2019-10-08
Da via Nazionale al Vaticano, il dossier su Carige continua a tallonare il premier
In Bankitalia promosso Piero Cipollone: aiutò Giuseppe Conte a salvare la banca. Ne era socio l'amico di Guido Alpa lambito da un'indagine Oltretevere.Se due indizi fanno una prova, allora l'imperturbabile Giuseppe Conte comincia a vacillare. Il premier, nel tormentato inizio del suo secondo governo, accumula ansie e preoccupazioni. Non bastavano la guerra di spie, l'interrogazione leghista sul suo concorso universitario e la tormentata finanziaria. L'ultimo intrigo che lo coinvolge parte da Palazzo Chigi e arriva a Banca Carige, passando da via Nazionale, Santa Sede e Lussemburgo. Ed eccoli i protagonisti: il governo, il dissestatissimo istituto di credito genovese, la Banca d'Italia, il Vaticano e un fondo immobiliare. Cominciamo dall'ultimo indizio: una notizia pubblicata ieri dal Tempo. Con un'iniziativa piuttosto inusuale, lo scorso 27 settembre Piero Cipollone viene nominato funzionario generale di Bankitalia. Inusuale: perché i mega dirigenti, in perduranti tempi di spending review, passano da 11 a 12. Ma comprensibile: il prescelto, fino a quest'estate, era uno dei consiglieri più fidati e ascoltati di Conte. Un superesperto che, pur offrendo i propri servigi a titolo gratuito, ha risolto alcune delicatissime partite giocate dal premier negli ultimi tempi. Ha sfoderato competenza e arte diplomatica con la Commissione europea e il suo ex presidente, Jean-Claude Juncker. Ha mediato con le due fazioni governative del defunto governo gialloblù: quella del disavanzo a tutti i costi e quella ligia ai parametri Ue. Ha scritto e riscritto alcuni interventi di Giuseppi al cospetto di organizzazioni economiche internazionali. Un'eminenza grigia, insomma. Con uno sterminato e blasonato curriculum: master a Stanford, presidente dell'Invalsi, poi direttore esecutivo della Banca mondiale in rappresentanza di Italia a altri paesi. Dal primo ottobre 2019, ha abbandonato però Palazzo Chigi. Adesso guida, in via Nazionale, il Direttorio per l'organizzazione delle funzioni della Banca e le relazioni istituzionali. Una nomina piuttosto forzata, lascia intendere Il Tempo, che sarebbe stata voluta proprio da Conte. Perché? Chissà. Di sicuro, è stato proprio Cipollone a gestire lo spinoso salvataggio governativo di Carige. Il dossier non smette di impensierire il premier, che lo scorso anno s'è speso senza remore per l'istituto genovese. Con il Partito democratico, oggi suo fedele alleato, che a gennaio 2019 gli rinfaccia un inaccettabile conflitto di interessi. Sotto accusa, finisce l'amicizia con il suo mentore: l'avvocato Guido Alpa, già consigliere d'amministrazione della banca genovese. Così come una vecchia consulenza di Conte a una società dell'imprenditore italo-inglese Raffaele Mincione, socio di Carige. E qui arriviamo al secondo indizio. Quello che trasforma l'intreccio in giallo. Proprio Mincione, come raccontato dalla Verità, è stato appena sfiorato dall'ultimo scandalo scoppiato in Vaticano: una «spericolato» acquisto immobiliare da 200 milioni di dollari a Londra. Dalle carte dell'inchiesta avviata dal promotore di giustizia della Santa sede, emergono i dettagli di questa operazione, cominciata nel 2012. Quando i vertici della prima sezione «Affari generali» della segreteria di Stato decidono di realizzare un investimento con Credit Suisse, la banca svizzera che gestisce fondi riservati della Curia, tra cui quelli delle offerte caritatevoli. All'affare prende parte anche Mincione, a capo della holding Wrm. Viene dunque sottoscritto il fondo Athena capital global opportunities, con sede in Lussemburgo. Tra gli investimenti, c'è pure l'acquisto di un immobile a Sloane Avenue, in un quartiere residenziale di Londra, per 203 milioni di dollari. Insomma, i fondi destinati ai bisognosi sarebbero stati usati per lucrose manovre finanziarie. Oltremanica, perfino. Con un'aggravante: la Brexit, a un certo punto, fa crollare il valore del palazzo. Un grossissimo guaio. La segreteria di Stato chiede quindi aiuto allo Ior, per tentare di uscire dal fondo lussemburghese di Mincione. Manovra che però dà la stura alle indagini dei pm vaticani. Ma il finanziere con stretti legami in Vaticano è in buoni rapporti anche con Guido Alpa, il giurista amico da sempre di Conte. Hanno diviso lo studio e tanti incarichi. L'avvocato ha persino guidato la commissione dell'esame per professore ordinario vinto da Conte nel 2002: un altro supposto garbuglio su cui continua a chiedere lumi la Lega. E Alpa, dal 2009 al 2013, è stato pure nel cda di Carige. Per poi diventare legale di Mincione, azionista dell'istituto, che nei mesi scorsi ha tentato invano di subentrare a Vittorio Malacalza nel controllo del banca. Ma dal passato emergono rapporti anche tra il finanziere italoinglese e lo stesso Conte. Poco prima di diventare premier, l'allora avvocato firma un parere pro-veritate per conto della società Fiber 4.0, di cui Mincione è presidente. «Una questione che non ha nessun collegamento con la banca Carige» ha sempre chiarito Palazzo Chigi. Mentre il Pd urlava al conflitto d'interesse, chiedendo che Conte si astenesse nel consiglio dei ministri che approvava il salva Carige. Ovvero il decreto che, lo scorso gennaio, permette al governo di stanziare un fondo da 1,3 miliardi di euro per la banca e l'uso di risorse pubbliche fino a 4 miliardi, tra garanzie e ricapitalizzazioni. Un salvataggio dietro cui c'è il prezioso e oscuro lavoro di Cipollone, neo funzionario generale di Bankitalia. Così, come nel gioco dell'oca, siamo tornati all'inizio di questa storia. Due indizi fanno una prova?
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Piergiorgio Odifreddi (Getty Images)