2022-01-31
Così hanno incastrato Draghi
Mario Draghi (Getty Images)
La favola di un esecutivo rafforzato dal bis di Sergio Mattarella non tiene: i partiti escono a pezzi, il premier è fiaccato dal mancato cambio di Palazzo e in balia di leader deboli e in cerca di riscatto. Risultato: «pieni poteri» al vecchio dc ed esecutivo a rischio.Secondo i giornaloni, la seconda dose di Sergio Mattarella è un buon ricostituente per il governo, in quanto con le leadership dei partiti uscite a pezzi dalla sfida per la presidenza della Repubblica, a guadagnarne sarà Mario Draghi, che vedrà rafforzato il proprio potere e dunque non dovrà mediare fra forze della maggioranza che mal si sopportano. Io credo invece che le cose non stiano così e che per il presidente del Consiglio si annuncino tempi difficili, perché non soltanto da qui alle elezioni molti nodi verranno al pettine, ma essendo andate in frantumi sia le coalizioni che l’autorevolezza di chi le dovrebbe guidare, Draghi sarà costretto a operazioni di equilibrismo senza più disporre della forza su cui ha potuto contare finora.In molti matrimoni c’è una luna di miele a cui spesso segue quella di fiele. Figuratevi in un matrimonio d’interessi, dove dopo un certo periodo segue la scoperta che nessuno dei contraenti ha più nulla da guadagnare, ma tutto da perdere. Ecco, nella fattispecie è questo il caso. I partiti hanno digerito Draghi perché lo consideravano il solo capo del governo in grado di salvare la legislatura ed evitare elezioni anticipate. L’ex presidente della Bce dal canto suo, ha trangugiato i partiti ritenendoli il prezzo da pagare per arrivare al Quirinale. Se gli onorevoli avevano l’obiettivo di non perdere stipendio e pensione con due anni di anticipo, l’ex governatore era convinto che salvare l’Italia fosse il modo migliore per guadagnarsi sette anni sul Colle. Purtroppo, le cose sono andate diversamente da come gli uni e l’altro avevano previsto. Una cosa tuttavia è certa: l’elezione del capo dello Stato ha fatto emergere il risentimento che una classe politica al capolinea ha maturato nei confronti del premier. Piuttosto che spedirlo al Quirinale avrebbe fatto qualsiasi cosa, pronta a eleggere chiunque, anche una mezza calzetta. Prova ne sia che nella fornace delle consultazioni sono stati bruciati una decina di nomi e insieme si sono consumati anche i vertici dei partiti. Da Salvini a Conte, da Berlusconi a Letta, da Di Maio a Renzi: tutti si sono dimostrati incapaci di reggere il gioco. E il risultato è che nei prossimi mesi sarà difficile tenere la barra dritta, perché non comanda più nessuno. Si va verso la fine della legislatura, ma soprattutto si va verso la conclusione della carriera politica di molti parlamentari, i quali, vuoi per la riduzione dei posti disponibili dopo il voto, vuoi per i cambiamenti in corso con spostamenti significativi dell’elettorato, fra un anno dovranno trovarsi un lavoro. È facile dunque immaginare che nei prossimi mesi, un Draghi indebolito dalla mancata elezione al posto di Mattarella, dovrà fare i conti con un’alta instabilità politica, perché deputati e senatori avranno nulla o quasi da perdere, ma da una contestazione dell’esecutivo forse potrebbero trarre guadagno.Anche il presidente del Consiglio ha poco da perdere. Di certo non rischia il Colle, obiettivo ormai fuori dalla sua portata, non per un anno, ma probabilmente fino a che Mattarella non si deciderà a levare le tende e questo potrebbe accadere anche fra sette anni, dato che il capo dello Stato si è affrettato a far sapere che il suo mandato è pieno e non a termine come un vasetto di yogurt. Tradotto: il presidente non ha alcuna intenzione di schiodare fra un anno, quando si rinnoverà il Parlamento: ha ottenuto il bis e se lo tiene stretto.Con un Draghi incatenato alla poltrona di Palazzo Chigi nonostante non vedesse l’ora di fuggire e una truppa di onorevoli che invece aspira a incatenarsi alla poltrona per non mollare i privilegi, il rischio è che finisca male, molto male. I prossimi mesi saranno dominati dalla campagna elettorale e dalla legge che la dovrà regolare per impedire al centrodestra di vincere, dunque quella di Mr. Bce non sarà una passeggiata sulle acque, ma piuttosto sui carboni ardenti. Altroché stabilità, piano di rilancio e resilienza, sviluppo e crescita: nei prossimi mesi si rischia di ballare, di vedere partiti che si scompongono e si ricompongono in vista di un assetto che potrebbe essere proporzionale, spazzando via ciò che resta del bipolarismo e della scelta da parte degli elettori del capo di governo da cui farsi guidare.Sì, ci aspettano mesi difficili, con un Draghi ridimensionato senza che nessuno, a destra o a sinistra, abbia il peso per dettare la linea. L’unico che in questo marasma può dirsi soddisfatto è lui, Mattarella, il presidente che fingendo di volersene andare è riuscito a restare. Un gioco di prestigio che solo a un vecchio democristiano di rito siciliano poteva riuscire. Complimenti presidente: ce ne ricorderemo riepilogando i guasti del passato settennato e anticipando quelli del prossimo.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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