Dossier sulla crisi del gruppo: persi 9.600 posti in quattro anni nel silenzio assordante del leader Cgil. Ma ora i suoi si ribellano.
Dossier sulla crisi del gruppo: persi 9.600 posti in quattro anni nel silenzio assordante del leader Cgil. Ma ora i suoi si ribellano.Stellantis abbandona l’Italia ma Maurizio Landini non se n’è accorto. La denuncia arriva dai metalmeccanici della Fiom, un tempo considerata l’aristocrazia del movimento sindacale italiana. Aristocrazia sociale che naturalmente non va allo scontro frontale con il segretario generale. Con i numeri, però, documenta la scarsa attenzione con cui la Cgil ha seguito la ritirata del gruppo automobilistico. Landini, infatti, preferiva scioperare per Gaza e fiancheggiare i pro Pal per non farsi scavalcare a sinistra dagli autonomi. I numeri snocciolati dalla Fiom sulla crisi dell’auto sono pesanti come macigni. Quattro anni, quasi 10.000 posti di lavoro evaporati, stabilimenti che sembrano set post apocalittici e un piano industriale che assomiglia più a una favola senza lieto fine. Dal 2020 al 2024, i dipendenti italiani sono passati da 37.288 a 27.632: un crollo di 9.656 lavoratori. Tradotto: ogni giorno, in media, due o tre lavoratori hanno perso il lavoro. E chi dovrebbe difendere questi lavoratori? Landini. Ma attenzione: il nostro eroe del microfono ha scelto di combattere battaglie altrove.Perché la Fiom, armata di numeri implacabili, lo sbugiarda senza pietà. Al primo settembre 2025, su 32.803 dipendenti, 20.233 sono in cassa integrazione o con contratti di solidarietà. Nella componentistica, 8.523 su 13.865 usufruiscono di ammortizzatori sociali. Tradotto in lingua comune: più della metà dei lavoratori Stellantis in Italia non lavora, o lavora a metà stipendio. E mentre le fabbriche fremono di silenzio, Landini si esercita nel sollevamento bandiere su temi internazionali, perché manifestare per Gaza è più «glamour» che per le fabbriche lasciate a marcire.Ma la realtà, quella cruda, la racconta la Fiom: quote di mercato in caduta libera (dal 35,23% al 29,13%), patrimonio netto in calo di 1,2 miliardi dal 2020 nonostante 2 miliardi di dividendi distribuiti nel 2023, investimenti materiali scesi da 4,9 miliardi nel 2021 a 4,1 miliardi nel 2024. La spesa in ricerca e sviluppo è crollata da 991 milioni nel 2014 a 314 milioni nel 2024. La produzione? Solo 289.154 auto e 190.784 veicoli commerciali nel 2024. E negli stabilimenti motori, il calo dal 2004 è di 534.700 unità.In altre parole, Stellantis si disimpegna dall’Italia pezzo dopo pezzo, e il segretario resta a guardare il festival della decadenza industriale pensando soprattutto al possibile futuro in politica. Meglio un’intervista sui giornali che uno sciopero. Il Nord America cresce, investe, si aggiorna, produce. L’Italia? Polvere, silenzio e numeri che gridano disperazione. E mentre i dipendenti contano le macerie, Landini, il nostro moderno Don Chisciotte, va a cavallo di un microfono combattendo mulini a vento lontani dalle fabbriche.La Fiom, invece, non si limita a contare i caduti: chiede un vero confronto con l’amministratore delegato Antonio Filosa per un piano industriale serio. Nuovi modelli mass market, rilancio di Maserati e Alfa Romeo, gigafactory, investimenti veri in ricerca e sviluppo, assunzioni concrete e stop ai dividendi spropositati. Al governo, il segretario della Fiom Michele De Palma chiede di spostare il tavolo automotive da ministeri impotenti a Palazzo Chigi, perché gli incentivi all’acquisto non tamponano un buco grande come un’autostrada.La tragedia è doppia: Stellantis scappa, i lavoratori restano a casa. Landini sceglie la passerella. Scioperi? Sì, ma non per salvare un solo posto di lavoro. Meglio Gaza. Parole altisonanti? Certo. Numeri? Meglio non guardarli. I fatti? Troppo grezzi per un pubblico social.Il finale? Fulminante: in un Paese normale, chi ha responsabilità sindacali non può permettersi di guardare altrove mentre la fabbrica brucia. In Italia, invece, si può. Eppure, i numeri della Fiom parlano chiaro: senza strategie concrete, senza investimenti reali, non resterà nulla da difendere. Solo silenzio industriale, stabilimenti spenti e una generazione di operai lasciata a casa, mentre qualcuno twitta il suo impegno altrove.La vera beffa? Non è Stellantis a fuggire dall’Italia, non sono i numeri che crollano. È la credibilità di chi dovrebbe difendere il lavoro che evapora in una nube di slogan internazionali, manifestazioni simboliche e scioperi per cause lontane dal cuore pulsante del Paese. La Fiom lo dice chiaro: basta retorica, servono azioni concrete. Altrimenti, tra qualche anno, nel dizionario industriale italiano resterà solo una voce: «L’auto italiana estinta per incuria».Ecco il sipario: Landini può continuare a sollevare bandiere, partecipare a talk show, fare dichiarazioni altisonanti. Ma quando la fabbrica chiuderà definitivamente, i lavoratori non applaudiranno. Non ci saranno né microfoni né flash dei fotografi. Solo silenzio. Quello vero, quello che punge più di qualsiasi sciopero simbolico.
(Ansa)
La chiesa di Don Patriciello è presidiata dopo le minacce ricevute.
A Caivano l'attenzione resta altissima dopo l'ennesima stesa che ha seminato paura tra i cittadini. Nelle ultime ore i carabinieri hanno avviato una vasta bonifica del territorio, setacciando strade, vicoli e aree sensibili con pattuglie, unita' cinofile e posti di blocco. Obiettivo: ristabilire sicurezza e dare un segnale concreto di presenza dello Stato in un contesto segnato da episodi di violenza e intimidazione. Particolare rilievo assume la situazione intorno alla chiesa di San Paolo Apostolo, guidata da don Maurizio Patriciello, da sempre voce coraggiosa contro la camorra e il degrado sociale. Dopo le gravi minacce ricevute dal sacerdote - a cui è stato recapitato un fazzoletto di carta con all'interno un proiettile - l'edificio religioso è ora completamente presidiato dalle forze dell'ordine. Militari e mezzi sono costantemente presenti davanti all'ingresso e nei pressi della parrocchia, simbolo di legalità e punto di riferimento per la comunità.
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