2020-07-14
Da Smiley a Bond è Londra la capitale degli intrighi
La metropoli inglese, patria di celebri agenti segreti, ha ispirato la penna di scrittori come Le Carré, Conrad e Deighton.La Guerra fredda è finita da più di trent'anni. Oppure no. Ha solo cambiato modi, tattiche e strategie. E l'epopea delle spie prosegue perpetua, parallela alla partita geopolitica, il «Grande gioco», come lo definisce Joseph Rudyard Kipling in Kim. Una contesa che non ha uno stadio, un'arena o una struttura agonistica fissa, perché il campo d'azione si sposta di continuo, nel mondo. Le spie viaggiano con identità fittizie - che in gergo hanno la suggestiva denominazione di leggende - nei luoghi deputati dei loro traffici, che vanno dalla semplice osservazione, alla consegna o al prelievo, più probabilmente al furto, di materiali. Il rischio è sempre altissimo. Si può incappare in quelli che gli operativi del vecchio Kgb chiamavano in russo mokrie dela, lavori umidi: in inglese wet works. L'umido è il sangue, che non di rado macchia la geografia dello spionaggio.Londra è il vivaio delle congiure occulte, specialmente ora che vi alligna il fondamentalismo, con lo stillicidio di attentati di matrice jihadista che violano le regole degli indipendentisti irlandesi. Per Trafalgar square potrebbe aggirarsi un individuo basso e tarchiato, che somiglia a un rospo. È George Smiley, protagonista della saga di John Le Carré, che più di ogni altro ha contribuito a fare di Londra un crocevia di intrighi. In queste parvenze lo si conosce fin dal primo romanzo in cui appare. Si tratta di Chiamata per il morto, portato sullo schermo da Sidney Lumet nel 1967, con James Mason nella parte di Smiley funzionario dell'intelligence, che ha il quartier generale in un palazzo di Cambridge circus e nel giro prende appunto il nome di «Circus». L'autore lavorò davvero per i servizi segreti di sua maestà e per questo fu autorizzato a pubblicare romanzi solo sotto pseudonimo: John Le Carré è all'anagrafe David Cornwell.La sua Londra si delinea in pieghe che diventeranno canoniche per lo spy thriller genuino, avulso dagli effetti speciali alla James Bond. Hyde park diviene il percorso di passeggiate che servono a parlare evitando i microfoni nascosti. Nel caso di Smiley e del Circus, a mezze labbra si prepara sulle rive del Serpentine la trappola a un traditore che finirà nel Tamigi. Prima di Le Carré, era stato Joseph Conrad a costruire il «plot» dietro la facciata di una città così proverbiale e pittoresca. Ne derivò L'agente segreto, partitura in prosa dello scontro fra le grandi potenze agli albori del Novecento. Il protagonista, Verloc, con la copertura di una libreria, prepara una strage per distruggere la pax britannica. Non lo si dichiara, ma è un agente della Russia zarista, infestata di bombaroli che lo stesso Conrad raffigura in Sotto gli occhi dell'Occidente. Verloc si stupisce della sicurezza nella quale vivono i cittadini di sua maestà, con un odio bilioso.Un ingannevole edonismo avvolge la «swinging London» degli anni Sessanta, all'apice della Guerra fredda, quando è ormai trascorso da tempo l'incubo del Blitz, il bombardamento tedesco a tappeto del secondo conflitto mondiale. Però brulica di individui ancora più carichi di reciproca ostilità, che appartengono a eserciti schierati su fronti contrapposti nel crepuscolo permanente delle spie. Lo sa l'agente senza nome di Len Deighton, interpretato al cinema da Michael Caine, con il nominativo di Harry Palmer. Ogni mattina si reca in un ufficio del ministero della Guerra, a Whitehall, che non risulta sugli organigrammi governativi. È un sotto servizio segreto privo di glamour ma solerte. La Londra di Len Deighton è quella piccolo borghese delle case a schiera, lontana da Belgravia, dov'era ubicato l'appartamento di Ian Fleming, l'inventore di James Bond. Può diventare pericolosa quando dietro il cortile di una villetta periferica si nasconde la camera di tortura per il lavaggio del cervello, come accade in Ipcress.Ecco poi le sedi autentiche dei servizi segreti. Quella del Mi6, il servizio di spionaggio estero, è a Vauxhall Cross, soprannominata Babilonia sul Tamigi, o Legoland, per la forma di piramide ziggurat e di parallelepipedi ad incastro. Lo Mi5, che si occupa della sicurezza interna, occupa Thames House, a Millbank, sulla riva opposta del Tamigi. Dei turisti, attratti da un pezzo d'arte moderna nell'ingresso, pretendevano di visitare l'edificio, avendolo scambiato per la Tate gallery. Meglio per loro sarebbe stato ripiegare su un'istituzione non chiusa al pubblico, ma altrettanto legata all'immaginario della spy story. È l'Albert hall, l'auditorium nel quale si consuma la sequenza conclusiva del film L'uomo che sapeva troppo, di Alfred Hitchcock (1956). Mentre sale un crescendo di timpani, da dietro una tenda spunta una pistola che deve sparare a un diplomatico straniero. Solo Doris Day può salvarlo, mettendo però in pericolo la vita del figlioletto, rapito e prigioniero nell'ambasciata di un Paese nemico.Né ci si lasci illudere dalla ripetitiva normalità delle moltitudini di pendolari che transitano nella metropolitana. L'ha imparato il protagonista de Il maschio solitario, di Geoffrey Household, braccato dai tedeschi per avere osato simulare un attentato a Hitler, esercitando la passione per la caccia su un bersaglio umano. Nella prima pellicola che ne fu tratta, Duello mortale, di Fritz Lang (1941), Walter Pidgeon rende bene il londinese che di colpo ritrova la propria città quale terreno di una battuta, dove la selvaggina è lui stesso. Più efficace del viso nevrotico di Peter O'Toole, che nel rifacimento televisivo del 1976, diretto da Clive Donner, si dimostra già preparato in partenza all'ordalia della sua sopravvivenza. Molto prima della guerra al terrorismo che dilania il XXI secolo, negli anni Ottanta Londra fu teatro dell'assalto all'ambasciata iraniana, evocata nel libro e nel film Chi osa vince. Iniziava l'era dei corpi speciali, come il 22º reggimento del Sas, Special air service, che realizzò l'impresa.Londra, perciò, si conferma capitale dei segreti anche nel mondo disgregato, dove l'avversario non si trova più dall'altro lato della Cortina di ferro, ma dovunque.1. Continua
Jose Mourinho (Getty Images)