2020-05-06
Cuciniamo insieme: il mare e i profumi di Sicilia. Involtini di spada e limone
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Voglia di estate, di profumi intensi, di sole. Ebbene abbiamo imparato in questi giorni che il limone è un alleato in casa perché è un ottimo e profumatissimo disinfettante naturale. Succede che al supermercato si trovano i limoni non trattati - gli unici peraltro che dovreste usare in cucina - che spesso hanno a corredo anche le foglie. Ecco un buon motivo per procurarsele. Vi proponiamo una ricetta siciliana facilissima da preparare ma dal risultato inebriante. Ci servono proprio le foglie di limone. E ora ai fornelli.Ingredienti per 4 persone: 720 grammi di pesce spada, 50 grammi di parmigiano reggiano, 40 grammi di pecorino romano, 40 grammi di pangrattato, 30 grammi di timo 2 cl di olio extravergine di oliva, 16 foglie di limone non trattate, misticanza, sale e pepe bianco q.b.Procedimento - Preparate un composto con il pangrattato, il Pecorino, il Parmigiano e il timo. Tagliate 12 fettine sottili quattro millimetri di pesce spada (circa 60 grammi l'una); farcite ogni fettina con il composto suddetto. Arrotolate su se stessa ogni fettina di pesce in modo da formare un rotolino e poi infilate su uno stecco 3 rotolini (una porzione) inframezzati da foglie di limone non trattate, iniziando e finendo con le foglie medesime.Mettete la carta forno in una teglia e ponetevi sopra i quattro stecchi con gli involtini aggiungendo, a questo punto, il sale, il pepe e l'olio extravergine di oliva. Cuocete in forno per sei minuti a 180 gradi, quindi sfornate e disponete su quattro piatti gli stecchi. Irrorate con l'olio rimasto nella teglia; decorate con della misticanza e servite.Come far divertire i bambini - Saranno loro i confezionatori degli involtini. Non c'è nessun pericolo. Se volete potete provare a prendere anche i rametti di limone, se li fate a punta saranno ottimi per chiudere gli involtini.Abbinamento - Un bianco siciliano o da Inzolia o da Grillo, ancora un Cirò bianco calabrese o se volete, un Fiano minutolo. Comunque dei bianchi meridionali molto profumati.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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Il Comune di Merano rappresentato dal sindaco Katharina Zeller ha reso omaggio ai particolari meriti letterari e culturali della poetessa, saggista e traduttrice Mary de Rachewiltz, conferendole la cittadinanza onoraria di Merano. La cerimonia si e' svolta al Pavillon des Fleurs alla presenza della centenaria, figlia di Ezra Pound.