianchi al noto esponente del Giglio magico, l'emendamento viene definito «frutto di un'intesa tra loro»: i Toto, appunto, «e Armani», Gianni, al tempo capo dell'Anas. Bianchi, tuttavia, precisa: «Andrebbe detto ad Armani che non è pensabile di dare soluzione (nel senso dell'emendamento) ai problemi delle autostrade A24/A25 se non si dà anche soluzione ai problemi di La Spezia, con il riconoscimento di 50 milioni a Toto e con una perizia di variante fatta per bene». Alla fine, l'emendamento all'articolo 52 quinquies del dl 50/2017, convertito nella legge 96/2017, sospende due rate (2014 e 2015) da oltre 55 milioni di euro l'una, in cambio di un piano di «interventi urgenti» per la messa in sicurezza delle autostrade abruzzesi. Nulla di fatto, invece, per il caso Aurelia bis: il contenzioso tra i Toto e l'Anas porta alla rescissione del contratto, nel giugno 2018. Nel comparto infrastrutture c'è anche l'imprenditore Michele Pizzarotti, patron del gruppo parmense. Nel 2014, Pizzarotti versa a Open contributi per 50.000 euro. Dall'agenda di Bianchi, risultano diversi incontri programmati con lui: tre a marzo 2014, un altro il 17 aprile, la data riportata anche su uno degli elaborati consegnati da Pizzarotti e inclusi nel faldone Renzi M. - Think Tank, dedicato alle Infrastrutture in attesa di rilancio. Altri incontri sono annotati nei mesi di luglio e settembre. Le ricorrenze proseguono tra gennaio e marzo del 2015. Il 15 gennaio 2016, Pizzarotti risulta tra i partecipanti alla cena all'Harry's Bar di Firenze, con Maria Elena Boschi, Carrai, Lotti e il solito Bianchi. Ma quale contropartita potrebbe aver ottenuto il businessman emiliano? Secondo gli inquirenti, vi è una «concomitanza temporale» tra un contributo da 25.000 euro, erogato il 15 ottobre 2014 da Pizzarotti a Open, e lo stanziamento, nella Finanziaria 2014, di 300 milioni per coprire gli ammanchi di traffico sull'autostrada A35, che interessa le province di Brescia, Bergamo e Milano. Un'opera bersagliata da critiche, considerata un inutile doppione dell'A4, iniziata nel 2009 dal consorzio Bbm (che includeva l'impresa di Pizzarotti, il Consorzio cooperative costruzioni e Unieco), ultimata nella primavera del 2014 e inaugurata il 23 luglio di quell'anno, proprio alla presenza di Renzi. I costi dell'infrastruttura, previsti per 800 milioni, al momento del taglio del nastro erano lievitati a quasi due miliardi e mezzo: impossibili da coprire con i pedaggi, visti gli afflussi di vetture inferiori alle attese.Tra i supporter di Open si trova pure Fabrizio Landi, il quale, tra il 2012 e il 2017, ha versato nelle casse della fondazione 18.000 euro. Su di lui gli investigatori annotano che «ha partecipato alle fasi prodromiche dell'iniziativa Big Bang (poi Open, ndr)». Nelle carte il suo nome è collegato in qualità di consigliere di amministrazione a due società del gruppo Menarini, riconducibile alla famiglia Aleotti, «quest'ultima rientrante tra i finanziatori più significativi». Gli Aleotti, infatti, hanno versato 300.000 euro nelle casse della fondazione. È il 15 febbraio 2018 quando una collaboratrice di Bianchi scrive: «Sono arrivati sul conto Fo: 50k (50.000, ndr) da Landini Massimiliano, 50k da Aleotti Luciano, 50k da Aleotti Alberto». Bianchi, insieme a Lucia Aleotti, avrebbe pranzato con «MC (Marco Carrai, ndr)». Tra gli argomenti del simposio anche la «possibile nomina di Lucia Aleotti all'interno di un ente non meglio precisato». Anche la multinazionale British american tobacco Italia spa ha versato contributi a Open, per un totale di 170.000 euro. I referenti del colosso, con gli uomini del Giglio magico, sono Giovanni Carucci e Gianluca Ansalone. Secondo gli investigatori, Luca Lotti ha ricevuto da Carucci due elaborati: il primo, in cui si fa cenno a «1,15 milioni di euro nei prossimi cinque anni (era il 2014, ndr)», in grado di generare «200 posti di lavoro diretti»; la seconda nota, riferita alla fiscalità. Qui, Bat «auspica una revisione del sistema di tassazione che non penalizzi l'industria e non causi distorsioni della concorrenza, consentendo allo stesso tempo lo sviluppo di prodotti meno dannosi attraverso una loro tassazione inferiore rispetto a quella tradizionale». Dalle chat di Bianchi emerge anche questo messaggio ricevuto da Ansalone: «Burocrazia fatta e approvazioni prese. In pagamento il 19/12. Stiamo disinnescando un'ultima bomba con Luca (presumibilmente Lotti, ndr) in legge di bilancio [...]». Gli uomini della finanza scrivono: «Si rileva la concomitanza tra il contributo di 20.000 euro del 21/12/2017 erogato da British american tobacco Italia spa a favore della fondazione Open, con un intervento “in legge di bilancio" evocato da Ansalone (verosimilmente a favore della predetta società) e la “proiezione" verso la campagna elettorale per le elezioni politiche 2018». E poi ci sono le erogazioni per 160.000 euro fatte a Open dalle aziende di Pietro Di Lorenzo e dai suoi familiari. La Irbm spa, posseduta dall'imprenditore campano, insieme all'università di Oxford sta la lavorando al vaccino e al farmaco contro il Covid-19. Nel luglio 2017, Bianchi digita: «Scusa Pietro il 21 al Caffè della Versilia c'è qualche incontro?». «Luglio o agosto?», scrive Di Lorenzo. «Luglio», conferma l'ex capo di Open. «Per Matteo sposto chiunque», lo lusinga il patron di Irbm. Dalle carte s'apprende che pure il contributo disposto da Ezia Ferrucci a favore di Open «è riferibile» all'imprenditore. Gli investigatori si sono focalizzati altresì su due appunti di Bianchi che «possono essere messi in correlazione ai finanziamenti statali a favore della società consortile Cnccs», controllata al 70% proprio da Irbm e che ha ricevuto 8.450.000 di euro da Cipe e Miur e 2.850.000 da Regione Lazio: 11.300.000 euro totali al consorzio dell'uomo che definì il jobs act «una manna dal cielo»...